LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30798/2018 R.G. proposto da:
RI.PE. S.A.S. DI R.A. & C., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe Maturo, con domicilio eletto in Roma, via della Giuliana, n. 82, presso lo studio dell’Avv. Paola Russo;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO DELLA ***** S.R.L., e COMUNITA’ MONTANA MOLISE CENTRALE in liquidazione;
– intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 1081/18 depositata il 6 marzo 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 ottobre 2020 dal Consigliere Guido Mercolino.
RILEVATO
che il curatore del fallimento della ***** S.r.l. convenne in giudizio la Comunità Montana Molise Centrale e la Ri.Pe. S.a.s. di R.A. & C., già affittuaria di un ramo d’azienda della società fallita, in virtù di contratto stipulato il ***** e risolto consensualmente il *****, assumendo che, per effetto della risoluzione, la società fallita era subentrata in tutti i rapporti processuali pendenti alla predetta data, e chiedendo pertanto la condanna delle convenute al pagamento delle somme dovute a titolo di corrispettivo per l’esecuzione di un contratto di appalto stipulato il ***** con la Comunità Montana, oltre all’accertamento della simulazione assoluta o relativa del contratto di affitto del ramo di azienda o, in subordine, la dichiarazione d’inefficacia del medesimo contratto, ai sensi dell’art. 2901 c.c.;
che si costituì la Ri.Pe., ed eccepì l’incompetenza per territorio del Giudice adito e l’infondatezza della domanda, chiedendone il rigetto;
che si costituì inoltre la Comunità Montana, dichiarandosi disponibile a versare la somma dovuta al soggetto individuato come legittimo creditore;
che con sentenza del 10 marzo 2016 il Tribunale di Benevento accolse la domanda, dichiarando l’inefficacia del contratto di affitto del ramo di azienda e condannando la Comunità Montana al pagamento in favore del fallimento della somma di Euro 84.643,74;
che l’impugnazione proposta dalla Ri.Pe. è stata rigettata dalla Corte d’appello di Napoli con sentenza del 6 marzo 2018;
che a fondamento della decisione la Corte ha confermato l’infondatezza dell’eccezione d’incompetenza per territorio, osservando che le azioni derivanti dal fallimento spettano alla competenza funzionale del tribunale fallimentare, nella specie individuabile nel Tribunale di Benevento, ed aggiungendo che l’appellante aveva omesso d’indicare il giudice ritenuto competente;
che la Corte ha rilevato inoltre che l’appellante aveva omesso di censurare specificamente l’accertamento del diritto della massa dei creditori della società fallita al pagamento della rata di saldo del corrispettivo dell’appalto, in quanto dovuta soltanto a seguito del collaudo dei lavori, ritenendo non pertinente l’allegazione del ritardo dell’Amministrazione nell’effettuazione del collaudo, ed affermando che l’avvenuto pagamento di un parte del corrispettivo in favore della ***** in bonis non escludeva la configurabilità del pregiudizio alle ragioni dei creditori, ravvisato nella cessazione dell’esistenza della società a seguito dell’affitto del ramo d’azienda;
che avverso la predetta sentenza la Ri.Pe. ha proposto ricorso per cassazione, per due motivi;
che le intimate non hanno svolto attività difensiva.
CONSIDERATO
che con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 24, osservando che, nell’affermare la competenza del tribunale fallimentare, la sentenza impugnata non ha considerato che l’azione proposta dal curatore non traeva origine dal fallimento, avendo ad oggetto soltanto in via subordinata la dichiarazione d’inefficacia del contratto di affitto del ramo di azienda, e mirando in via principale ad ottenere il pagamento del credito vantato nei confronti della Comunità Montana, nel quale la società fallita era subentrata a seguito della risoluzione consensuale del contratto di affitto, intervenuta in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento;
che il motivo è infondato;
che la domanda proposta dal curatore del fallimento aveva infatti ad oggetto in via principale il pagamento della somma dovuta a titolo di corrispettivo per i lavori commissionati dalla Comunità Montana, previo accertamento della simulazione assoluta o relativa del contratto di affitto di ramo d’azienda stipulato tra la ***** e la RiPe, ed in subordine la dichiarazione d’inefficacia di tale contratto ai sensi dell’art. 2901 c.c.;
che entrambe le domande dovevano quindi ritenersi devolute alla competenza inderogabile del tribunale fallimentare, la quale si estende, ai sensi della L. Fall., art. 24, a tutte le azioni derivanti dal fallimento, ivi comprese le azioni di simulazione e le revocatorie ordinarie o fallimentari (cfr. Cass., Sez. 1, 8/08/2007, n. 17388; Cass., Sez. 3, 22/05/2002, n. 7510), restando escluse soltanto le azioni dipendenti da rapporti che si trovano già nel patrimonio dell’imprenditore al tempo della dichiarazione di fallimento e che si pongono con il fallimento in relazione di mera occasionalità (cfr. Cass., Sez. 1, 9/11/2005, n. 21708; 26/08/2004, n. 17057; 5/07/ 2000, n. 8990);
che, anche a voler ritenere che la domanda di pagamento rientrasse in quest’ultima categoria, in quanto fondata non già sulla simulazione o sulla revocatoria del contratto di affitto del ramo di azienda, ma sulla risoluzione consensuale di tale contratto, per effetto della quale la ***** era subentrata nel rapporto di appalto, anteriormente alla dichiarazione di fallimento, il rapporto di connessione oggettiva con le altre domande, aventi un petitum parzialmente identico, non potrebbe in alcun modo comportare l’attrazione di queste ultime alla competenza del foro previsto per la prima, avuto riguardo all’inderogabilità della competenza del tribunale fallimentare;
che la sentenza impugnata non risulta peraltro censurata nella parte in cui, con evidente riferimento alla competenza territoriale derogabile prevista per la domanda di pagamento, ha rilevato l’irrituale proposizione dell’eccezione d’incompetenza, in quanto non accompagnata dall’indicazione del giudice ritenuto competente, in tal modo giustificando il rigetto del motivo di gravame sulla base di un’ulteriore ratio decidendi, complementare a quella fondata sul richiamo alla L. Fall., art. 24;
che ove, come nella specie, il provvedimento impugnato sia sorretto da una pluralità di ragioni distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di alcune di esse ne comporta il passaggio in giudicato, facendo venir meno l’interesse della parte alle censure riguardanti le altre, il cui accoglimento non potrebbe in alcun caso condurre all’annullamento della statuizione impugnata (cfr. Cass., Sez. 1, 27/07/2017, n. 18641; Cass., Sez. VI, 18/04/2017, n. 9752; Cass., Sez. lav., 4/03/2016, n. 4293);
che con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione della L. Fall., artt. 45 e 72, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, sostenendo che, nel ritenere non censurato l’accertamento del diritto della massa dei creditori al pagamento, la Corte d’appello ha omesso di verificare preliminarmente l’opponibilità al fallimento dell’atto di risoluzione del contratto di affitto, che aveva costituito oggetto di discussione tra le parti, ed in particolare se esso fosse stato trascritto in data anteriore a quella della dichiarazione di fallimento;
che il motivo è inammissibile, in quanto, postulando l’intervenuto accoglimento della domanda di pagamento fondata sulla risoluzione del contratto di affitto, non attinge la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale ha invece confermato l’accoglimento dell’azione revocatoria proposta nei confronti del contratto di affitto del ramo di azienda, rispetto alla quale l’opponibilità della predetta risoluzione al fallimento non può assumere alcun rilievo;
che il ricorso va pertanto rigettato, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione degl’intimati.
PQM
rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dallo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2021