Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.39968 del 14/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 25075/2018 proposto da:

B.R., P & B S.a.s. di B.R. & C. in liquidazione in persona del liquidatore, domiciliati in Roma, alla piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato Gianfilippo Buccella;

– ricorrente –

contro

P.F., domiciliato in Roma, alla piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Gorgoglione Maria;

– controricorrente –

nonché contro Poste Italiane S.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliato in Roma al viale Europa n. 175, presso l’avvocato Fabbri Paola, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Cirino Fortunata;

– controricorrente –

nonché contro S.V.I.;

– intimata –

udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 02/07/2021, dal Consigliere relatore Dott. Cristiano Valle, osserva quanto segue.

FATTI DI CAUSA

B.R. e la P&B S.a.s., ora in liquidazione, a seguito di un’espropriazione presso terzi, nel corso della quale vennero assegnate al creditore procedente P.F., sulla base di dichiarazione positiva del terzo pignorato Poste Italiane S.p.a., le somme risultate di sua pertinenza e della società presso il terzo e rivenienti da buoni fruttiferi, propose opposizione agli atti esecutivi, che, dopo l’espletamento della fase cautelare – che aveva visto anche il rigetto del reclamo proposto dallo stesso B.; venne respinta dal Tribunale di Como, previa integrazione del contraddittorio nei confronti della creditrice S.V., interveniente nell’esecuzione.

La Corte di Appello di Milano, adita da B.R. e dalla P&B S.a.s. con appello principale e da S.V. con appello incidentale, ha, per quanto ancora rileva in questa sede, dichiarato inammissibile l’appello principale sui motivi qualificati ai sensi dell’art. 617 c.p.c. ed ha rigettato l’unico motivo, sull’impignorabilità dei buoni postali, proposto ai sensi dell’art. 615 c.p.c.; ed ha, altresì, dichiarato inammissibile l’impugnazione incidentale della S..

Avverso detta sentenza d’appello propone ricorso, con atto affidato a tre motivi, B.R. in proprio e quale liquidatore della detta società in accomandita semplice.

Resistono con controricorso Poste Italiane S.p.a. e P.F..

Il ricorrente e Poste Italiane S.p.a. hanno depositato memoria.

Il P.G. non ha preso conclusioni per l’adunanza camerale del 2 luglio 2021, svoltasi con le modalità di cui al D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, alla quale il Collegio ha trattenuto il ricorso in decisione.

RAGIONI DELLA DECISIONE

I motivi di ricorso censurano come segue la sentenza della Corte di Appello di Milano.

Il primo mezzo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 violazione e falsa applicazione di legge relativamente all’art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4.

Il secondo motivo propone censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione di legge relativamente agli artt. 599,600,601 c.p.c. e artt. 180,181 disp. att. c.p.c.

Il terzo mezzo fa valere, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e mancata applicazione di legge relativamente al D.P.R. 1 giugno 1989, n. 256, art. 203 relativamente all’impignorabilità di gran parte dei buoni postali.

Il ricorso si compone di sette facciate.

Il primo e il secondo motivo sono estesi ciascuno una facciata.

A tacere di rilievi di aspecificità complessiva di tutto il ricorso, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, il Collegio ritiene che il ricorso sia inammissibile anche in una partita e singola considerazione dei motivi.

I primi due motivi di ricorso fanno valere violazioni di carattere processuale, il primo, e comunque procedimentale, il secondo, ma sono entrambi inammissibili.

Il primo motivo lo è per la sua assoluta aspecificità, riducendosi a una mera enunciazione di stile, senza che venga mossa alcuna effettiva e comprensibile censura alla sentenza d’appello in punto di omessa pronuncia, invocando il motivo del tutto genericamente il parametro normativo della violazione di legge, in luogo di quello della nullità della sentenza e (o) del procedimento (ossia il n. 3 dell’art. 360, invece che il n. 4 cit. norma).

Il secondo mezzo è pure inammissibile, a ragione dell’affermazione della sentenza d’appello, relativa al fatto che trattandosi di vizio procedimentale, vertendosi dell’omissione dell’invio degli avvisi di cui all’art. 599 c.p.c. al contitolare dei buoni fruttiferi (il padre del B.), esso era stato fatto valere in primo grado con opposizione agli atti esecutivi e, pertanto, l’impugnazione in appello della sentenza del Tribunale di Como era inammissibile, in quanto unica impugnazione concessa, a livello sistematico, avverso la sentenza di cui all’art. 618 c.p.c., comma 2, è il ricorso per cassazione.

Il terzo motivo, l’unico dotato di una consistenza espositiva appena superiore, di mezza facciata, rispetto agli altri due, e vertente sull’impignorabilità dei buoni fruttiferi postali, asserita dal B. ma disattesa sia dal Tribunale che dalla Corte di Appello, è scrutinabile, trattandosi di capo relativo alla pignorabilità, pertanto soggetto ad appello in quanto la sentenza che decide su opposizione all’esecuzione ha il normale regime impugnatorio, ma è inammissibile anche esso, avendo la Corte territoriale ampiamente spiegato il venire meno dell’impignorabilità dei buoni fruttiferi postali, richiamando la giurisprudenza costituzionale, e segnatamente la sentenza della Corte Costituzionale n. 508 del 18/12/1995.

La sentenza della Corte territoriale ha, inoltre, coerentemente motivato sul punto, evidenziando come a seguito di detta pronuncia di incostituzionalità, relativa al D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 175, comma 1, (cd. codice postale), la impignorabilità dei buoni fruttiferi postali fosse oramai venuta meno e, non potendosi ritenere che il rapporto tra il B. e Poste Italiane S.p.a. fosse concluso, ha, quindi, escluso che esso non fosse coperto dall’ambito di applicabilità della dichiarazione d’incostituzionalità, precisando che le successive disposizioni, anche di valenza legislativa, oltre che regolamentare, non avevano ripristinato il regime derogatorio, con riferimento ai buoni postali, al principio generale di cui all’art. 2740 c.c.

Non e’, pertanto, fondatamente predicabile un regime di impignorabilità sulla base del D.P.R. 1 giugno 1989, n. 256 (Approvazione del regolamento di esecuzione del libro terzo del codice postale e delle telecomunicazioni), in quanto esso costituiva il regolamento di esecuzione del D.P.R. n. 156 del 1973 e comunque è stato anch’esso abrogato, del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 284.

L’esposizione dei motivi del ricorso, e segnatamente del terzo, unico pertinente in quanto di opposizione meritale, non può ritenersi utilmente integrata dalla diffusa prospettazione effettuata dalla parte ricorrente con la memoria per l’adunanza camerale non partecipata, potendo la detta memoria avere solo una funzione chiarificatrice di difese già compiutamente esposte (in termini, quale espressione di un orientamento costante, si veda: Cass. 24007 del 12/10/2017 Rv. 645587-01), non potendo essa colmare l’originario carente apparato argomentativo condensato in sette facciate.

Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

Le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate, in favore di ciascuno dei controricorrenti, come da dispositivo, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività processuale espletata, mentre nulla va disposto nei confronti della S., rimasta intimata.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto (Sez. U n. 04315 del 20/02/2020).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in favore di P.F. in Euro 5.600,00 e in favore di Poste Italiane S.p.a. in Euro 7.300,00, oltre per ciascuno Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione sezione Terza civile, il 2 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2021

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