Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.459 del 13/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8720-2019 proposto da:

F.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GORIZIA 14, presso lo studio dell’avvocato *****, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.L.E., DI.LU.EL., D.A., ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO *****, S.B., A.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1630/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 11/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/11/2020 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA MARIO.

RILEVATO

che:

1. a seguito di ricorso proposto dalle parti civili, con sentenza della Corte di Cassazione era stata annullata, con rinvio ai sensi dell’art. 622 c.p.p. al giudice civile, la sentenza di appello confermativa della decisione di primo grado di data 5 maggio 2008 che aveva assolto S.B. e A.C. dall’imputazione di omicidio colposo per violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro ai danni di D.L.A.. Con atto dell’11 dicembre 2017 le parti civili D.L.E., Di.Lu.El. e D.A. riassunsero il giudizio innanzi alla Corte d’appello di L’Aquila chiedendo il risarcimento del danno, da liquidarsi in separata sede con il riconoscimento di provvisionale. Dichiarata l’interruzione per la morte di A.C., il processo fu riassunto nei confronti del figlio A.A. e di F.F. indicata quale coniuge.

2. Con sentenza di data 11 settembre 2018 la Corte d’appello di L’Aquila condannò gli appellati al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede.

3. Ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi F.F.. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.. E’ stata presentata memoria.

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente di avere eccepito in sede di costituzione che con sentenza del ***** era stata dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con A.C., con il venir meno della qualità di erede della F. e la conseguente carenza di legittimazione passiva, e che la corte territoriale ha omesso di pronunciare in ordine all’eccezione di difetto di legittimazione passiva.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione 100 e 110 c.p.c., 536 e 583 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e n. 4. Osserva la parte ricorrente in via subordinata che, ove si ritenga che la corte territoriale abbia implicitamente rigettato l’eccezione di difetto di legittimazione passiva, la F. non ha mai assunto la qualità di erede e di soggetto passivamente legittimato perchè al momento della morte dell’ A. erano già cessati gli effetti civili del matrimonio.

3. Il primo motivo è fondato. Secondo l’orientamento di questa Corte, in sede di giudizio di legittimità il vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. può essere dedotto anche in relazione ad un’eccezione, alla duplice condizione che essa risulti formulata inequivocabilmente, in modo da rendere necessaria una pronuncia su di essa e che sia stata riportata nel ricorso per cassazione nei suoi esatti termini con l’indicazione specifica dell’atto difensivo o del verbale di udienza in cui era stata proposta (Cass. 16 maggio 2020, n. 545; 16 febbraio 2018, n. 3845; 28 novembre 2014, n. 25299).

Per la verità l’art. 112, il quale prevede che “il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa; e non può pronunciare d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalla parte”, disciplina apparentemente l’omissione di pronuncia solo con riferimento alla domanda, mentre quanto all’eccezione si prevede soltanto il divieto di ultrapetizione, da riferire evidentemente all’eccezione in senso stretto non fatta valere dalla parte. Apparentemente, come si è detto, resta fuori dal fuoco della norma l’omessa pronuncia sull’eccezione in generale, e dunque non solo quella in senso lato (dove l’effetto di contrasto della domanda è rilevabile anche d’ufficio), ma anche quella in senso stretto (per la quale tuttavia si prevede il divieto di ultrapetizione).

3.1. In realtà, e si comprende così il senso della giurisprudenza sopra richiamata, è la regola sui limiti oggettivi del giudicato che include nell’area del dovere di pronuncia, pena la violazione dell’art. 112, anche le eccezioni di merito, sia in senso lato che in senso stretto. In base alla regola richiamata, la sentenza dichiarativa dell’esistenza del diritto deve pronunciarsi su tutti i fatti costitutivi e su tutti i fatti impeditivi, modificativi ed estintivi allegati (e se necessario eccepiti nel caso dell’eccezione in senso stretto) dal convenuto, laddove la sentenza dichiarativa dell’inesistenza del diritto è sufficiente che accerti l’inesistenza di un fatto costitutivo o l’esistenza di un fatto impeditivo, modificativo o estintivo.

L’allegazione di un fatto impeditivo, modificativo o estintivo, da far valere nel processo, costituisce l’eccezione di merito (la quale così si differenzia dalla mera difesa, che è la semplice contestazione dell’esistenza del fatto costitutivo). Si tratta di un fatto che non nega l’esistenza storica del fatto costitutivo, come avviene nella mera difesa, ma che ne neutralizza gli effetti giuridici, in chiave impeditiva, modificativa o estintiva. Al fatto costitutivo della domanda il convenuto oppone un fatto in funzione impeditiva (id est, eccepisce l’inefficacia del fatto costitutivo mediante un fatto che ne paralizzi l’efficacia – arg. ex art. 2697 c.c., comma 2), oppure in funzione modificativa o estintiva del diritto fatto valere. Quando il fatto è allegato non quale mero fatto storico, ma in funzione degli effetti che è idoneo a produrre in relazione alle conseguenze giuridiche veicolate dal fatto costitutivo della domanda, si ha allora l’eccezione di merito, che consiste così nella richiesta al giudice di pronunciare in ordine all’effetto giuridico che il convenuto fa valere mediante l’allegazione del fatto. L’art. 2697 c.c., comma 2 esordisce con l’inciso “chi eccepisce” e, come sottolineato in un passaggio motivazionale di Cass. Sez. U. 12 maggio 2017 n. 11799, “la rilevanza del fatto integratore dell’eccezione di merito nel processo suppone, accanto alla sua introduzione, un’attività di c.d. rilevazione della sua efficacia giuridica sulla fattispecie dedotta in giudizio con la domanda”.

Sollevata l’eccezione, il giudice deve pronunciare su quest’ultima quando intende accogliere la domanda. E’ il dovere di pronuncia sulla domanda, previsto dall’art. 112, che impone, quando la sentenza è di accoglimento, il dovere di pronuncia in ordine all’eccezione di merito, e ove sull’eccezione vi sia omessa pronuncia, la violazione rilevante è dunque sempre quella dell’art. 112. Che sia la regola dei limiti oggettivi del giudicato ad essere in gioco lo dimostra che mentre la domanda su cui vi è stata omessa pronuncia può essere riproposta in un separato processo (per la natura di mero rito del relativo giudicato), la possibilità di sollevare in un altro processo l’eccezione di merito, su cui il giudice ha omesso di pronunciare, è preclusa dall’estensione oggettiva del giudicato di accoglimento della domanda.

3.2. L’allegazione del fatto in funzione impeditiva, modificativa o estintiva segna anche la differenza fra la denuncia della violazione della regola di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato e la denuncia del vizio motivazionale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Ricorrente nella giurisprudenza di questa Corte è l’affermazione secondo cui la differenza fra l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c. ed il vizio motivazionale si coglie nel senso che, mentre nella prima l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa, nella seconda ipotesi l’attività di esame del giudice, che si assume omessa, non concerne direttamente la domanda o l’eccezione, ma una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e, quindi, su uno dei fatti principali della controversia (da ultimo, fra le tante, Cass. 22 gennaio 2018, n. 1539). Alla stregua delle considerazioni che precedono può essere puntualizzato quanto segue.

Quando il fatto pretermesso è stato allegato in funzione di eccezione ai sensi dell’art. 2697 c.c., comma 2, cioè il convenuto ha fatto valere l’effetto impeditivo, modificativo o estintivo, l’omessa pronuncia sul fatto opposto integra violazione dell’art. 112. Quando invece il fatto è stato dedotto dalla parte non in funzione di eccezione, ma quale fatto secondario in funzione di contestazione dell’esistenza storica del fatto costitutivo nell’ambito della mera difesa (in funzione dunque di mera smentita del fatto principale allegato dall’attore), o comunque quando si tratti di fatto, risultante dagli atti, che la parte non ha fatto formalmente valere come eccezione di merito (ossia quando si tratti di un fatto principale rispetto al quale il convenuto non ha svolto un’attività di rilevazione dell’efficacia giuridica o quando si tratti fatto secondario rispetto al fatto principale di cui sono state fatte valere le conseguenze previste dall’art. 2697 c.c., comma 2), la pretermissione del fatto da parte del giudice è suscettibile di costituire vizio motivazionale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sia nell’uno che nell’altro caso non c’è l’eccezione quale allegazione dell’effetto impeditivo, modificativo o estintivo, ma la controprova dell’esistenza del fatto costitutivo nell’ambito della mera difesa mediante l’allegazione di un fatto secondario o un mero fatto che la parte non ha opposto in funzione di neutralizzazione degli effetti del fatto costitutivo. Si può conclusivamente affermare che mentre l’art. 112 riguarda il fatto giuridico (cioè il fatto qualificato in base agli effetti), l’art. 360, comma 1, n. 5 riguarda il (bruto) fatto storico.

Coerente a tale conclusione è la giurisprudenza di questa Corte secondo cui il vizio di omessa pronuncia causativo della nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. non si configura allorquando il giudice di merito non abbia considerato i fatti secondari dedotti dalla parte, non concernenti, cioè, alcun fatto estintivo, modificativo od impeditivo della fattispecie costitutiva del diritto fatto valere; in tal caso, è integrato il diverso vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 nella misura in cui il giudice abbia omesso la considerazione di fatti rilevanti ai fini della ricostruzione della “quaestio facti” in funzione dell’esatta qualificazione e sussunzione “in iure” della fattispecie (Cass. 29 settembre 2017, n. 22799; 29 agosto 2011, n. 17698).

Va infine precisato che quando l’ingresso del fatto nel processo non corrisponde ad un’eccezione della parte e vi sia la pretermissione del fatto medesimo da parte del giudice di merito, il convenuto può denunciare il vizio motivazionale se il fatto non sia emerso al livello di giudizio di fatto, ovvero può denunciare la falsa applicazione della norma di diritto se al fatto, pur emerso nella motivazione della decisione impugnata, il giudice non abbia d’ufficio collegato l’effetto giuridico (ovviamente nel caso di fatti rilevanti ipso iure, e dunque ricadenti nel regime dell’eccezione in senso lato, non anche nel caso dei fatti rilevanti ope exceptionis).

3.4. Nel caso di specie la ricorrente ha assolto l’onere processuale di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, avendo trascritto il contenuto dell’eccezione ed indicando la sede della stessa (la comparsa di costituzione in appello). Trattasi di eccezione in senso tecnico (sia pure in senso lato, essendo la carenza di titolarità del rapporto controverso, quale quella di specie, rilevabile di ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa – Cass. sez. U. 16 febbraio 2016, n. 2951), perchè la parte ha opposto la circostanza della cessazione degli effetti civili allo scopo di negare la sua qualità di erede ed in funzione quindi di fatto impeditivo della pretesa risarcitoria avanzata nei suoi confronti. Prima di accogliere la domanda nei suoi confronti il giudice di merito aveva il dovere di pronunciare sull’eccezione, per cui correttamente è stata denunciata l’omissione di pronuncia.

3.5. Va in conclusione enunciato il seguente principio di diritto: “deve essere denunciata la violazione della regola della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. se il giudice, accogliendo la domanda, ometta di pronunciare in ordine al fatto mediante cui il convenuto abbia eccepito l’inefficacia del fatto costitutivo della domanda, ovvero abbia eccepito che il diritto fatto valere dall’attore si è modificato o estinto, mentre deve essere denunciato il vizio motivazionale di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 se il giudice abbia omesso l’esame del fatto secondario mediante cui il convenuto abbia contestato l’esistenza storica del fatto costitutivo della domanda o abbia omesso l’esame del fatto risultante dagli atti di causa e che tuttavia il convenuto non abbia opposto in funzione di neutralizzazione degli effetti giuridici del fatto costitutivo”.

4. L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo motivo.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di L’Aquila in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021

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