Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.422 del 13/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3897-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (C.F. *****), in persona Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.A.A.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LARGO TRIONFALE n. 7, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO GRECO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 268/3/2018 della COMMISIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’UMBRIA, depositata il 18/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE La CTR Umbria, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la sentenza di primo grado che aveva annullato l’avviso di intimazione notificato a D.A.A.R.. La CTR ha ritenuto che l’Agenzia delle entrate riscossione avrebbe dovuto provare la corretta notifica del ruolo e di tutti gli atti debitamente notificati, risultando inconfutabile l’inesistenza della notifica. Affermava ancora che doveva essere confermato il giudizio dei primi giudici.

L’Agenzia delle entrate Riscossione ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, al quale ha resistito la D.A. con controricorso.

Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto la nullità della sentenza per motivazione apparente o contraddittoria, componendosi la motivazione anzidetta di proposizioni astratte ed apodittiche.

Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 2719 c.c., e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26. La CTR, a volere intendere che l’inesistenza della notifica sia dipesa dalla mancata produzione degli originali delle notifiche, avrebbe fatto scorretta applicazione dei principi affermati da questa Corte in tema di utilizzabilità delle copie non disconosciute formalmente.

Va anzitutto esaminata la questione relativa alla tempestività del ricorso per cassazione proposto contro la sentenza di appello, non notificata, pubblicata il 18.6.2018. L’Agenzia delle entrate riscossione ha provveduto una prima volta alla notifica del ricorso con atto consegnato all’ufficio postale per la spedizione il 17.1.2019, della quale però non è stata depositata prova dell’avvenuta ricezione da parte del contribuente. Tuttavia, l’Ufficio ha provveduto in un secondo momento alla notifica del ricorso a mezzo PEC il 13.3.2019 così come provato dalle ricevute di accettazione e avvenuta consegna allegate al ricorso per cassazione-.

Orbene, la notifica a mezzo PEC è tempestiva, trovando applicazione nel caso di specie la sospensione di nove mesi dei termini di impugnazione delle pronunce giurisdizionali ai sensi del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 6, comma 11, conv. nella L. 17 dicembre 2018, n. 136, alla cui stregua per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonchè per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore del presente decreto e il 31 luglio 2019.

Passando al merito del ricorso, il primo motivo di ricorso è infondato.

La sentenza impugnata ha fondato la decisione di rigetto dell’impugnazione sulla mancata dimostrazione delle notifiche degli atti prodromici all’intimazione di pagamento, ritenendo che le cartelle, proprio perchè non notificate dovevano essere considerate inesistenti. Tale motivazione risponde ai requisiti del c.d. minimo costituzionale fissati dalle Sezioni Unite di questa Corte – Cass. S.U. n. 8053/2014 -.

Il secondo motivo di ricorso è fondato.

Ed invero, giova ricordare che il cit. D.Lgs. n. 546, art. 22, commi 4 e 5, ammette espressamente la possibilità di produrre documenti in fotocopia e salvo l’ordine di esibizione degli originali nei soli casi di contestazione circa la conformità agli stessi – cfr. Cass. n. 12582/2016 -.

Orbene, nel caso di specie la CTR ha escluso la possibilità di dimostrare la notifica dell’atto prodromico con la copia della relata di notifica relativa alla cartella sopra menzionata, ritenendo che soltanto la produzione dell’originale potesse giovare alla società concessionaria.

Con ciò peraltro non considerando gli ulteriori principi, espressi parimenti da questa Corte, a tenore dei quali: a) la regola posta dall’art. 2719 c.c., – per la quale le copie fotografiche o fotostatiche hanno la stessa efficacia di quelle autentiche, non solo se la loro conformità all’originale è attestata dal pubblico ufficiale competente, ma anche qualora detta conformità non sia disconosciuta dalla controparte (Cass. n. 21003/2017); b) la contestazione della conformità di una copia fotografica o fotostatica all’originale ai sensi dell’art. 2719 c.c., non può essere generica e non impedisce al giudice di accertare la conformità all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (cfr. Cass. n. 10326/2014, Cass. n. 2419/06, Cass. n. 11269/04 e n. 9439/10); c) non può reputarsi ammissibile un disconoscimento preventivo addirittura con il ricorso in primo grado – ai sensi dell’art. 2719 c.c. (o dell’art. 2712), il quale, come detto, deve essere specifico, ossia riferito ad una copia di esso concretamente individuata, e successivo, effettuato, di regola, dopo la produzione in giudizio della copia documentale (Cass. n. 11576/2006).

Ancora pacifica e ferma risulta la giurisprudenza in ordine alla non necessità di allegare la copia della cartella ai fini della dimostrazione della sua notifica, laddove siano prodotti gli estratti di ruolo – cfr. ex plurimis, Cass. n. 23039/2016, Cass. n. 23902/2017 -.

A tali principi non è affatto uniformato il giudice di merito.

La sentenza impugnata, in accoglimento del secondo motivo, rigettato il primo, va dunque cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Umbria anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Umbria anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021

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