LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1489-2019 proposto da:
STRABAG S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI n. 288, presso lo studio dell’avvocato BENEDETTO GIOVANNI CARBONE, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
ANAS S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONZAMBANO n. 10, presso lo studio dell’avvocato MARIA STEFANIA MASINI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GAIA SILVI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3610/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/10/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 6.9.2013 Strabag S.p.a. evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Roma ANAS S.p.a. esponendo di aver ottenuto, a seguito di licitazione privata, l’affidamento di alcuni lavori sulla *****; di aver formulato riserve nel corso dell’appalto per maggiori costi ed oneri; di aver ottenuto il riconoscimento di parte delle riserve formulate mediante la procedura di cui alla L. n. 109 del 1994, art. 31-bis; di aver diritto al riconoscimento delle ulteriori riserve, per le quali non era stato possibile raggiungere tra le parti un accordo bonario.
Si costituiva in giudizio ANAS S.p.a. resistendo alla domanda.
Con sentenza n. 15716 del 2016 il Tribunale accoglieva in parte la domanda, riconoscendo la debenza di alcune delle riserve formulate da Strabag S.p.a.
Interponeva appello quest’ultima società, invocando il mancato riconoscimento delle residue riserve, degli interessi di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002, e della rivalutazione monetaria.
Si costituiva in seconde cure ANAS S.p.a. resistendo al gravame.
Con la sentenza oggi impugnata, n. 3610 del 2018, la Corte di Appello di Roma accoglieva in parte l’impugnazione, riconoscendo le riserve ulteriori rivendicate da parte appellante e la rivalutazione monetaria; non accoglieva invece il motivo di appello relativo al riconoscimento degli interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2002.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione Strabag S.p.a., affidandosi a tre motivi.
Resiste con controricorso ANAS S.p.a.
In prossimità dell’adunanza camerale, ambo le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità della produzione documentale eseguita da Strabag S.p.a. in uno alla memoria depositata in prossimità dell’adunanza camerale. Trattasi invero di documenti non compresi nel novero di quelli di cui all’art. 372 c.p.c..
Passando all’esame dei motivi di ricorso, con il primo di essi la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 99,112 e 345 c.p.c., della Dir. n. 2000/35/CE, art. 3, lett. d), e art. 6, del D.Lgs. n. 231 del 2002, artt. 1, 3 e 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto di non poter accogliere il motivo di gravame relativo al riconoscimento degli interessi al saggio e con le decorrenze di cui al richiamato D.Lgs. n. 231 del 2002, in difetto di formulazione di specifica domanda in prime cure.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè la Corte capitolina avrebbe erroneamente ritenuto non dovuti gli interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2002, sul presupposto della natura risarcitoria delle riserve oggetto di causa, non considerando che alcune di esse avevano invece natura di corrispettivo, essendo relative al riconoscimento di maggiori oneri sostenuti dall’appaltatore per l’esecuzione delle opere, in particolare in relazione alla sicurezza e alla progettazione.
Con il terzo motivo la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 145 del 2000, art. 30, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte di merito avrebbe dovuto riconoscere almeno gli interessi previsti da detta normativa, sempre in considerazione della natura non risarcitoria, ma corrispettiva, dell’oggetto di alcune delle riserve per le quali Strabag S.p.a. aveva agito.
Per ragioni logiche occorre esaminare innanzitutto il secondo motivo, che va dichiarato inammissibile.
Il giudice di appello ha respinto l’impugnazione proposta da Strabag S.p.a. avverso la sentenza di prime cure in base a due distinte ed autonome rationes: da una parte, la mancanza di esplicita domanda, in prime cure, per il riconoscimento degli interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2002; dall’altra parte, a fronte della natura risarcitoria del contenuto delle riserve per le quali l’appaltatore aveva agito. Con riferimento a tale secondo profilo, infatti, il giudice di merito afferma che “Nella specie hanno carattere risarcitorio le riserve tutte essenzialmente connesse a maggiori oneri e costi per il ritardo nella consegna di parte dei lavori che aveva determinato un anomali andamento degli stessi con una maggior durata contrattuale” (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata).
Con il secondo motivo la società ricorrente contesta detta seconda ratio, sostenendo la natura corrispettiva delle riserve e proponendo una ricostruzione ed una interpretazione della vicenda contrattuale alternativa rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito. La censura non tiene conto del fatto che “In tema di interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi, delle quali la prima consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà dei contraenti- è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., mentre la seconda -concernente l’inquadramento della comune volontà nello schema legale corrispondente- risolvendosi nell’applicazione di norme giuridiche può formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 29111 del 05/12/2017, Rv. 646340; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 420 del 12/01/2006, Rv. 586972).
Con il motivo in esame Strabag S.p.a. non contesta l’inquadramento normativo proposto dal giudice romano, ma soltanto il punto della decisione con cui la Corte di Appello, all’esito di apprezzamento di fatto, ha ravvisato la natura risarcitoria, e non corrispettiva, delle riserve per le quali la società odierna ricorrente aveva proposto la domanda. Tale valutazione non è utilmente sindacabile in questa sede, anche in considerazione del fatto che la ricorrente neppure deduce la violazione dei criteri di interpretazione del contratto di cui agli artt. 1362 e ss. c.c..
Per effetto dell’inammissibilità del secondo motivo va dichiarato assorbito il primo, posto che “Qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2108 del 14/02/2012, Rv. 621882; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013, Rv. 625631; Cass. Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016, Rv. 639158).
La terza censura, invece, va dichiarata inammissibile per difetto di specificità. Essa infatti presuppone accertamenti di fatto – in particolare, la ritardata emissione del certificato di pagamento, dalla quale deriverebbe l’obbligo della stazione appaltante di riconoscere gli interessi di cui al D.M. n. 145 del 2000 – che non risultano dalla sentenza impugnata; nè la ricorrente ha cura di specificare, nel corpo del motivo, da quale atto o documento acquisito al processo di merito la ritenuta debenza di detti interessi risulterebbe dimostrata. Inoltre, va considerato che nella narrativa del ricorso (cfr. pag. 3) la ricorrente accenna ad un tentativo di bonario componimento che ha preceduto, senza esito, la lite; dal che si desume che ANAS S.p.a. aveva contestato la debenza delle somme rivendicate da Strabag S.p.a., e dunque anche dei relativi interessi ed accessori. In assenza di certezza.
In definitiva, il secondo e terzo motivo vanno dichiarati inammissibili, ed il primo assorbito. Di conseguenza, il ricorso è nel suo complesso inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della società ricorrente di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
PQM
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200 di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali in ragione del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile, il 22 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021
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