Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.386 del 13/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14349/2015 proposto da:

B.A., M.S., M.G., M.F.P., nella qualità di eredi di M.N., elettivamente domiciliati in Roma, Via Antonio Toscani n. 59, presso lo studio dell’avvocato Zuccardi Merli Liliana, rappresentati e difesi dagli avvocati Bruno Maria Antonietta, Bruno Vito, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Comune di Ginosa, M.A., M.M., Ma.Ma.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 154/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata il 31/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 12/11/2020 dal Cons. Dott. MELONI MARINA.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione ritualmente notificato in data 8/3/2007 i ricorrenti B.A. e M.S., M.G. M.F.P., rispettivamente moglie e figli di M.N., già proprietario di un’area sita nel Comune di ***** oggetto di occupazione d’urgenza da parte del Comune al fine di realizzare opere di urbanizzazione primaria, convennero in giudizio il Comune di Ginosa in persona del legale rappresentante davanti alla Corte di Appello di Lecce per ivi sentirlo condannare al pagamento di una somma a titolo di ristoro del danno subito oltre interessi e rivalutazione per occupazione provvisoria ed espropriazione definitiva oltre vittoria di spese di giudizio. Il Comune aveva infatti offerto in data 11 novembre 1999 la somma di Lire 11.849.202 per gli atti ablativi, ritenuta inadeguata dagli eredi ed aventi causa.

Si costituì il Comune di Ginosa contestando la domanda in quanto prescritto il diritto al pagamento di qualsiasi indennità. Nel corso del giudizio venne espletata consulenza tecnica d’ufficio, all’esito della quale il Comune venne condannato al pagamento di una somma a favore degli attori di Euro 28.800,00 oltre interessi legali.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce i ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

Il Comune di Ginosa non ha spiegato difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte di Appello di Lecce d’ufficio ha ritenuto applicabile la prescrizione decennale mentre il convenuto aveva eccepito la prescrizione quinquennale.

Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 2938 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello ha riconosciuto la prescrizione decennale delle annualità 1996 e parte del 1997.

Con il terzo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e artt. 2943 e 2944 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello ha riconosciuto la prescrizione delle annualità 1996 e parte del 1997 mentre erano in atti gli atti interruttivi.

Con il quarto motivo di ricorso i ricorrenti denunciano omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto la Corte di Appello non ha fatto alcun riferimento agli atti da loro richiamati.

Il primo motivo di ricorso è infondato. Non vi è dubbio che in presenza di formale eccezione di prescrizione la Corte non era vincolata a quanto ritenuto dalla parte sul punto che affermava la prescrizione quinquennale del diritto, dovendo e potendo invece piuttosto applicare la corretta norma di legge che prevede la prescrizione decennale, come correttamente ritenuto dalla Corte di Appello di Lecce.

Il secondo motivo di ricorso è fondato e deve essere accolto con riforma della sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso fuori dal computo della indennità di occupazione legittima le annualità 1996 e parte del 1997. Infatti la Corte di Appello aveva liquidato la somma di Euro 28.800,00 a titolo di indennità per occupazione legittima di 526 mq facenti parte del terreno di proprietà del dante causa degli istanti, a seguito di CTU svolta nel corso del giudizio, tenendo fuori le annualità 1996 e parte del 1997 ritenute prescritte.

Al contrario di quanto ritenuto dai giudici di merito, il “dies a quo” di decorrenza della prescrizione inizia dal termine di ciascun anno di effettiva immissione in possesso del bene da parte del beneficiario dell’occupazione; essendo questa iniziata il 19/3/1996, la prescrizione comincia a decorrere dal 19/3/1997 per cui i dieci anni vengono a scadere il 19/3/2007; quindi poichè l’atto di citazione introduttivo del giudizio è stato notificato il 7 marzo 2007, a quella data non era ancora maturata la prescrizione decennale.

Infatti, secondo questa Corte Sez. 1 -, Sentenza n. 29609 del 16/11/2018 “L’immediata esperibilità del giudizio per la liquidazione dell’indennità di occupazione L. n. 865 del 1971, ex art. 20, comma 4 (modificato dalla L. n. 10 del 1977, art. 14), determinata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 470 del 1990, che ha eliminato la condizione di azionabilità costituita dalla previa determinazione di stima di cui agli artt. 15 e 16 della medesima legge, non produce lo spostamento della decorrenza della prescrizione alla data di pubblicazione della citata sentenza, restando fermo il “dies a quo” costituito dal termine di ciascun anno di occupazione, in applicazione del principio secondo il quale la pregressa vigenza di una norma ostativa all’esercizio di un diritto, successivamente dichiarata incostituzionale, costituisce un mero ostacolo di fatto, e non un impedimento giuridico, all’esercizio del diritto medesimo.

I restanti motivi di ricorso sono assorbiti. In considerazione di quanto sopra il ricorso proposto deve essere accolto in ordine al secondo motivo, rigettato il primo ed assorbiti i restanti motivi, cassata la sentenza impugnata e rinviato alla Corte di Appello di Lecce in diversa composizione affinchè calcoli l’indennità dovuta attenendosi ai principi sopra enunciati.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo ed assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Lecce in diversa composizione affinchè calcoli l’indennità dovuta attenendosi ai principi sopra enunciati anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021

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