LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da:
FALLIMENTO ***** s.r.l., in liquidazione, in persona del cur. fall. pro tempore, rappr. e dif. dall’avv. Claudio Santini, e dall’avv. Giuseppe Ferri, elett. dom. presso lo studio del secondo, in Roma, piazza dell’Emporio n. 16/A, come da procura a margine dell’atto;
– ricorrente e controricorrente sul ricorso incidentale condizionato
–
contro
F.G., rappr. e dif. dagli avv. Camillo Grillo, Corrado Grillo, e Lorenzo Bianchi, elett. dom. presso il loro studio in Roma, viale Mazzini n. 55, come da procura a margine dell’atto;
– controricorrente e ricorrente in via incidentale condizionata –
per la cassazione dell’ordinanza Trib. Roma 17.3.2015 e decreto Trib.
Roma 23.2.2015, n. 118/2015, cron. 911/15, Rep. 3750/15, in R.G.
34463/2013;
lette le memorie delle parti;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro alla Camera di consiglio del 3.11.2020.
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
1. FALLIMENTO ***** s.r.l. in liquidazione (FALLIMENTO) impugna il decreto Trib. Roma 23.2.2015, n. 118/2015, cron. 911/15, Rep. 3750/15, in R.G. 34463/2013 come corretto dall’ordinanza Trib. Roma 17.3.2015, con il quale, accogliendone l’opposizione allo stato passivo, F.G. era ammesso altresì in prededuzione per 119.600 Euro, così riformando – per la parte reclamata il decreto del giudice delegato che aveva ammesso il professionista per 384.800 Euro in privilegio ex art. 2751-bis c.c., n. 2 e per 78.666 Euro in privilegio ex art. 2758 c.c., comma 2, ma escludendo la prededuzione in quanto alle prestazioni di attestatore svolte dal professionista non era seguita l’ammissione delle relativa società al concordato preventivo;
2. il decreto 23.2.2015 ha premesso che: a) F. aveva domandato l’ammissione al passivo per complessivi 144.716 Euro, di cui 115 mila per onorari, 4,6 mila per CAP ed Euro 25,116 mila per IVA in prededuzione e, “in virtù del vincolo di solidarietà, sino all’importo di Euro 318.750” (per analoghe prestazioni, come s’intende dalle difese delle parti, oggetto d’incarico plurimo dalle società del medesimo gruppo); b) l’opposizione allo stato passivo era motivata sia con il richiamo all’autonomia della prestazione dell’attestatore rispetto agli esiti, anche infausti, della procedura già in sede di eventuale non ammissione, sia dando atto che, in concreto, l’attività svolta aveva “contribuito ad evidenziare le criticità del piano concordatario subordinando il giudizio di fattibilità al mancato avveramento di una serie di eventi negativi di cui alcuni pronosticati come prossimi al verificarsi”; c) la richiesta modifica del decreto del giudice delegato era dunque circoscritta alla qualificazione prededotta del solo importo di Euro 119.600 (onorari e CAP), “confermando per il resto il provvedimento”;
3. lo stesso decreto ha ritenuto: a) l’attività del professionista attestatore necessaria in quanto prevista dalla legge, funzionale all’apertura della procedura, inerente a credito prededucibile anche in ragione dell’abrogazione della L. Fall., art. 182-quater, comma 4 (che la subordinava all’espresso riconoscimento in decreto di ammissione o omologa) e della norma d’interpretazione autentica della L. Fall., art. 111, comma 2 (che parimenti per il concordato L. Fall., ex art. 161, mma 6, imponeva, ai medesimi fini, l’assenza di soluzione di continuità nei depositi oggetto di riserva e l’apertura della procedura); b) accertata la funzionalità delle prestazioni professionali secondo un giudizio ex ante e dunque a prescindere sia dalla non ammissione al concordato, sia dal successivo e consecutivo fallimento e nel riscontro che, in ogni caso, era mancata un’eccezione di mala gestio sull’operato dell’attestatore;
4. la successiva ordinanza 17.3.2015, accogliendo l’istanza di correzione del creditore, dava atto che nel precedente ricorrevano “errori materiali e refusi di stampa”, così statuendone la modifica nel senso che: a) la parte opposta “si costituiva” (anzichè “non si costituiva”); b) con riguardo all’istruzione del procedimento, il giudice relatore aveva assunto la riserva di decisione al collegio nella data esatta del 10.7.2014 (e non del 18.9.2014), dando così termine per note al 13.11.2014 (e non al 17.11.2014); c) in parte dispositiva di seguito ad “accoglie l’opposizione e, per l’effetto ammette…. al passivo… per Euro 119.600 in prededuzione”, era aggiunto “confermando per il resto il provvedimento impugnato” e di poi eliminando il refuso “rigetta l’opposizione”;
5. il Fallimento propone ricorso su quattro motivi, cui resiste F. con controricorso e ricorso incidentale condizionato su quattro motivi, cui si oppone il Fallimento con controricorso; le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. il primo motivo del ricorso principale oppone la violazione degli artt. 287-288 c.p.c.,avendo erroneamente l’ordinanza correttiva, al di là di ulteriori refusi propri, modificato sia in narrativa il riferimento alla costituzione dell’opposto fallimento (così omettendo l’esame delle relative difese), sia, in dispositivo, la portata dell’accolta opposizione (così dichiarando innovativamente che questa era accolta quanto alla prededuzione e non invece respinta quanto all’ammissione in privilegio per 265 mila Euro);
2. col secondo mezzo il ricorrente denuncia il vizio di motivazione del decreto, per come corretto, non avendo esso considerato tutti i fatti della intera difesa della procedura quale sostenuta avanti al tribunale in senso contestativo dell’opposizione;
3. il terzo motivo censura la violazione della L. fall., art. 111, avendo erroneamente il tribunale attribuito la prededuzione a prestazione invece estranea alla nozione di funzionalità di cui alla norma, non essendo stata ammessa la società al concordato preventivo (al pari delle altre società del gruppo);
4. il quarto motivo invoca il vizio di motivazione laddove il tribunale non ha preso in esame il fatto negativo della mancata apertura del concordato, ostativo alla concessione della prededuzione ed invece ha presupposto benefici per i creditori (come l’effetto sospensivo) non determinatisi;
5. con il ricorso incidentale condizionato: a) nel primo motivo il controricorrente sostiene che il tribunale, nel primo decreto ha omesso di pronunciarsi sulla espressa domanda di confermare per le restanti parti il decreto del giudice delegato; b) la seconda censura invoca l’omesso esame di tutti i fatti, le prestazioni professionali, relativi alle attestazioni svolte per le altre società e titolo per l’ammissione in privilegio; c) il terzo motivo invoca l’assenza totale di motivazione ove il decreto originario, nell’indicare il rigetto dell’opposizione, sia inteso come rigetto in realtà della domanda riferita al privilegio; d) il quarto motivo solleva il vizio della decisione ai sensi dell’art. 132 c.p.c. e la sua erroneità L. Fall., ex art. 111, ove il rigetto dell’opposizione sia locuzione da estendere anche al credito in prededuzione, così palesando una contraddizione insanabile con la prima affermazione ammissiva del credito del dispositivo e con tutta la sua motivazione;
6. ritiene il Collegio di dover esaminare in sequenza le eccezioni reciprocamente sollevate dalle parti sulle rispettive difese;
7. così, l’eccezione di tardività del ricorso incidentale condizionato è preceduta da quella, fondata, di tardività del controricorso del Fallimento, depositato in risposta al ricorso incidentale condizionato oltre il termine stabilito dall’art. 370 c.p.c., stante la notifica del ricorso incidentale condizionato al 22 maggio 2015, dunque tenuto conto dei successivi venti giorni per il deposito, nonchè degli ulteriori venti giorni per computare il termine entro cui contraddire ancora, secondo un atto avvenuto ma solo il 3 luglio 2015, oltre la scadenza del 1 luglio 2015;
8. non è fondata l’eccezione di difetto di legittimazione processuale del ricorrente Fallimento alla luce del principio, che ribadisce l’autonomia del curatore proprio rispetto ai procedimenti cui appartiene quello per cui è causa, secondo il quale “ai sensi della L. Fall., art. 31, come riformato dal D.Lgs. n. 5 del 2006, non è richiesta l’autorizzazione del giudice delegato per la costituzione del curatore nei giudizi d’impugnazione del decreto di esecutività dello stato passivo e in quelli in materia di dichiarazione tardiva di credito” (Cass. 7918/2012, 11543/2017);
9. è fondata l’eccezione di tardività del ricorso principale, la cui inammissibilità determina l’inefficacia del ricorso incidentale condizionato; alla conclusione si perviene in valutazione congiunta del Decreto 23.2.2015 e della pronuncia correttiva, resa dal medesimo collegio fallimentare, il 17.3.2015; è vero che la relativa istanza proveniva dallo stesso creditore che con essa tendeva a rimuovere, come poi ottenuto, una serie di errori di date, omissioni di riferimenti, mancanze di specificazioni rinvenuti nel decreto originario; il contenuto del primo decreto appare tuttavia esaurirsi nella sola presa di posizione del tribunale con riguardo alla contestazione del mancato riconoscimento, da parte del giudice delegato, della prededuzione per come richiesta, traducendosi alfine in una pronuncia inequivoca sotto il profilo decisorio, sebbene affetta da errori emendati ex art. 288 c.p.c.;
10. concorrono a tale ricostruzione plurime convergenti circostanze, pacifiche o non altrimenti ricostruite dalle parti, specie in relazione al rispettivo interesse alla stabilità o rimeditazione del provvedimento: a) il tribunale, nel primo decreto dà specifico conto che F. contestava la mancata collocazione in prededuzione della somma richiesta, riportandone le conclusioni in termini di invocata revoca solo per tale parte e con il chiarimento che la restante parte del provvedimento andava confermata; b) in nessun passaggio della esposizione del processo, dei fatti e del riassunto delle difese delle parti il tribunale dà conto di una domanda, propria di una costituzione e come ben astrattamente possibile, ad opera del curatore e volta ad un mutamento in pejus dell’ammissione, cioè più sfavorevole al reclamante e in particolare previa censura anche della parte ammissiva di altro credito in privilegio; c) è vero che il decreto non menziona la costituzione del curatore, ma a pag. 5 si dà conto che il curatore non ha sollevato alcuna eccezione di mala gestio sull’operato dell’attestatore, così lasciando intendere che la dibattuta questione della prededuzione non doveva preliminarmente affrontarsi sotto un profilo di radicale diniego, quale attività addirittura dannosa per i creditori, ma solo restringersi alla verifica se il principio della funzionalità secondo valutazione ex ante potesse o meno applicarsi; comma 1) parimenti, e nonostante le ulteriori pecche formali (nemmeno tutte rimosse con l’ordinanza di correzione, come il riferimento alla “parte opposta contumace”, pag. 1), il Decreto 23.2.2015 ha enunciato in esordio che “le parti hanno precisato le conclusioni come da verbale all’udienza del 18.9.2014 (in realtà 10.7.2014)” dunque attenuando ogni significato di drastica preterizione delle difese della curatela che questa vorrebbe far discendere dall’erronea indicazione (poi corretta) di non costituzione; d) il Fallimento, pur dolendosi nei primi due motivi di ricorso delle omissioni di esame da parte del tribunale quanto alle proprie difese, non solo ha del tutto mancato di riportarle, nemmeno trascrivendone i passi essenziali ai fini del controllo di specificità, ma nel riepilogo della propria costituzione ha solo richiamato un più generico contrasto a tutto quanto chiesto, evidentemente in quel giudizio, dall’opponente (pag. 4 del ricorso); d-1) il descritto limite se per un verso contraddice il principio per cui il ricorso per cassazione deve contenere, sebbene in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni (Cass. 10072/2018, 8425/2020), pone in luce, per altro, che il tribunale adito L. Fall., ex art. 98, è stato chiamato a giudicare solo sull’opposizione del creditore limitata alla mancata prededuzione, non risultando nemmeno in allegazione che il curatore abbia proceduto ad una contestazione più ampia anche della posizione di creditore privilegiato del medesimo opponente; e) la parte narrativa e il quadro giustificativo della pronuncia appaiono pertanto sorreggere un’univoca statuizione finale, infatti espressa e riflettente il tenore motivazionale indirizzato all’accoglimento della opposizione, senza alcuna perplessità, stante la precisazione della somma ammessa (corrispondente al petitum), nonchè la condanna alle spese (confermativa dell’accoglimento della opposizione);
11. la premessa consente pertanto di esaminare l’ordinanza di correzione 11.3.2015 dando conto della piena plausibilità del suo tenore letterale, secondo un canone interpretativo da adottare in via preliminare e sottoporre a successiva eventuale prova di resistenza solo ove essa abbia esorbitato dal perimetro e dai contenuti sostanziali del provvedimento emendato; la statuizione in esame invero ha rimosso “errori materiali e refusi”, tali dovendosi intendere in primo luogo la correzione di date, ininfluenti ai fini di causa; parimenti – per quanto detto – risulta non innovativa nemmeno l’aggiunta della circostanza di costituzione del curatore; la soppressione della frase “rigetta l’opposizione” è altrettanto convincentemente frutto di errore materiale, anche tenuto conto, oltre che della totale illogicità di un capo di decisione del tutto contraddittorio con la prima parte e completamente prescindente dal benchè minimo passaggio motivazionale pregresso, proprio del posizionamento redazionale, graficamente disallineato rispetto ai due più plausibili punti del dispositivo, cioè l’accoglimento della opposizione e la condanna alle spese; infine, pure l’aggiunta (con la ordinanza 11.3.2015) della conferma per il resto del provvedimento impugnato rappresenta in termini di mera completezza, ancorchè non indispensabile ma senz’altro utile alla parte, un requisito di chiarezza che meglio illustra la portata del provvedimento già assunto e così corretto;
12. va così ripresa la corrente ratio dell’istituto, replicabile alla vicenda, per cui “il ricorso per la correzione di errore materiale è ammissibile in ipotesi di contrasto tra l’individuazione della parte ricorrente e la pronuncia adottata ove non incida sull’idoneità del provvedimento, considerato complessivamente nella totalità delle sue espressioni testuali, a rendere conoscibile la statuizione testuale, trattandosi di ovviare ad un difetto di corrispondenza tra l’ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione grafica rilevabile “ictu oculi” dal testo del provvedimento” (Cass. 12187/2020) e “purchè dal contesto della decisione sia individuabile inequivocamente la parte pretermessa o inesattamente indicata” (Cass. 7451/2002); ne deriva che l’impugnazione da parte del fallimento dell’ordinanza di correzione e, con essa e per la prima volta, del decreto assunto dal tribunale sull’opposizione allo stato passivo già sostanzialmente accolta, è inammissibile, in quanto volta – in ciascuno dei quattro motivi non a far valere vizi della seconda pronuncia, come prescritto dall’art. 288 c.p.c., comma 4, bensì e inammissibilmente del primo decreto, per il quale l’impugnazione non appare proposta nei 30 giorni dalla comunicazione PEC alle parti del 23.2.2015 ai sensi della L. fall., art. 99, u.c., bensì, tardivamente, solo il 14.4.2015; invero “il termine per l’impugnazione di una sentenza di cui è stata chiesta la correzione decorre dalla notificazione della relativa ordinanza, ex art. 288 c.p.c., u.c., se con essa sono svelati “errores in iudicando” o “in procedendo” evidenziati solo dal procedimento correttivo, oppure l’errore corretto sia tale da ingenerare un obbiettivo dubbio sull’effettivo contenuto della decisione, interferendo con la sostanza del giudicato ovvero, quando con la correzione sia stata impropriamente riformata la decisione, dando luogo a surrettizia violazione del giudicato; diversamente, l’adozione della misura correttiva non vale a riaprire o prolungare i termini di impugnazione della sentenza che sia stata oggetto di eliminazione di errori di redazione del documento cartaceo, chiaramente percepibili dal contesto della decisione, in quanto risolventisi in una mera discrepanza tra il giudizio e la sua espressione” (Cass. 8863/2018, 22185/2014 e poi Cass. 16944/2019, 23642/2019, 3308/2020);
il ricorso è dunque inammissibile, con inefficacia conseguente del ricorso incidentale condizionato e condanna alle spese del giudizio secondo soccombenza; sussistono i presupposti processuali del raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).
PQM
la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso principale e l’inefficacia del ricorso incidentale condizionato; condanna il ricorrente principale al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.300 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021
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