LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22981 – 2020 R.G. proposto da:
D.M.G. – c.f. ***** – (in proprio e quale erede di C.L.F.), C.S. – c.f. ***** – (quale erede di C.L.F.), elettivamente domiciliate, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Genova, alla piazza Dante, n. 9/19, presso lo studio dell’avvocato Marco Iurilli che le rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso.
– ricorrenti –
contro
M.L. – c.f. ***** – elettivamente domiciliata, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Genova, alla via Dante, n. 2, presso lo studio dell’avvocato Damiano Fiorato che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Genova n. 166/2020.
udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’1 luglio 2021 dal consigliere Dott. Abete Luigi.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con atto ritualmente notificato C.L.F. citava a comparire dinanzi al Tribunale di Genova M.L., titolare dell'”Immobiliare M. di M.L.”.
Esponeva che con l’intermediazione dell’agenzia immobiliare convenuta aveva locato una camera ammobiliata a S.A.; che nondimeno la convenuta non aveva fatto luogo alla consegna del deposito cauzionale di Euro 700,00 che S.A. le aveva corrisposto.
Esponeva che la convenuta aveva indebitamente emesso fattura dell’importo di Euro 1.842,00 per la gestione dell’appartamento, benché della gestione giammai si fosse occupata.
Chiedeva condannarsi la convenuta, tra l’altro ai sensi degli artt. 1746 e ss. c.c., al risarcimento dei danni tutti, patrimoniali e non patrimoniali, ad egli attore cagionati, con rivalutazione ed interessi e con vittoria di spese.
2. Si costituiva M.L..
Instava per il rigetto della domanda.
3. All’esito dell’istruzione probatoria, con sentenza n. 4023/2013 l’adito tribunale rigettava la domanda e condannava l’attore alle spese di lite.
Evidenziava tra l’altro il tribunale che non era dato comprendere di quali danni le condotte ascritte alla convenuta fossero state ragione e causa, viepiù che la mancata consegna del deposito cauzionale avrebbe al più potuto giustificare un’azione di adempimento – “già radicata dinanzi al giudice di pace” (così sentenza d’appello, pag. 4) – non già risarcitoria.
4. Proponeva appello C.L.F..
Resisteva M.L..
5. Con sentenza n. 166/2020 la Corte d’Appello di Genova rigettava il gravame e condannava D.M.G. (in proprio e quale erede di C.L.F.) nonché C.S. (quale erede di C.L.F.) alle spese del grado.
Premetteva la corte che l’art. 1746 c.c. – cui l’originario attore aveva correlato la sua pretesa – è scritto in tema di agenzia non già di mediazione.
Indi evidenziava che non era chiaro in cosa fossero consistiti i dedotti danni e comunque che gli esiti delle prove assunte in prime cure non davano ragione né dei presunti danni né del nesso di causalità tra l’opera dell’appellata e il pregiudizio asseritamente subito.
Evidenziava inoltre, quanto ai pretesi danni morali, che non vi era prova di patimenti sofferti a motivo della supposta illecita condotta dell’appellata.
6. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso D.M.G. (in proprio e quale erede di C.L.F.) nonché C.S. (quale erede di C.L.F.); ne hanno chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.
M.L. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore – con distrazione – delle spese di lite.
7. Il relatore ha formulato proposta ex art. 375 c.p.c., n. 5), di manifesta infondatezza di ambedue i motivi di ricorso; il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.
8. Le ricorrenti hanno depositato memoria.
Del pari ha depositato memoria la controricorrente.
9. Con il primo motivo le ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omessa pronuncia, la violazione dell’art. 112 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata.
Deducono che la Corte di Genova ha erroneamente qualificato la domanda che il loro dante causa aveva esperito in prime cure.
Deducono segnatamente che il loro dante causa aveva ricondotto l’azionata pretesa alla violazione degli obblighi gravanti sulla controparte in dipendenza del mandato mediatorio conferitole.
Deducono che d’altra parte il giudice del merito, nell’interpretare e qualificare la domanda, deve tener conto del contenuto sostanziale della pretesa azionata indipendentemente dalle espressioni letterali adoperate.
10. Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione in relazione all’art. 112 c.p.c. dell’art. 1218 c.c..
Deducono che, contrariamente agli assunti della Corte di Genova, gli esiti probatori danno riscontro dei lamentati danni.
Deducono, segnatamente, che, al di là delle dichiarazioni da esse rese in primo grado in qualità di testimoni – dichiarazioni che la corte di merito ha ritenute prive di rilievo, perché divenute parti in grado d’appello – si ha riscontro documentale della indebita percezione, per giunta ex adverso giammai contestata, di provvigioni da parte della M. per l’importo di Euro 1.545,00.
11. Si premette che il collegio appieno condivide la proposta del relatore, che ben può essere reiterata in questa sede.
D’altronde le argomentazioni di cui alla memoria che le ricorrenti hanno provveduto a depositare, non sono – si dirà – da condividere.
Ambedue i motivi di ricorso sono, dunque, da respingere.
12. Non sussiste – con precipuo riferimento al primo motivo – il vizio di omessa pronuncia.
Invero, nell’impugnato dictum si dà atto che il Tribunale di Genova aveva “rigettato la domanda di risarcimento danni proposta da C.L.F. in primo grado in relazione all’assunto inadempimento della Immobiliare M. anche ai sensi dell’art. 1746 c.c. in via contrattuale nonché extracontrattuale” (così sentenza d’appello, pag. 3). E si soggiunge – poca prima di dar conto, in ogni caso, della mancata dimostrazione di qualsivoglia preteso danno – che “le appellanti continuano a fondare la loro domanda risarcitoria sull’assunto inadempimento della convenuta/appellata ai sensi degli artt. 1746 e 2043 c.c.” (così sentenza d’appello, pag. 6).
La corte distrettuale, dunque, ha senz’altro pronunciato ed ha atteso alla qualificazione dell’azione esperita.
Cosicché per nulla si giustifica l’assunto delle ricorrenti secondo cui “il Giudice di II grado (…) aveva il dovere di pronunciarsi sulla qualificazione della domanda” (così memoria, pag. 2).
13. D’altra parte, l’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento “di fatto” riservato, come tale, al giudice del merito, sicché in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (cfr. Cass. (ord.) 21.12.2017, n. 30684; Cass. 18.5.2012, n. 7932; Cass. (ord.) 13.8.2018, n. 20718; Cass. 12.5.2003, n. 7198).
14. Ebbene, l’interpretazione dell’esperita pretesa è congrua ed esaustiva, rectius, al cospetto del novello dettato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, va esente da qualsiasi forma di “anomalia motivazionale” rilevante alla luce della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.
Ciò tanto più ché, in dipendenza del riscontro nel caso de quo dell’insussistenza di qualsivoglia danno, quale che ne fosse la specie o il titolo, non solo è da escludere in radice qualsivoglia forma di omessa pronuncia, ma è da ritenere, in special modo, che non ha precipua valenza – rectius, che le ricorrenti non hanno interesse alcuno ad addurre – la circostanza per cui ” C.L.F. in I grado non aveva solo indicato l’art. 1746 c.c. in materia di agenzia (…) ma testualmente: “… e/o di qualsivoglia altra norma applicabile alla specie…” ed il rapporto di mediazione anziché di agenzia era chiaro in atti” (così ricorso, pag. 6).
15. Il secondo motivo di ricorso difetta di “specificità” e di “autosufficienza” sia con riferimento alla pretesa “non contestazione” da parte di M.L. delle avverse prospettazioni sia con riferimento alle dichiarazioni testimoniali ed al preteso riscontro documentale.
16. Con riferimento al primo profilo soccorre l’insegnamento n. 16655 del 9.8.2016 di questa Corte, ove, in motivazione, si è reputato di non prendere in considerazione il motivo di ricorso, “difettando in ricorso – in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 – gli elementi da cui desumere le condotte processuali nelle quali si sarebbe concretata la mancata contestazione, ad opera delle controparti (…)”.
La mancata ottemperanza agli oneri di specificità ed “autosufficienza” rileva viepiù se si considera che questo Giudice del diritto spiega altresì che l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione; e spiega, ulteriormente, che, ove il giudice abbia ritenuto “contestato” uno specifico fatto e, in assenza di ogni tempestiva deduzione al riguardo, abbia proceduto all’ammissione ed al conseguente espletamento di un mezzo istruttorio in ordine all’accertamento del fatto stesso, la successiva allegazione di parte, diretta a far valere l’altrui pregressa “non contestazione”, diventa inammissibile (cfr. Cass. (ord.) 28.10.2019, n. 27490).
17. Con riferimento al secondo profilo soccorre l’insegnamento n. 17915 del 30.7.2010 di questa Corte, secondo cui il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la Suprema Corte deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (cfr. altresì Cass. (ord.) 3.1.2014, n. 48).
18. Per altro verso, è vero senza dubbio che nel caso in cui, a seguito di successione nel processo “mortis causa”, coloro che erano stati assunti come testimoni acquistino la qualità di parte, non ricorre una nullità delle relative deposizioni (cfr. Cass. 20.7.1999, n. 7740; ove si soggiunge che il giudizio sulla capacità del teste deve essere effettuato con riferimento al momento in cui la deposizione viene resa, restando irrilevanti i mutamenti successivi; cfr. in tal senso altresì Cass. 2.9.2008, n. 22030).
E tuttavia, pur in questi termini, deve reputarsi ineccepibile – al cospetto di decisione destinata naturaliter a compiersi attraverso il duplice grado di giurisdizione – il rilievo della corte territoriale, secondo cui D.M.G. e C.S., rispettivamente moglie e figlia dell’originario appellante, avevano proseguito il giudizio d’appello in luogo del loro dante causa, sicché le loro dichiarazioni testimoniali avevano al più valenza di dichiarazioni di parte.
19. In ogni caso, innegabilmente, con il secondo mezzo le ricorrenti sollecitano questa Corte (“la prima voce di danno nel giudizio in questione sin dal I grado, tutt’altro che non provata (…)”): così ricorso, pag. 8; così memoria, pag. 2; “(…) dalla totalmente provata circostanza secondo cui la Sig.ra M.L. ha percepito provvigioni in più rispetto al dovuto per Euro 1545,00 (…)”: così ricorso, pag. 8) al riesame degli esiti istruttori.
E tuttavia all’invocato riesame – nonostante i rilievi delle ricorrenti di cui a pagina 3 della memoria (“a pagina 8 del ricorso nulla di tutto questo c’e'”) – osta l’insegnamento di questo Giudice del diritto.
Ovvero l’insegnamento secondo cui il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).
20. In dipendenza del rigetto del ricorso le ricorrenti vanno condannate (nelle rispettive suenunciate qualità) a rimborsare le spese del presente giudizio di legittimità all’avvocato Damiano Fiorato, difensore della controricorrente, che ha dichiarato di aver anticipato le spese e di non aver riscosso gli onorari. La liquidazione segue come da dispositivo.
21. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti (nelle rispettive suenunciate qualità), di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. n. 15 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna le ricorrenti C.S. e D.M.G. (nelle rispettive enunciate qualità), a rimborsare all’avvocato Damiano Fiorato, difensore anticipatario della controricorrente, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 2.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2021
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