Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.42130 del 31/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10239-2017 proposto da:

P.L., D.N.T., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.PISANELLI 4, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GIGLI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

B.F., I.M., elettivamente domiciliati in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 29, presso lo studio dell’avvocato BARBARA PICCINI, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO GUAIANA, FRANCESCO CAMEROTTO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 84/2017 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 06/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/10/2021 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

RITENUTO IN FATTO

Nella lite sul regresso tra condebitori in un rapporto di mutuo bancario, la Corte d’Appello di Trieste, con sentenza 6.2.2017, ha respinto il gravame proposto da D.N.T. e P.L. contro la sentenza del locale Tribunale (n. 633/2014), che aveva accolto l’opposizione di due degli altri tre condebitori ( B.F. e I.M.) avverso il decreto ingiuntivo che i primi avevano ottenuto per recuperare le somme versate in più per l’estinzione del mutuo rispetto alla quota ad essi spettante.

Il giudice di appello ha motivato la decisione osservando:

– che, condividendosi le conclusioni del primo giudice, gli appellanti non avevano dimostrato di avere pagato il loro debito in misura maggiore rispetto agli altri condebitori;

-che in particolare, escluse le contabili prive dell’indicazione dell’esecutore e quelle dei versamenti eseguiti dal coobbligato C.R., quelle con certezza attribuibili agli appellanti non raggiungevano l’importo della quota a carico di ciascun coobbligato;

– che in particolare dalle contabili con diciture relative a versamenti socio MSC o per conto Medical Sport Center non era possibile individuare a quale titolo ed in quale veste il versamento fosse stato fatto;

-che il pagamento proveniente dal conto corrente cointestato P./ M. risultava effettuato da un soggetto estraneo al rapporto per cui non poteva attribuirsi tutto il pagamento al P. come debitore mutuo;

-che per la ripartizione dell’importo di Euro 21.000,00 (bonifico cumulativo asseritamente ordinato da D.N., P. e C.) in Euro 7.000,00 ciascuno, la suddivisione richiedeva di intervenire in un rapporto in mancanza del terzo coobbligato e quindi era da ritenersi inammissibile;

– che una consulenza tecnica di ufficio non avrebbe portato a risultati diversi, mentre le istanze di prova per testi già disattese in primo grado erano irrilevanti.

2 Contro tale sentenza i soccombenti D.N. e P. hanno proposto ricorso per cassazione con cinque motivi contrastati con controricorso dai B.- I..

I ricorrenti hanno depositato una memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1 Col primo motivo si denunzia l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione in punto di parziarietà del debito, rimproverandosi alla Corte d’Appello di non avere valorizzato i documenti da essi prodotti in giudizio.

1.2 Con il secondo motivo denunziano la violazione degli artt. 2697 e 2712 c.c. per avere la corte d’Appello errato sull’onere probatorio in tema di riproduzioni meccaniche (quali erano gli estratti conto), non contestate dai convenuti, i quali non hanno dimostrato l’erroneità o inveridicità degli accrediti evidenziati nell’estratto conto analitico.

1.3 Col terzo motivo si denunzia l’omesso esame in punto di imputazione di pagamenti: la Corte d’Appello, ad avviso dei ricorrenti, avrebbe omesso di spiegare perché non ha considerato i riscontri documentali attestanti le maggiori somme corrisposte e reclamate dai ricorrenti. Altro errore della Corte d’Appello consiste nel non aver considerato il disposto dell’art. 1854 c.c. sui poteri dei titolari del conto cointestato. Inoltre, sempre secondo i ricorrenti, anche sui bonifici la Corte d’Appello avrebbe errato nelle imputazioni pro quota e ha dato inutile rilievo alle causali dei pagamenti.

2 I primi tre motivi – da esaminare congiuntamente per il comune riferimento all’onere probatorio nei rapporti interni tra condebitori nell’azione di regresso – sono fondati.

La domanda di regresso avanzata in via monitoria da P. e D.N. contro B. e I. si fondava sui seguenti assunti:

– per l’estinzione del mutuo dell’importo di Euro 100.000,00 da rimborsare in 60 ratei alla fine sono stati versati alla banca Euro 169.294,53;

– considerando che la quota a carico di ciascuno dei cinque mutuatari era pari a Euro 33.858,90 (169.294,53: 5); che uno di essi (tale C.R.) aveva versato regolarmente la quota di sua spettanza, e che i due istanti P. e D.N. avevano invece versato rispettivamente 18.041,10 e 7.021,10 in più oltre alla quota di Euro 33.858,90 a ciascuno di essi spettante, gli altri due condebitori, cioè B. e I., erano tenuti ciascuno a versare a P. la somma di Euro 9.020,55 (pari alla metà di Euro 18.041,10) e a D.N. la somma di Euro 3.510,55 (pari alla metà di Euro 7.021,10).

I giudici di merito hanno respinto le domande di regresso per mancato assolvimento dell’onere della prova da parte degli istanti P. e D.N..

La decisione è censurabile.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in caso di parziale pagamento del debito solidale, il condebitore solvente, ove la somma pagata ecceda la sua quota nei rapporti interni, può esperire l’azione di regresso ex art. 1299 c.c. nei confronti degli altri condebitori e nei limiti di tale eccedenza, atteso che la ripartizione della somma cumulativamente azionata attiene ai rapporti interni tra condebitori e che assume rilievo, al riguardo, il depauperamento del suo patrimonio oltre il dovuto ed il corrispondente indebito arricchimento dei condebitori (Sez. 3 -, Ordinanza n. 3404 del 13/02/2018 Rv. 647599; cfr. anche Sez. 2 -, Sentenza n. 21197 del 27/08/2018 Rv. 650029; Sez. 3, Sentenza n. 884 del 29/01/1998 Rv. 512035).

Gli estratti conto prodotti dalla banca non sono copie fotografiche o fotostatiche di scritture originali esistenti, ma costituiscono riproduzioni meccaniche di supporti magnetici, vale a dire della stampa di un’elaborazione computerizzata effettuata dal sistema contabile della banca. La disciplina del disconoscimento di tali registrazioni, pertanto, deve essere rinvenuta, non già nell’art. 2719 c.c., che si riferisce alle copie fotografiche di scritture, ma nell’art. 2712 c.c., con la conseguenza che è onere del debitore contestare la veridicità delle singole operazioni registrate entro i termini contrattualmente previsti (cfr. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23389 del 16/11/2016 Rv. 642678; Sez. 1 -, Ordinanza n. 14686 del 06/06/2018 Rv. 648945 in motivazione; Sez. 1, Sentenza n. 11269 del 15/06/2004 Rv. 573641).

Nel caso in esame, come si è detto, ad avviso dei giudici di merito, i due attori in regresso non avevano dimostrato di avere effettuato pagamenti in eccedenza rispetto alla quota (cfr. sentenza Corte d’Appello pag. 10 e pag. 6 laddove riporta le condivise argomentazioni del Tribunale). I giudici di merito in particolare hanno ritenuto che le causali indicate in alcuni versamenti (“versamento socio MSC” oppure “ad onor di firma MSC” e “per conto “Medical Sport Center”) fossero inidonee ad individuare a quale titolo ed in quale veste il versamento fosse stato fatto dall’uno o dall’altro condebitore e a determinare il pagamento attribuibile agli stessi nella veste di debitori del mutuo (cfr. pag. 10 sentenza impugnata). Hanno altresì evidenziato il fatto che un versamento provenisse da un conto del P. cointestato, traendo l’ulteriore conseguenza che in tal caso il versamento sarebbe stato effettuato da un soggetto (tale M.) estraneo al rapporto, per cui non poteva attribuirsi tutto il pagamento in capo al P. quale debitore del mutuo. E ancora hanno escluso le quote del bonifico cumulativo di Euro 21.000,00 sol perché mancava in giudizio il C..

Come appare evidente dalla ricostruzione dei vari passaggi argomentativi della sentenza impugnata, la Corte d’Appello, ai fini della ripetizione dell’eccedenza di quota, ha interamente addossato ai due condebitori che avevano agito in regresso ( P. e D.N.) l’onere di dimostrare, oltre all’avvenuta estinzione del mutuo nei confronti della Banca, anche il pagamento con danaro rigorosamente personale di ciascuno di essi, esonerando nel contempo i due debitori in regresso (cioè B. e I.) da qualunque onere.

Così facendo, però, la Corte territoriale non ha considerato la regola generale secondo cui, in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione del contratto, per il risarcimento del danno ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza ma non l’inadempienza dell’obbligato, potendosi limitare alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, spettando, invece, al debitore convenuto l’onere di provare il fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento (cfr. tra le tante, Sez. 2 -, Ordinanza n. 13685 del 21/05/2019 Rv. 654047; Sez. 3, Sentenza n. 826 del 20/01/2015 Rv. 634361Sez. U, Sentenza n. 13533 del 30/10/2001 Rv. 549956).

Nessuna puntuale indagine sulla linea difensiva dei due condebitori convenuti in regresso è stata compiuta e in particolare sull’eventuale prova di avere provveduto alla integrale estinzione pro quota del mutuo da essi richiesto unitamente agli altri.

Altro errore dei giudici di merito sta nell’avere dato peso decisivo alle causali di pagamento riportate in alcune contabili senza però porsi il problema della effettiva provenienza delle somme (eppure a pag. 6 si richiamavano, tra le le argomentazioni del primo giudice, anche quella ove si dava atto che le relative contabili erano state “eseguite da P. e Me.M.”) e – soprattutto – di chi altri potesse avere interesse ad estinguere il debito con la banca che aveva concesso il mutuo.

E ancora, quanto alla suddivisione della somma di Euro 21.000 derivante dal bonifico cumulativo D.N.- P.- C., la Corte triestina ha negato l’imputabilità pro quota ai due istanti sol perché si discuteva di un rapporto riguardante anche un terzo coobbligato estraneo, senza però considerare che l’imputazione era stata limitata alle singole quote, in linea col principio che disciplina i rapporti interni tra debitori o creditori solidali (art. 1298 c.c.).

1.4 Col quarto motivo si denunzia la violazione dell’art. 1854 c.c. rimproverandosi alla Corte d’Appello di non avere considerato i poteri dei cointestatari a firma disgiunta e in particolare si rimprovera alla Corte d’Appello di avere negato valore al bonifico disposto dal P. dal conto corrente cointestato con la signora M..

1.5 Col quinto ed ultimo motivo, infine, la ricorrente denunzia l’omesso esame di fatto decisivo rappresentato dalle allegazioni documentali non contestate (comunicazione alla banca sui soggetti che avevano provveduto ad estinguere il mutuo e dichiarazione di surroga rilasciata dalla Banca). Si dolgono inoltre della mancata ammissione dei mezzi istruttori articolati (interrogatorio formale e prova per testi).

Il quarto motivo è anch’esso fondato.

Dispone l’art. 1854 c.c. che “nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto”.

La giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che la cointestazione di un conto corrente bancario, salva la prova di una diversa volontà delle parti, è atto unilaterale idoneo a trasferire la sola legittimazione ad operare sul conto, ma non anche la titolarità del credito, in quanto il trasferimento della proprietà dei titoli che la banca detiene per conto del correntista presuppone un contratto di cessione del credito tra questi e la banca cessionaria (cfr. tra le varie, Sez. 3 -, Ordinanza n. 21963 del 03/09/2019 Rv. 655168; Sez. 2, Sentenza n. 13614 del 30/05/2013 Rv. 626283).

Nel caso in esame, la Corte d’Appello non ha considerato che in base a tale principio il P. era pienamente legittimato a compiere disgiuntamente operazioni sul conto corrente cointestato col coniuge M. e quindi anche ad utilizzare detto conto per estinguere un mutuo; inoltre, ha confuso le facoltà del cointestatario del conto ed il diritto di regresso a lui spettante nei confronti dei vari condebitori nel rapporto di mutuo con i rapporti interni tra i correntisti P.- M. disciplinati dall’art. 1298 c.c., ma del tutto irrilevanti nel caso in esame.

Per rimediare a tali errori di diritto si rende necessario un nuovo esame. La sentenza impugnata va pertanto cassata restando logicamente assorbito l’esame dell’ultimo motivo, riguardante la mancata ammissione dei mezzi istruttori.

Il giudice di rinvio, che si individua nella Corte d’Appello di Trieste in diversa composizione, pronuncerà all’esito anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo, il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso e dichiara assorbito il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Trieste in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2021

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