LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. MARTORELLI Raffaele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24984/2018 proposto da:
C.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via Ferrari, 35, presso lo studio dell’avvocato Salvucci Maria Cristina, rappresentato e difeso dall’avvocato Pullano Aniello;
– ricorrente –
contro
Agenzia Delle Entrate – Riscossione, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via G.P. Da Palestrina, 19 presso lo studio dell’avvocato Di Stefani Stefania, che la rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
C.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via G.
Ferrari, 35, presso lo studio dell’avvocato Salvucci Maria Cristina, rappresentato e difeso dall’avvocato Pullano Aniello;
– controricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 310/2018 della COMM. TRIB. REG. LAZIO, depositata il 23/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 21/09/2021 dal consigliere Dott. MARTORELLI RAFFAELE.
C.S. impugnava nove intimazioni di pagamento, notificate in data *****, relative al mancato pagamento di altrettante cartelle esattoriali per tributi locali ed imposte erariali relativi agli anni 1996-2004. La CTP respingeva il ricorso ed il contribuente proponeva appello. La CTR Lazio respingeva l’appello parzialmente, ritenendo assorbente il problema della prescrizione, Richiamato l’orientamento espresso da questa Corte con la sentenza S.U. n. 23397 del 17/11/2016, la CTR richiamava il principio di carattere generale secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produceva soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve, eventualmente previsto, in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale principio si applicava con riguardo a tutti gli atti in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative.
Pertanto, ove per i relativi crediti fosse stata prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione non consentiva di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo. La cartella di pagamento, avendo natura di atto amministrativo, era priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato.
Occorreva, quindi, considerare la specifica prescrizione della cartella in relazione al singolo tributo. I tributi locali andavano considerati come obbligazioni periodiche o di durata ed erano sottoposti alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 c.c., n. 4. Ciò a differenza delle imposte erariali ove mancava la causa debendi continuativa (IVA, Irpef ecc.) e l’accertamento era effettuato ogni anno, di volta in volta, dallo Stato.
Fatte queste premesse, la CTR rilevava che le cartelle oggetto delle intimazioni di pagamento n. *****, n. *****, n. *****, n. ***** e n. *****, erano relative a tributi locali dovuti per gli anni 1996, 1997, 1993-1998 (ICI) e 1998, in relazione ai quali risultava ampiamente decorso il termine quinquennale di prescrizione, considerato peraltro che la notifica delle cartelle era intervenuta negli anni 2002-2003-2004 e 2005.
Non risultava, invece, maturata la prescrizione relativa ai crediti IRPEF, IVA e Cassa delle Ammende oggetto delle intimazioni di pagamento n. ***** per l’anno 2004, n. ***** per l’anno 2000, n. ***** e n. ***** per l’anno 1996, soggetti all’ordinario termine di prescrizione decennale, in considerazione dell’annualità a cui si riferivano e della data di notifica delle rispettive cartelle.
Infine, i giudici della CTR ritenevano infondate le richieste del contribuente, avendo l’amministrazione fornito la prova della rituale notifica delle cartelle presupposte e risultando la pretesa ormai definitiva in quanto non opposta tempestivamente. L’ingiunzione di pagamento, infatti, era suscettibile di impugnazione solo per vizi propri e non anche per motivi attinenti a fatti e momenti della vicenda tributaria anteriori alla sua formazione. Inoltre, nessun obbligo di deposito di copia della cartella gravava sull’appellata che era tenuta alla sola conservazione di copia della cartella o della sua matrice per il termine di cinque anni.
La CTR, pertanto, accoglieva l’appello del contribuente dichiarando prescritti i crediti erariali, ad eccezione di quelli di cui alle intimazioni di pagamento n. ***** per l’anno 2004, n. ***** per l’anno 2000, n. ***** e n. ***** per l’anno 1996.
Avverso la sentenza proponeva ricorso il C. che deduceva violazione e falsa applicazione dell’art. 2953 c.c., in combinato disposto con l’art. 2948 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Secondo il ricorrente la CTR aveva erroneamente applicato i principi che regolavano la decorrenza del termine di prescrizione relativo alle pretese tributarie vantate dall’erario, in quanto aveva erroneamente ritenuto di non applicare il termine di prescrizione quinquennale ex art. 2948 c.c., alle intimazioni di pagamento in esame, cui erano sottese cartelle di pagamento portanti crediti erariali; optando, invece, per l’operatività del termine prescrizionale ordinario, in ragione dell’asserita prescrizione decennale dei singoli tributi portati nelle cartelle sottese alle intimazioni (e non più impugnabili), con conseguente parziale rigetto dell’appello del ricorrente.
La CTR, più precisamente, ignorando che a seguito della notifica della cartella di pagamento si era verificata l'”incorporazione” del diritto dell’Agenzia nella cartella stessa, non aveva fatto applicazione, almeno in parte, del principio innovatore di cui alla sentenza delle SS.UU. del 2016 cit.. Infatti se, come detto, si verificava questa “incorporazione” della pretesa tributaria nella cartella di pagamento ed alla stessa non poteva riconoscersi l’efficacia di titolo giudiziale, con impossibilità della conversione di cui all’art. 2953 c.c. (Cass. SS.UU. n. 23397/2016) e della decorrenza del termine decennale, allora la prescrizione dei diritti vantati in forza di quel titolo non poteva che soggiacere al termine quinquennale.
Orbene, se i giudici della CTR avessero fatto, nel caso che occupa, corretta applicazione dei principi su esposti, avrebbero dovuto annullare, per quanto detto, tutte le intimazioni di pagamento impugnate, atteso che tra la notifica delle cartelle sottese alle stesse (aa. 2002-2003-2004) e la notifica degli atti impugnati (2011) erano trascorsi più di cinque anni.
Si costituiva l’Agenzia delle Entrate che resisteva al proposto ricorso, ribadendo che la Suprema Corte non aveva ritenuto applicabile il termine di prescrizione quinquennale, previsto per i pagamenti periodici, per le imposte erariali (per iscrizioni a ruolo a titolo di IVA, Irap) e per le imposte dirette (Irpef, Ires), non sussistendo una specifica norma che stabilisse un termine di prescrizione più breve per tali imposte. Si applicava, dunque, il termine di prescrizione ordinario decennale (art. 2946 c.c.). Non poteva quindi invocarsi l’applicazione del termine generalizzato quinquennale.
Proponeva, inoltre, l’Agenzia ricorso incidentale, deducendo violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 502 del 1973, art. 49, del D.Lgs. n. 112 del 1999, artt. 17-19-20, nonché dell’art. 2946 e ss c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; per non avere la Commissione Regionale ritenuto applicabile il termine di prescrizione ordinario decennale ex art. 2946 c.c., con riguardo al ruolo ed alla conseguente cartella di pagamento in cui lo stesso si trasfondeva, determinando un effetto novativo delle singole obbligazioni originariamente dovute.
Pur consapevole che della questione si erano occupate le SS.UU. con la citata sentenza n. 23397/2016, l’Agenzia chiedeva che la Corte – in revisione del precedente orientamento – affermasse, pur in presenza dell’irretrattabilità del credito, la sussistenza della prescrizione ordinaria, determinandosi, con l’emissione del ruolo e della cartella di pagamento, un effetto novativo delle singole obbligazioni dovute a separate ragioni di credito.
Resisteva il C., depositando controricorso avverso il ricorso incidentale dell’Agenzia.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso principale è infondato.
Questa Corte, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 12740 del 26/06/2020, si è già espressa sulla questione, in termini del tutto condivisibili, affermando che in tema di IRPEF, IVA, IRAP ed imposta di registro, il credito erariale per la loro riscossione si prescrive nell’ordinario termine decennale assumendo rilievo, quanto all’imposta di registro, l’espresso disposto di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 78, e, quanto alle altre imposte dirette, l’assenza di un’espressa previsione, con conseguente applicabilità in via generale dell’art. 2946 c.c..
Ha escluso quindi che possa applicarsi l’estinzione per decorso del termine quinquennale prevista dall’art. 2948 c.c., comma 1, n. 4, “per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”, in quanto l’obbligazione tributaria, pur consistendo in una prestazione a cadenza annuale, ha carattere autonomo ed unitario ed il pagamento non è mai legato ai precedenti, bensì risente di nuove ed autonome valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi.
Nello stesso senso anche Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 32308 del 11/12/2019, che ha precisato che il diritto alla riscossione dei tributi erariali (IRPEF, IRES, IRAP ed IVA), in mancanza di un’espressa disposizione di legge, si prescrive nel termine ordinario di dieci anni e non nel più breve termine quinquennale, non costituendo detti crediti erariali prestazioni periodiche, ma dovendo la sussistenza dei relativi presupposti valutarsi in relazione a ciascun anno d’imposta.
E’, altresì, infondato anche il ricorso incidentale.
L’agenzia delle Entrate Riscossione con il proposto ricorso, pur consapevole di introdurre una questione di diritto già affrontata dalle Sezioni Unite (sent. n. 23397/16 cit.), invocava un “revirement” volto a mutare il precedente orientamento con l’affermazione del principio che, con la notificazione della cartella, si verificava novazione del rapporto giuridico, con conseguente irrilevanza dei diversi termini prescrizionali brevi applicabili ai singoli tributi ed applicazione indistinta del termine prescrizionale ordinario di 10 anni (così anche per i tributi locali).
La questione dedotta non può trovare accoglimento. Come già argomentato nella più volte citata pronuncia delle S.U., non c’e’ novazione del rapporto giuridico, né conversione del termine breve di prescrizione in quello ordinario decennale che, come compiutamente specificato, scaturisce solo dal giudicato. La disposizione di cui all’art. 2953 c.c.., come detto, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la cartella di pagamento, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010).
Nello stesso senso, si veda Cass. Sez. 5 – n. 24278 del 03/11/2020, ove viene ribadito che i diversi tributi possono avere termini prescrizionali differenti, se previsti dalla legge, altrimenti soggiacciono al termine ordinario decennale di prescrizione, con conseguente applicazione delle cause di interruzione previste dall’ordinamento.
La ricorrente incidentale non deduce nuovi e persuasivi argomenti, tali da sovvertire il rassegnato indirizzo di legittimità in materia.
Vanno pertanto rigettati sia il ricorso principale che il ricorso incidentale.
Stante la reciproca soccombenza, le spese vengono compensate.
PQM
La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale.
Compensa le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio da remoto, il 21 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2021
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