LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12438-2020 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
AESSE HOSPITAL SRL, in persona dell’amministratore unico pro tempore, domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO MASTRONARDI;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 2981/1/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA PUGLIA, depositata il 12/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 14/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO CROLLA.
RILEVATO
che:
1. La Aesse Hospital srl proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Bari avverso tre avvisi di accertamento e di irrogazione di sanzioni con i quali, all’esito di una indagine condotta dalla Guardia di Finanza che aveva scoperto un sistema di false fatturazioni per operazioni di sponsorizzazione emesse da alcune associazioni sportive legate al mondo della pallavolo e tutte riconducibili alla persona di V.R., recuperava, per gli anni 2008, 2009 e 2010, le maggiori imposte Ires, Irap ed Iva, contestando alla contribuente di aver esposto costi e detratto fatture riferite ad operazioni parzialmente inesistenti (sovrafatturazione).
2. La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso.
3. Sull’impugnazione della contribuente la Commissione Tributaria Regionale della Puglia accoglieva parzialmente l’appello osservando: a) che, con riferimento alla ripresa fiscale dell’anno di imposta 2008, la società aveva fornito la prova della sussistenza dei requisiti previsti dalla L. n. 289 del 2002, art. 90, comma 8, per la deducibilità delle spese di sponsorizzazione; b) che andavano confermati gli avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 2009 e 2010 non essendo state le verifiche della Guardia di Finanza superate da idonea prova contraria.
4. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo due motivi. La contribuente si è costituita depositando controricorso con ricorso incidentale affidato a tre motivi.
5. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio. La contribuente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussioni tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; per non aver la CTR minimamente preso in considerazione nessuno degli elementi presuntivi, posti a sostegno dell’avviso di accertamento, sintomatici della sovrafatturazione delle prestazioni di sponsorizzazione.
1.2 Con il secondo motivo viene dedotto violazione o falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 90, comma 8, art. 109 TUIR, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 7, art. 21, e art. 54, comma 2, artt. 2697 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; si sostiene che la CTR, a fronte del poderoso quadro indiziario fornito dall’Agenzia circa l’emissione di fatture per operazioni inesistenti non smentito da adeguata prova di segno contrario, ha riconosciuto la deducibilità dei costi dei contratti di sponsorizzazione sulla base del dato, irrilevante ai fini del giudizio, della affiliazione della Club Atletico Bari Volley, società emittente le fatture, alla Fipav e richiamando in modo del tutto inconferente la disciplina contenuta nella L. n. 289 del 1989, art. 90, comma 8.
2 I due motivi, che investono la sentenza nella parte in cui ha annullato l’avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2008, vanno trattati congiuntamente, stante la loro intima connessione, e sono fondati.
2.1 La materia del contendere è circoscritta alla indeducibilità dei costi e all’indetraibilità dell’Iva correlati ad operazioni di sponsorizzazione contestate come oggettivamente inesistenti non per la loro materiale insussistenza ma per sovrafatturazione.
2.2 La consolidata giurisprudenza di questo Collegio ha elaborato puntuali principi in regime di ripartizione dell’onere probatorio nella ipotesi, come quella in esame, nella quale l’Ufficio opera una ripresa fiscale sulla base della emissione di fatture riferite ad operazioni inesistenti.
2.3 Poiché la fattura, di regola, è documento idoneo a rappresentare un costo d’impresa, come si evince dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21, che ne disciplina il contenuto, e costituisce titolo per il contribuente ai fini del diritto alla detrazione dell’I.V.A. e alla deducibilità dei costi, nella ipotesi di fatture che l’Amministrazione ritenga relative ad operazioni inesistenti, non spetta al contribuente provare che l’operazione è effettiva, ma spetta all’Ufficio, che adduce la falsità del documento, dimostrare che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, in realtà non è mai stata posta in essere (Cass. 12 dicembre 2005, n. 27341; Cass. 6 giugno 2012, n. 9108; Cass. 5 dicembre 2014, n. 25775; Cass. 14 gennaio 2015, n. 428).
2.4 Tale prova può ritenersi raggiunta qualora l’Amministrazione fornisca validi elementi, che possono anche assumere la consistenza di presunzioni semplici, considerato che la prova presuntiva non è collocata su un piano gerarchicamente subordinato rispetto ad altri fonti di prova e costituisce una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza anche in via esclusiva ai fini della formazione del proprio convincimento (Cass. 6 giugno 2012, n. 9108; Cass. 5 luglio 2018, n. 17619).
2.5 Pertanto, nel caso, come quello in esame, in cui l’Ufficio ritenga che la fattura concerna operazioni oggettivamente inesistenti, nella misura in cui rappresenta costi superiori al valore della prestazione dedotte nel documento cartolare, ha l’onere di fornire – alla stregua del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2 – elementi validi per affermare che l’operazione fatturata non è stata effettuata (ad esempio, provando che la società emittente la fattura è una “cartiera” o una società “fantasma”) e in tal caso passerà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate (Cass. 19 ottobre 2007, n. 21953; Cass. 11 giugno 2008, n. 15395; Cass. 30 ottobre 2013, n. 24426; Cass. 18 dicembre 2014, n. 26854).
2.6 Ovviamente tale prova non potrà consistere nella esibizione della fattura, né nella sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, i quali sono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. 3 dicembre 2001, n. 15228; Cass. 10 giugno 2011, n. 12802; Cass. 14 gennaio 2015, n. 428; Cass., sez. 6-5, ord. 15 maggio 2018, n. 11873; Cass. 5 luglio 2018, n. 17619; Cass. 19 ottobre 2018, n. 26453) 2.7 Orbene nel caso di specie, come si desume dalla lettura dell’avviso di accertamento, riprodotto per estratto nel ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, l’Ufficio ha indicato plurimi elementi sintomatici della emissione di fatture “gonfiate” costituiti, tra gli altri: a) dalla antieconomicità dei costi risultanti dalle fatture per divulgare la propria immagine attraverso una associazione di pallavolo che partecipava a competizioni sportive dilettantistiche; b) dalla circostanza che V.R., dominus delle Associazioni sportive, nei giorni successivi agli accrediti delle somme di denaro versati dalle società utilizzatrici della sponsorizzazione ha tratto numerosi assegni bancari, non trasferibili” tutti a proprio ordine e conto, provvedendo al loro contestuale addebito per l’estinzione in contanti; c) dalla impossibilità da parte dei militari operanti di acquisire ed esaminare la documentazione contabile delle società sportive in quanto oggetto di furto denunciato dal V..
2.8 La CTR, quindi, avrebbe dovuto esaminare e valutare la portata indiziaria degli elementi forniti dall’Ufficio ed eventualmente apprezzare le giustificazioni fornite dalla contribuente.
2.9 I giudici di seconde cure hanno invece del tutto omesso di prendere in considerazione i fatti storici afferenti l’esistenza o meno delle operazioni oggetto di fatturazione, vero thema decidendum della controversia, traendo il proprio convincimento dal dato, irrilevante ai fini del giudizio, della affiliazione della Club Atletico Bari Volley, società emittente le fatture, alla Fipav e dalla disciplina dalla L. n. 289 del 1989, art. 90, comma 8.
2.10 Tale disposizione che sancisce la presunzione di spesa pubblicitaria dei versamenti in favore di società dilettantistiche per promuovere l’immagine del soggetto erogante, è assolutamente inconferente alla fattispecie in esame dove non si controverte sulla natura di spesa di pubblicità o di rappresentanza di una spesa ma del reale sostenimento del costo.
3. Con il primo motivo del ricorso incidentale, avente ad oggetto la ratio decidendi con la quale è stata confermata la validità dell’avviso di accertamento per l’anno 2009, la resistente deduce violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per essere la motivazione, con riferimento all’accertamento per l’anno di imposta 2009 contraddittoria, perplessa ed incomprensibile e comunque per aver completamente tralasciato elementi che hanno fornito oggetto di discussione tra le parti. In particolare, secondo l’impianto argomentativo della censura, i giudici, esaminando dati relativi all’ammontare delle spese di sponsorizzazione, rispettosi dei parametri di cui alla L. n. 289 del 1990, art. 90, comma 8, all’iscrizione del Club Atletico Bari Volley alla Lega di Pallavolo di serie *****, avrebbero dovuto pervenire alle medesime conclusioni dell’accertamento dell’anno 2008.
3.1 Con il secondo motivo si lamenta la violazione della L. 289 del 1992, art. 90, comma 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR omesso di esaminare elementi che hanno formato oggetto di discussione tra le parti ed omesso di spiegare le ragioni della conferma dell’avviso di accertamento riferito all’anno 2010.
3.2 In difformità dalla proposta del giudice relatore i motivi, da trattarsi congiuntamente, sono infondati.
3.3 La CTR, infatti, conformandosi, in questo caso, ai corretti binari tracciati dall’avviso di accertamento e ai principi in materia di ripartizione dell’onere probatorio in materia di operazioni oggettivamente inesistenti, di cui sopra si è dato conto, ha affermato che le “verifiche della GDF di *****, così come riportate negli atti impugnati non sono state superate da un’idonea prova contraria dell’appellante”.
3.4 Le censure della ricorrente non colgono nel segno in quanto si limitano a criticare la sentenza per non avere correttamente applicato una norma giuridica (la L. n. 289 del 2002, art., comma 8), e per avere omesso di valutare elementi di fatto (affiliazione della Club Atletico Bari Volley, società emittente le fatture, alla Fipav) non pertinenti all’avviso di accertamento. Inoltre, con riferimento al secondo motivo, non vengono indicati in modo specifico i fatti storici che non sarebbero stati esaminati.
4. Con il terzo motivo la società lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, in relazione al D.Lgs. n. 74 del 2000, e all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; si deduce la mancata applicazione del regime del raddoppio dei termini con riferimento all’imposta IRAP.
4.1 Il motivo è inammissibile.
4.2 Come si desume dalla lettura degli atti prodotti nel presente giudizio, la contribuente nell’originario ricorso non aveva impugnato gli avvisi deducendo l’inapplicabilità del raddoppio dei termini, tale motivo è stato proposto solo nel giudizio di appello e l’Agenzia delle Entrate ne ha eccepito la inammissibilità stante la novità della questione.
4.3 Nel processo tributario, caratterizzato dall’introduzione della domanda nella forma dell’impugnazione dell’atto fiscale, l’indagine sul rapporto sostanziale è limitata ai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione che il contribuente deve specificamente dedurre nel ricorso introduttivo di primo grado, per cui il giudice deve attenersi all’esame dei vizi di invalidità dedotti in ricorso, il cui ambito di indagine può essere modificato solo con la presentazione di motivi aggiunti nei limiti previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 24, e quindi esclusivamente in caso di “deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione” (cfr. Cass. n. 15051/2014, n. 23326/2013, n. 24305/2018).
4. In accoglimento del motivo del ricorso principale la sentenza va cassata con rinvio alla Commissione Regionale della Puglia in diversa composizione anche in ordine alla spesa del presente procedimento.
P.Q.M.
la Corte:
accoglie il ricorso principale proposto dall’Agenzia delle Entrate, rigetta il primo e secondo motivo del ricorso incidentale e dichiara inammissibile il terzo motivo del ricorso incidentale, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Commissione Regionale Tributaria della Puglia in diversa composizione anche in ordine alla spesa del presente procedimento.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 14 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2021
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