LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12714-2019 proposto da:
S.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO PUCCI, rappresentato e difeso dagli avvocati LORENZO CALVANI, ANDREA STRAMACCIA;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO ***** SPA;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di AREZZO, depositato il 21/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA PONTERIO.
RILEVATO
che:
1. S.S., premesso di essere stato dipendente della ***** spa dal ***** al ***** ha chiesto di essere ammesso al passivo del fallimento, in via privilegiata ex art. 2751 bis c.c., n. 1, per l’importo di Euro 3.365,76 a titolo di premio di fedeltà per gli anni 2016 e 2017, ai sensi degli artt. 44 e 65 CCNL;
2. avverso il rigetto della domanda da parte del giudice delegato, il ricorrente ha proposto opposizione che il Tribunale di Arezzo ha respinto con decreto del 21.3.2019;
3. il Tribunale ha ritenuto che l’opponente non avesse assolto all’onere di provare il diritto al premio di fedeltà e gli elementi necessari per il calcolo dello stesso; ha rilevato come il CCNL, depositato peraltro solo in fase di opposizione, all’art. 65 facesse riferimento, per il calcolo del premio, ad elementi retributivi (“una mensilità degli elementi di cui all’art. 44, nn. dall’1 al 15 “) non indicati dal ricorrente e neanche desumibili dall’unico prospetto paga prodotto, relativo ad agosto 2017 e recante l’indicazione del solo TFR;
4. avverso tale decreto S.S. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, illustrato da successiva memoria; il Fallimento ***** spa non ha svolto difese;
5. la proposta del relatore è stata comunicata alla parte, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
6. con l’unico motivo di ricorso è dedotta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 4 del 1953, art. 1, del D.L. n. 112 del 2008, art. 39, commi 1 e 5, convertito dalla L. n. 133 del 2008; degli artt. 44 e 65 CCNL;
7. premesso che, per il disposto della L. n. 4 del 1953, art. 1, la busta paga deve contenere tutti gli elementi che compongono la retribuzione, parte ricorrente ha rilevato come la busta paga prodotta in giudizio (e trascritta nel ricorso in esame), relativa ad agosto 2017, recasse l’indicazione, oltre che della data di assunzione e di cessazione del rapporto, di tutti i dati che l’art. 44 CCNL (allegato al ricorso per cassazione) richiede ai fini del calcolo del premio di fedeltà e che compongono il trattamento economico globale del lavoratore (paga base minima tabellare, contingenza, premio di produzione, scatti di anzianità, elemento distinto della retribuzione – EDR), cioè la retribuzione mensile di fatto, anch’essa espressamente riportata; la violazione della L. n. 4 del 1953, art. 1, è denunciata per avere il Tribunale ignorato le voci retributive obbligatoriamente presenti nella busta paga;
8. il decreto è inoltre censurato per violazione dell’art. 65 CCNL che disciplina i requisiti per il riconoscimento del premio, corrisposto al compimento di venti anni di anzianità lavorativa (requisito anch’esso risultante dalla busta paga), annualmente, nonchè alla fine del rapporto in tanti dodicesimi quanti sono i mesi interi di servizio prestati dall’epoca di maturazione del precedente premio; e che detta le modalità di calcolo del medesimo, in misura pari ad una mensilità costituita dalla somma degli elementi di cui all’art. 44 riconosciuti al lavoratore, elementi nel caso di specie tutti ricavabili dalla busta paga in atti e che, sulla base di una mera operazione matematica, avrebbero consentito di individuare il quantum non accertato dal Tribunale;
9. il ricorso è fondato e deve trovare accoglimento, previa riqualificazione delle censure mosse, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come consentito dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 2557 del 2017; n. 4036 del 2014); ciò in ragione del fatto che i vizi denunciati dall’attuale ricorrente non attengono direttamente alla interpretazione o applicazione della L. n. 4 del 1953, sull’obbligo di consegna del prospetto paga ai dipendenti e sulla necessaria indicazione in esso degli elementi che compongono la retribuzione, nè investono l’erronea interpretazione o applicazione del contratto collettivo sui presupposti o i criteri per l’erogazione del premio di fedeltà;
10. ciò che si censura col motivo di ricorso è, nella sostanza, l’omesso esame di un documento nel suo contenuto completo e quindi in relazione a tutti gli elementi e i dati nel medesimo riportati ed oggettivamente rilevabili; nella specie, l’omessa ricognizione dell’intero contenuto della busta paga, rilevante ai fini del calcolo del premio di fedeltà, in base ai dati elencati dall’art. 44 CCNL ed ai criteri di cui all’art. 65 medesimo contratto;
11. secondo il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è denunciabile per cassazione solo il vizio di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”; le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8053 del 2014) e le successive pronunce conformi (cfr. Cass., 27325 del 2017; Cass., n. 9749 del 2016) hanno precisato che l’omesso esame deve riguardare un fatto, inteso nella sua accezione storico-fenomenica, principale (ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioè dedotto in funzione probatoria), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e che abbia carattere decisivo. Non solo quindi la censura non può investire argomenti o profili giuridici, ma il riferimento al fatto secondario non implica che possa denunciarsi, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anche l’omesso esame di determinati elementi probatori;
12. si è tuttavia chiarito (cfr. Cass. n. 16812 del 2018; n. 19150 del 2016) che può essere denunciato per cassazione anche il mancato esame di un documento, ma ciò solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa;
13. nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto non assolto dal lavoratore l’onere di provare gli elementi retributivi necessari, in base al contratto collettivo (stipendio minimo mensile, ex indennità di contingenza, premio di produzione territoriale, aumenti periodici di anzianità, compensi aventi carattere continuativo e determinato, art. 44 CCNL), per consentire il calcolo del premio di fedeltà, elementi che secondo il Tribunale non erano desumibili “neanche in parte, dalla busta paga prodotta dall’opponente in quanto riferita alla mensilità di agosto 2017 (immediatamente successiva alla cessazione del rapporto di lavoro) e recante l’indicazione del solo t.f.r.”;
14. la motivazione del decreto impugnato e l’esame della busta paga di agosto 2017, debitamente trascritta nel ricorso per cassazione, rivelano come il Tribunale abbia omesso di considerare elementi decisivi, emergenti in modo oggettivo dal citato documento, e idonei ad inficiare il presupposto su cui la decisione di primo grado si fonda, dal momento che in esso sono riportati, contrariamente a quanto asserito dal Tribunale, non “solo (il) t.f.r”, ma anche altri elementi rilevanti ai fini dell’art. 44 cit.; dovendosi ricomprendere nel vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come su già enunciato, anche l’omesso esame di parti essenziali e decisive del documento, sia pure formalmente preso in esame dal giudice ma solo parzialmente valutato;
15. per le ragioni esposte, in accoglimento del ricorso, il decreto deve essere cassato con rinvio al Tribunale di Arezzo in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Arezzo, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza, il 10 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021
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