Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.541 del 14/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 28018 del ruolo generale dell’anno 2014 proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si domicilia;

– ricorrente –

contro

F.P.G.;

– intimato –

Avverso la sentenza n. 500/1/14 della Commissione tributaria regionale del Piemonte depositata il 1.4.2014;

udita nella camera di consiglio del 14.10.2020 la relazione svolta dal consigliere Dott. Galati Vincenzo.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 500/1/14 la Commissione tributaria regionale del Piemonte ha esposto, in punto di fatto, che nei confronti di F.P.G. è stato emesso avviso di accertamento per l’anno 2006 con rideterminazione dei ricavi e del reddito d’impresa mediante esame analitico delle scritture contabili ed indagini finanziarie.

Il reddito è stato così rideterminato in Euro 550.527,00 in luogo di quello dichiarato pari ad Euro 46.523,00.

All’esito del contraddittorio con il contribuente (esercente attività ausiliaria di intermediazione finanziaria e sub agente assicurativo) è emerso, inoltre, che egli si era appropriato illecitamente negli anni dal 2005 al 2007 della somma di Euro 320.000,00 in danno di una propria cliente; somma di provenienza illecita e ripresa a tassazione L. n. 537 del 1993, ex artt. 4 e 4bis.

Avverso l’accertamento è stato proposto ricorso e la Commissione tributaria provinciale di Torino, con sentenza depositata il 6.3.2012, lo ha parzialmente accolto ritenendo giustificati gli importi versati in contanti in quanto riconducibili all’incasso di premi assicurativi, determinando il maggior reddito in Euro 135.000,00, oltre sanzioni.

La CTR, rigettata la preliminare eccezione di inammissibilità dell’appello per mancata sottoscrizione dell’atto notificato, ha respinto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate evidenziando che l’Ufficio non aveva svolto alcuna osservazione sulla rilevanza e veridicità dell’elenco relativo ai premi assicurativi gestiti e riscossi nel 2006 ed in base al quale la Commissione provinciale aveva espresso un giudizio di congruità circa i volumi di movimentazione bancaria e verosimiglianza in merito alla riscossione in contanti, tenuto conto della minima entità di ciascun importo.

Ulteriormente, la CTR ha valorizzato la plausibilità della tesi secondo cui il versamento di una parte dei premi è avvenuta in contanti con successivo deposito sui conti correnti personali del contribuente ed, infine, della società assicuratrice.

Sul punto, la CTR ha evidenziato come fosse “arduo” per il contribuente dimostrare la riferibilità di ciascuna movimentazione bancaria al singolo incasso segnalando, peraltro, la concordanza dei premi incassati e delle provvigioni con quelli relativi agli anni precedenti.

La CTR ha concluso ritenendo assolto l’onere probatorio a carico del contribuente relativo ai volumi complessivi delle movimentazioni, stante l’impossibilità di fornire la prova relativamente alle singole operazioni in ragione della loro estrema frammentarietà, così come degli incassi in contanti.

L’appello è stato così rigettato e le spese di lite interamente compensate.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidandolo ad un unico motivo.

F.P.G. è rimasto intimato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo ed unico motivo di ricorso l’Agenzia contesta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2.

La disposizione asseritamente violata individua una presunzione legale relativa di evasione circa le movimentazioni bancarie sui conti correnti riferibili al contribuente, purchè questi non dimostri di averne tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non abbiano rilevanza a tal fine.

E’ necessario, secondo la ricorrente, che si riconcili ogni singola movimentazione con i dati risultanti nella contabilità e nelle dichiarazioni fiscali o che venga fornita la prova che si tratti di operazioni non imponibili a fini iva ed irrilevanti fiscalmente.

Sul punto richiama precedenti di legittimità secondo cui la dimostrazione deve essere riferita ad ogni singola movimentazione, essendo prive di rilievo, ai fini indicati, affermazioni di carattere generale basate su elementi indiziari o di “verosimiglianza” aventi ad oggetto volumi complessivi dei flussi finanziari.

Il motivo è infondato.

La motivazione adottata dalla CTR per confermare la decisione di primo grado si concentra adeguatamente sulla valutazione complessiva di congruità della movimentazione bancaria oltre che di “verosimiglianza” in merito alla riscossione in contanti dei premi assicurativi.

Due circostanze depongono, secondo la ricostruzione della Commissione, a favore della tesi secondo cui gli importi in contestazione non costituivano “utili”, ma premi assicurativi: 1) la non contestazione sulla rilevanza e veridicità dell’elenco prodotto nel giudizio di primo rado contenente il riepilogo dei versamenti dei premi gestiti e riscossi nel 2006 ed in base ai quali la Commissione provinciale ha formulato un giudizio di congruità rispetto ai volumi di movimentazione bancaria e di verosimiglianza circa la riscossione in contanti dei premi, tenuto conto della loro minima entità; 2) la coincidenza con l’importo dei premi incassati dall’agente generale anche in relazione agli analoghi importi degli anni precedenti e la conseguente prova (sia pure indiretta) che l’ammontare delle provvigioni liquidate è in misura conforme agli anni precedenti.

La CTR ha altresì evidenziato l’oggettiva impossibilità, stante l’estrema frammentarietà dei versamenti, di ricostruire l’ammontare dei versamenti, se non in termini di volumi complessivi.

La sentenza ha fatto buon governo dei principi generali reiteratamente affermati dalla giurisprudenza di legittimità in punto di accertamenti bancari.

Non ignora questa Corte il costante orientamento (da ultimo ribadito da Cass. sez. 5, 30 giugno 2020, n. 13112, conforme, tra le molte, Cass. sez. 6-5, 3 maggio 2018, n. 10480) secondo cui “in tema di accertamenti bancari, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze”.

Nella fattispecie i giudici di merito, con valutazione concorde, hanno assegnato rilievo ai plurimi elementi sopra descritti; essi sono stati esaminati in relazione alla specificità della situazione concreta che attiene a premi assicurativi e, dunque, a molteplici piccoli versamenti la cui ricostruzione è stata operata complessivamente attraverso elementi dotati di una particolare pregnanza probatoria.

In tal senso depone l’adeguata valorizzazione dell’elenco dei premi riscossi, della minima entità dei singoli versamenti e, soprattutto, della concordanza con i premi incassati dall’agente generale e dalla corrispondenza con gli importi degli anni precedenti.

La disposizione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, asseritamente violata o falsamente applicata, è stata, in ragione della specificità della situazione (si verte in tema di plurimi micro versamenti di premi assicurativi), applicata correttamente e l’onere della prova è stato ritenuto adempiuto con valutazione insindacabile in questa sede.

Peraltro, l’onere del superamento della presunzione semplice di cui al citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 è stato correttamente ritenuto a carico del contribuente il quale lo ha assolto con le modalità consentite dalla situazione concreta.

Allo scopo di superare la presunzione, dunque, non si è fatto ricorso ad altra presunzione, ad affermazioni di carattere generale, nè ad equità (espressamente esclusi, in materia da Cass. sez. 5, 16 luglio 2020, n. 15161) bensì ad elementi concreti ed idonei a superare la presunzione.

La norma non è stata violata nè sotto il profilo della ripartizione dell’onere della prova, nè sotto quello del contenuto che detta prova deve fornire.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato.

Nessuna statuizione deve essere assunta sulle spese processuali essendo rimasta intimata la parte vittoriosa.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021

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