LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
nel procedimento di correzione di errore materiale iscritto d’ufficio al n. 1614-2021, relativo al ricorso n. 17036-2018 definito con ordinanza n. 27366/2020 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 30/11/2020, vertente tra:
ASL NAPOLI 2 NORD, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AMITERNO 3, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA BATTISTA BUONAVOGLIA, rappresentata e difesa dagli avvocati AUGUSTO CHIOSI, GUGLIELMO ARA, AMALIA CARRARA;
– ricorrente –
e LABORATORIO DI ANALISI CLINICHE GAMMA X DI D.B. & C.
SNC, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA CRISTALLINO;
– controricorrente –
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa Vella Paola.
RILEVATO
che:
1. con istanza del 10/12/2020, l’avv. Maria Cristallino ha chiesto che l’ordinanza n. 27366/2020 del 30 novembre 2020, emessa da questa Corte nel procedimento iscritto al n. 17036/2018 R.G., venisse sottoposta “nuovamente al Collegio, onde valutare la possibilità di procedere ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c. alla correzione dell’errore materiale in essa presente, relativo all’omessa attribuzione (nonostante l’esplicita richiesta formulata in tal senso a pag. 24 del controricorso) alla scrivente delle spese di lite”;
1.1. nell’istanza si è precisato che “tale richiesta viene formulata al sol fine di evitare un ulteriore aggravio di costi a carico della sottoscritta per la proposizione di un ricorso teso alla correzione dell’indicato errore materiale”;
1.2. sulla base della proposta formulata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.
CONSIDERATO
che:
2. a seguito della modifica dell’art. 391-bis c.p.c. ad opera del D.L. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197 (applicabile ai ricorsi depositati successivamente al 30 ottobre 2016, nonché a quelli già depositati alla medesima data per i quali non fosse stata fissata udienza o adunanza in camera di consiglio), la correzione di errori materiali o di calcolo, ai sensi dell’art. 287 c.p.c., contenuti nei provvedimenti della Corte di cassazione può essere “in qualsiasi tempo” chiesta dalla parte interessata, “con ricorso ai sensi degli artt. 365 e s.s c.p.c.”, ovvero “rilevata d’ufficio dalla Corte”, (comma 1); i successivi corami dell’art. 391-bis c.p.c. precisano che “sulla correzione la Corte pronuncia nell’osservanza delle disposizioni di cui all’art. 380-bis c.p.c., commi 1 e 2” (comma 2) e che “sul ricorso per correzione dell’errore materiale pronuncia con ordinanza” (comma 3);
3. in caso di ricorso della parte, l’espresso richiamo alle disposizioni di cui agli artt. 365 e s.s. c.p.c. ha indotto questa Corte a ritenere, con orientamento consolidato, che sia onere della stessa provvedere alla notifica del ricorso alle altre parti dell’originario giudizio, a pena di inammissibilità del ricorso (Cass. Sez. 6-L, n. 27196/2018; Sez. 6-3, nn. 4498/2017, 6813/2015, 15346/2011), nonché al deposito del ricorso notificato ex art. 369 c.p.c., comma 1 (Cass. Sez. 6-2, n. 5811/2021; Sez. 6-3, n. 15346/2011) e della copia autentica del provvedimento da correggere, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, a pena di improcedibilità del ricorso (Cass. Sez. 6-3 nn. 12983/2020, 15238/2015);
4. sulla procedura di correzione di errore materiale d’ufficio, introdotta dalla richiamata novella del 2016, si è invece precisato: i) che essa “non può prescindere da un atto formale di impulso da parte del presidente della sezione che ha emesso il provvedimento in cui è ravvisato l’errore materiale”; ii) che tale atto di impulso officioso deve “assumere un autonomo numero di iscrizione a ruolo generale e dare luogo ad un procedimento del tutto autonomo rispetto a quello concluso con il provvedimento sospettato di errore materiale”; iii) che il relativo procedimento non può “rimanere un atto interno della Corte, essendo evidente l’interesse delle parti, che avevano svolto attività difensiva dinanzi ad essa nel procedimento concluso con quel provvedimento, ad interloquire sulla sussistenza o meno di quello stesso errore”; iv) che però della indefettibile instaurazione del contraddittorio “non può essere onerata alcuna delle parti”, poiché, “come ufficioso è stato l’impulso perché ufficioso è stato il rilievo, ufficiosa deve essere pure la comunicazione dell’instaurazione del procedimento”; v) che pertanto incombe “alla Cancelleria della Corte la comunicazione dell’avvio della procedura ufficiosa prevista dagli artt. 391-bis e 380-bis c.p.c. alle parti già costituite nel giudizio di legittimità concluso con il provvedimento da emendare”; vi) che in tal caso non si impone però l’obbligo, ex art. 288 c.p.c., comma 3, “della notificazione alla parte di persona una volta decorso l’anno dalla pronuncia del provvedimento impugnato, visto che quella norma è dettata per la correzione dell’errore materiale ordinaria o tradizionale e cioè ad istanza di parte e non per quella di ufficio, prevista soltanto per i provvedimenti della Corte di cassazione”; vii) che inoltre, “per consentire la formale e definitiva verifica di tutte le circostanze inerenti al rilevato errore materiale, è indispensabile pure la temporanea acquisizione formale – sempre a cura della Cancelleria, visto il carattere ufficioso del rilievo del potenziale errore (…) – del fascicolo di ufficio di quel procedimento” (Cass. Sez. 6-3, ord. interlocutoria n. 4498/2017, che peraltro, vista “l’assoluta novità della questione”, ha ritenuto di concedere alle parti i termini per memorie ex art. 384 c.p.c., comma 3,);
5. nella giurisprudenza di questa Corte si è però venuto a delineare un tertium genus – rispetto ai due previsti dalla legge: ricorso della parte e rilievo d’ufficio – declinato ibridamente come “istanza volta alla sollecitazione di un procedimento di correzione d’ufficio di errore materiale”, nel quale, nonostante l’impulso sia di parte, quest’ultima non viene generalmente onerata né della notifica del ricorso alle altre parti, né dell’assolvimento degli ulteriori oneri di deposito connessi all’adozione del ricorso disciplinato dall’art. 391-bis c.p.c., comma 1 (v. Cass. Sez. 6-3 n. 14919/2017, Sez. 6-2 n. 11597/2018, Sez. 6-2 n. 30651/2019; cfr. Cass. Sez. 6-3 n. 4216/2020, su richiesta proveniente dalla Procura generale presso la Corte di cassazione);
5.1. in tali casi, gli oneri gravanti sulla parte istante – in particolare, l’instaurazione del contraddittorio con le altre parti e il deposito di copia autentica del provvedimento di cui si chiede la correzione, nonché del fascicolo d’ufficio e degli ulteriori atti in tesi necessari al riscontro del lamentato errore materiale – vengono riversati sulla cancelleria della Corte, anche attraverso l’adozione di ordinanze interlocutorie teste alla “regolarizzazione” del procedimento, che finiscono per dilatare i tempi della sua definizione (Cass. Sez. 6-2 n. 8070/2021, in tema di omessa distrazione delle spese);
5.2. talora, lo stesso “ricorso” con cui era stata chiesta la correzione di errore materiale è stato riqualificato “come sollecitazione dell’esercizio del potere della Corte di provvedere anche di ufficio sugli eventuali errori materiali” per superare (rendendole irrilevanti) le irritualità riscontrate in sede di proposta ex art. 380-bis c.p.c.- (Cass. Sez. 6-3 n. 5264/2017);
5.3. in altri casi questa Corte, prima di qualificare come “sollecitazione” del potere officioso la semplice istanza che la parte non aveva “inteso strutturare come ricorso notificato alle controparti”, con apposita ordinanza interlocutoria ha previamente “sottoposto alle parti la questione della convertibilità dell’istanza delle parti nella procedura ufficiosa di correzione di errore materiale, come introdotta dalla novella dell’art. 391-bis c.p.c.” (v. Cass. Sez. 6-3 n. 14919/2017);
6. orbene, la fattispecie in esame rientra in questo genus ibrido di creazione giurisprudenziale, essendosi l’avv. Maria Cristallino limitata a depositare una semplice “istanza” di correzione di errore materiale “d’ufficio” – per mancata pronuncia sulla distrazione delle spese asseritamente richiesta con il proprio controricorso nel giudizio iscritto al n. 17036/2018 R.G. – al dichiarato fine di evitare i costi di notifica e deposito dello strumento all’uopo previsto dalla legge (ricorso) e senza perciò farsi carico non solo del deposito di copia autentica del provvedimento di cui si chiede la correzione, ma nemmeno del controricorso contenente la domanda di distrazione;
6.1. in tal caso si porrebbe l’alternativa tra una declaratoria di improcedibilità dell’istanza – in quanto volta a conseguire surrettiziamente l’interesse per il quale l’ordinamento allestisce uno specifico e diverso mezzo – e l’adozione di una ordinanza interlocutoria di rinvio a nuovo ruolo, ponendo a carico della cancelleria le notifiche necessarie all’instaurazione del contraddittorio tra le parti dell’originario giudizio – ivi compresa la parte assistita dal difensore istante (Cass. Sez. 6-3, n. 15346/ 2011, 6813/2015) – e l’acquisizione del fascicolo d’ufficio, in modo da potersi disporre del provvedimento da correggere (in copia non informale) e dell’atto di parte asseritamente contenente la richiesta di distrazione delle spese;
7. il Collegio ritiene che sia revocabile in dubbio la legittimità, o quantomeno l’opportunità, del secondo modus procedendi, in ragione dei suoi inevitabili riflessi sull’organizzazione e il funzionamento del “servizio giustizia” (stante il numero dei procedimenti di correzione di errore materiale che potrebbero essere proposti non più con ricorso ma con tali semplici istanze), sulla dilatazione dei tempi (altrimenti più immediati) di definizione di simili procedimenti nonché su eventuali ricadute fiscali (allo stato diverse dal versamento del contributo unificato e dell’importo forfetario D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 30, giusta circolare Ministero Giustizia 18 marzo 2003 n. prot. 1/3578/44/U/03 e risposta a quesito del Direttore generale DAG – Giustizia civile del 9 aprile 2018), in forza di una prassi sostanzialmente disapplicativa del chiaro dettato di una norma di legge, che, fatta salva la rilevabilità d’ufficio, impone alla parte interessata alla correzione di un errore materiale di avvalersi del ricorso ai sensi degli artt. 365 e s.s. c.p.c.;
8. le stesse Sezioni Unite di questa Corte, nell’estendere il rimedio del procedimento di correzione degli errori materiali (in luogo degli ordinari rimedi impugnatori) all’ipotesi di omessa pronuncia sulla richiesta di distrazione delle spese formulata dal difensore (Cass. Sez. U, 16037/2010) – e ciò “anche nel caso in cui manchi l’esplicita dichiarazione in ordine alla avvenuta anticipazione delle spese ed alla mancata riscossione degli onorari, atteso che quest’ultima può ritenersi implicitamente contenuta nella domanda di distrazione” – hanno pur sempre fatto esplicito riferimento alla legittimazione del difensore antistatario a proporre il “ricorso” ex art. 391-bis c.p.c. (Cass. Sez. U, 31033/2019);
9. d’altro canto, a fronte di un dato normativo chiaro, il quale traccia in modo inequivocabile il procedimento che la parte è onerata di rispettare nel perseguimento dell’interesse alla correzione di un errore materiale (nel caso in esame riguardante la presunta anticipazione delle spese e la mancata riscossione degli onorari da parte del difensore della parte in precedenza assistita), potrebbe risultare opinabile l’intento “di correggere una norma processuale al dichiarato fine di ampliarne l’ambito di operatività rispetto a quello che le compete e che pur risulta correttamente individuato in chiave di maggior ristrettezza” (v. di recente, su altra vicenda, Cass. Sez. 6-1, n. 19618/2021), poiché “il fondamentale canone di cui all’art. 12 preleggi, comma 1, impone all’interprete di attribuire alla legge il senso fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la loro connessione, potendo bensì con esso concorrere i criteri della interpretazione teleologica e sistematica purché l’interprete non varchi il limite esegetico consentito dall’enunciato formale (art. 101 Cost.)” (Cass., Sez. U, 8776/2021);
10. alla luce delle esposte osservazioni, il Collegio ritiene che non sussistano le condizioni per una decisione camerale ex art. 380-bis c.p.c., dovendosi rimettere la causa alla pubblica udienza della Prima Sezione civile, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2.
P.Q.M.
Rimette la causa alla pubblica udienza della Prima Sezione civile e dispone rinvio a nuovo ruolo.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio a seguito di riconvocazione, il 13 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2021