LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 27923/2018 proposto da:
S.F., domiciliato in Roma, presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Germani Luigia, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
A.A., A.M.D., Sc.Ca., elettivamente domiciliati in Roma al Corso Trieste, n. 19, presso lo studio dell’avvocato Oliva Claudio, rappresentati e difesi dall’avvocato Bellini Luca;
– controricorrenti –
e contro
Banca Popolare dell’Emilia Romagna S.c.a.r.l., Banca Popolare di Novara S.p.a., Condominio *****, Procuratore Generale Presso la Corte d’Appello di Milano;
– intimati –
avverso la sentenza n. 3684/2018 della CORTE d’APPELLO di MILANO, depositata il 28/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 02/07/2021 dal Consigliere relatore Dott. Cristiano Valle, osserva quanto segue.
FATTI DI CAUSA
S.F. impugna, con atto affidato a due motivi, la sentenza della Corte di Appello di Milano, n. 3684 del 28/07/2018, che ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede in controversia distributiva ai sensi dell’art. 512 c.p.c., nella formulazione vigente prima delle modifiche di cui al D.L. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif. in L. 14 maggio 2005, n. 80.
A fronte di numerose parti nei gradi di merito in questa sede si sono costituiti, con controricorso, soltanto gli eredi di A.C., ossia A.A., A.M.D. e Sc.Ca..
La Banca Popolare dell’Emilia Romagna S.c. a r.l., la Banca Popolare di Novara S.p.a., il Condominio *****, e il Procuratore Generale Presso la Corte d’Appello di Milano sono rimasti intimati.
Il P.G. non ha preso conclusioni per l’adunanza camerale del 2 luglio 2021, svoltasi con le modalità di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, alla quale il Collegio ha trattenuto il ricorso in decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso da pag. 2 a pag. 58 è composto dalla giustapposizione degli atti processuali, sia di parte ricorrente, S.F., di primo e secondo grado, rispettivamente dinanzi al Tribunale e alla Corte di Appello di Milano e di alcuni provvedimenti adottati in corso di causa.
Ciò di per sé solo sarebbe idonea ragione per dichiarare il ricorso inammissibile in quanto (Sez. U. n. 5698 del 11/04/2012 Rv. 621813 – 01): “In tema di ricorso per cassazione, ai fini del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali e’, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso”.
Il richiamato orientamento di questa Corte, al quale il Collegio intende dare continuità, è stato pure di recente ribadito (Cass. n. 08245 del 04/04/2018 Rv. 647702 – 01).
Ciò posto, e procedendo a scrutinare i due motivi di ricorso, per completezza d’esposizione, il Collegio li ritiene infondati, ove non inammissibili.
Il primo motivo del ricorso deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1815 c.c., in relazione alla L. n. 108 del 1996, art. 4.
Il mezzo fa valere una nullità delle pattuizioni concernenti gli interessi relativi a numerosi titoli di credito rilasciati, dal S. in favore di A.C., creditore procedente in forza di trentaquattro titoli cambiari e principale creditore soddisfatto in sede di piano di riparto.
I suddetti titoli cambiari, come risulta incontestatamente dagli stessi atti processuali delle fasi di merito, riprodotti dal ricorrente con la tecnica dell’assemblaggio, sono tutti anteriori all’entrata in vigore della L. n. 108 del 1996, in quanto risalenti al primo lustro degli anni ‘90 dello scorso secolo.
Il primo mezzo e’, pertanto, da disattendere in quanto come chiarito dalla giurisprudenza nomofilattica, alla quale il Collegio presta piena e convinta adesione, la L. 7 marzo 1996, n. 108, non ha efficacia retroattiva (da ultimo Sez. U. n. 19597 18/09/2020 Rv. 658833 – 01 e in precedenza Sez. U. n. 24675 del 19/10/2017 Rv. 645811 – 01), ossia non si applica a rapporti di credito, e quindi di mutuo, quale quello in oggetto, sorti prima della sua entrata in vigore e, inoltre, qualora il tasso degli interessi, moratori o corrispettivi, lecito al momento della pattuizione, divenga successivamente usurario ciò non ha conseguenze sul patto di interessi e non si applica la normativa di cui alla L. n. 108 del 1996 (Cass. n. 05324 del 004/04/2003 Rv. 561894 – 01).
Il primo motivo, e’, quindi, rigettato.
Il secondo motivo fa valere violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 1988 c.c., in relazione all’art. 1415 c.c..
Il motivo censura la sentenza d’appello laddove ha condiviso il ragionamento del Tribunale di Milano in punto di astrattezza processuale.
Il secondo mezzo è esposto in non più di mezza pagina e si limita a contrapporre un’opinione del S., circa l’interpretazione del disposto dell’art. 1988 c.c., a quella dei giudici di merito, che, in ogni caso, hanno entrambi ampiamente motivato sulle ragioni per le quali ritenevano che la controversia fosse governata dalla deroga alla regola dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., in applicazione del disposto dell’art. 1988 c.c., in ragione dell’astrattezza dei titoli cambiari e della mancata adeguata prova contraria offerta dal S. in ordine alla circostanza che i titoli fossero stati tutti o in parte rilasciati per coprire gli interessi maturati sull’originario importo mutuato e non costituissero, invece, un ulteriore importo concesso in prestito dall’ A. al S. (si veda specificamente, il passaggio motivazionale di cui alle pagg. 33 e seguenti della sentenza d’appello) e comunque, detto secondo motivo, in quanto collegato al primo, cade insieme ad esso.
Entrambi i motivi del ricorso, a prescindere dall’essere esso formato con la tecnica della mera giustapposizione degli atti delle precedenti fasi processuali, sono pertanto, disattesi.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
Le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività processuale espletata.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto (Sez. U. n. 04315 del 20/02/2020).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 5.600,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, il 2 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2021
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