Azione revocatoria, contratto definitivo eseguito in adempimento di un precedente preliminare, elemento soggettivo, valutazione

Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.5415 del 26/02/2021

Pubblicato il
Azione revocatoria, contratto definitivo eseguito in adempimento di un precedente preliminare, elemento soggettivo, valutazione

In tema di revocabilità dei contratti definitivi costituenti esecuzione di precedenti contratti preliminari, il giudice, al fine di valutare l'elemento soggettivo ai sensi dell'art. 2901 c.c., deve riferirsi al momento di insorgenza della obbligazione di trasferimento della proprietà e, quindi, al perfezionamento del contratto preliminare.

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28015/2017 proposto da:

R.N., M.L., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. G. BELLI 36, presso lo studio dell’avvocato LUCA PARDINI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO LUIGI ANTONELLI 27, presso lo studio dell’avvocato PATRIZIA UBALDI, che lo rappresenta e difende;

IMPREPAR IMPREGILO PARTECIPAZIONI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. DEPRETIS 86, presso lo studio dell’avvocato PIETRO CAVASOLA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LEONARDA SILIATO;

– controricorrenti –

e contro

LA FAUSTA PINETA CONSORZIO DI COOPERATIVE EDILIZIE ARL IN LCA, I.F., PE.CA., B.T., B.U., BO.PA., C.M., C.P., CI.FR., D.P.E., G.E., T.L., V.A., COOPERATIVA EDILIZIA FARA 84;

– intimati –

e contro

F.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FABIO MASSIMO, 60, presso lo studio dell’avvocato VALERIO LAROSA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO MARASCA;

– resistenti –

nonchè da:

I.F., PE.CA., elettivamente domiciliati in ROMA, P.LE DELLE BELLE ARTI 8, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO PAGLIETTI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti incidentali –

e contro

M.L., R.N., IMPREPAR IMPREGILO PARTECIPAZIONI SPA, LA FAUSTA PINETA CONSORZIO DI COOPERATIVE EDILIZIE ARL IN LCA, P.M., B.T., B.U., BO.PA., C.M., C.P., CI.FR., D.P.E., F.F., G.E., T.L., V.A., COOPERATIVA EDILIZIA FARA 84;

– intimati –

avverso la sentenza n. 7483/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 12/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/10/2020 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Come emerge dalla sentenza di appello, con atto di citazione del 31 gennaio – 8 febbraio 2003, la S.p.A. Imprepar – Impregilio Partecipazioni S.p.A. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, il Consorzio di cooperative edilizie “la Fausta Pineta” s.c.a.r.l. in liquidazione, nonchè B.T., B.U., Bo.Pa., C.M. e P., Ci.Fr., D.P.E., F.F., G.E., I.F., M.L., R.N., T.L. ed V.A., deducendo che, in data 3 giugno 1987, la S.p.A. Lodigiani, alla quale era subentrata la società attrice, aveva stipulato con il Consorzio di cooperative “la Fausta Pineta” un contratto di appalto per la realizzazione di 320 unità abitative nel comprensorio di *****.

Nonostante il Consorzio fosse debitore verso l’impresa appaltatrice per il corrispettivo dei lavori eseguiti, nel corso degli anni 1998, 1999, 2000 e 2001, aveva trasferito ai soci gli alloggi oggetto di edificazione.

Ciò era avvenuto in violazione dell’art. 2.11 del Capitolato speciale di appalto in base al quale “l’assegnazione degli alloggi ai soci e l’immissione in possesso degli stessi simbolica o effettiva, non potrà essere effettuata dalla committente prima… che sia stato corrisposto all’impresa quanto dovuto dalla committente e dal socio a saldo”. Tanto premesso, l’attrice chiedeva che fossero revocati, ai sensi dell’art. 2901 c.c., gli atti di compravendita conclusi tra alcuni soci e il Consorzio, in quanto frutto di una condotta dolosamente preordinata ad impedire alla appaltatrice il soddisfacimento del proprio credito. Condotta posta in essere nella consapevolezza di arrecare pregiudizio all’impresa, rendendo più difficile la realizzazione del credito.

Si costituivano in giudizio il Consorzio di cooperative, Pe.Ca. e P.M.. Quest’ultima chiedeva di chiamare in causa la Cooperativa Edilizia Fara 84, della quale era socia. I convenuti costituiti contestavano la domanda, mentre rimanevano contumaci gli altri convenuti.

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 14 ottobre 2011, rigettava la domanda, compensando per intero le spese di giudizio. A fondamento della decisione il primo giudice rilevava che l’atto di assegnazione di un immobile da parte di una cooperativa rientrava nel concetto di atto a titolo oneroso, come tale assoggettabile a revocatoria ordinaria e che, ai fini del fruttuoso esperimento del rimedio revocatorio, occorreva che il terzo fosse consapevole del pregiudizio. Pertanto, l’attrice avrebbe dovuto fornire la dimostrazione della scientia damni da parte dei singoli assegnatari, dovendosi, in difetto, supporre che gli stessi non fossero a conoscenza del credito della società appaltatrice e della potenziale attitudine dell’atto dispositivo ad arrecare un pregiudizio all’impresa. Nel caso di specie i soci non avevano contezza del preciso contenuto del contratto di appalto ed essendo necessaria la conoscenza effettiva del danno apportato e non la semplice prevedibilità, tale requisito non poteva ritenersi sussistente. Inoltre, il numero degli alloggi che integravano la garanzia patrimoniale del creditore era rilevantissimo, pertanto i soci avrebbero ragionevolmente potuto confidare, in modo incolpevole, nel fatto che le parziali alienazioni non danneggiassero concretamente la società appaltatrice.

Avverso tale decisione proponeva appello la Imprepar – Impregilio Partecipazioni S.p.A. Si costituivano il Consorzio di cooperative in liquidazione, P.M., Pe.Ca. e I.F., contestando la fondatezza del gravame.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 12 dicembre 2016, accoglieva i motivi di impugnazione e, in riforma della sentenza gravata, dichiarava inefficaci, ai sensi dell’art. 2901 c.c., nei confronti della società appellante gli atti di assegnazione in oggetto.

Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione M.L. e R.N. affidandosi a tre motivi. Deposita controricorso P.M. aderendo alle argomentazioni oggetto del secondo e del terzo motivo del ricorso principale e chiedendone l’accoglimento. Depositano controricorso Pe.Ca. e I.F. condividendo le argomentazioni oggetto del secondo e del terzo motivo del ricorso principale e spiegando ricorso incidentale, affidandosi a quattro motivi. Resiste con controricorso la S.p.A. Imprepar – Impregilio partecipazioni, avverso il ricorso principale. Depositano memoria ex art. 378 c.p.c., i ricorrenti incidentali. F.F. si costituisce depositando la procura alle liti. La trattazione in udienza pubblica originariamente fissata per il 20 settembre 2019 è stata nuovamente fissata per la data odierna. E’ pervenuta in data 26 ottobre 2020, nell’interesse di F.F., una memoria ex art. 380 bis c.p.c., con atto di costituzione di nuovo difensore. Il Procuratore generale conclude per l’accoglimento del secondo e terzo motivo del ricorso principale e di quello adesivo di P.M. e l’accoglimento del primo e secondo motivo del ricorso incidentale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo M.L. deduce la violazione degli artt. 156,161,164,345 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, per mancata notifica dell’atto di citazione introduttivo e dell’atto di appello. Lamenta di non avere mai ricevuto, nè la notifica dell’atto di citazione, nè il successivo atto di appello e conseguentemente di non avere avuto conoscenza del giudizio instaurato dalla società Imprepar. Da ciò deriverebbe la nullità del procedimento e della sentenza impugnata. Si tratterebbe di vizi rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio e deducibili in cassazione poichè al ricorrente non è stato consentito di rilevare, nel giudizio di appello, il vizio relativo al primo grado, non avendo ricevuto neppure la notifica dell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado.

Con il secondo motivo entrambi i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione l’art. 2901 c.c. e la mancanza e la contraddittorietà della motivazione in ordine un punto decisivo della controversia e l’omesso esame di un fatto rilevante. La motivazione della Corte territoriale sarebbe contraddittoria nella parte in cui, da un lato fa presente che l’atto di assegnazione al socio della cooperativa rientra tra gli “atti dovuti”, mentre dall’altro precisa che, anche tale atto sarebbe revocabile nell’ipotesi in cui venga accertato che le attività preliminari dalle quali è sorto l’obbligo di trasferire la proprietà, sono contraddistinte da frode ai creditori. Al contrario, l’assegnazione, costituirebbe un atto effettuato a seguito di un debito scaduto, poichè l’atto di trasferimento della proprietà al socio è un atto solutorio, che troverebbe la propria causa nel precedente rapporto obbligatorio riguardante la relazione giuridica tra il Consorzio e la Cooperativa edilizia Fara 84. Sotto tale profilo la motivazione della Corte d’Appello non chiarirebbe se gli atti preliminari all’insorgenza dell’obbligo di trasferire la proprietà ai soci sono stati caratterizzati da frode ai creditori.

Con il terzo motivo si prospettano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, le medesime censure oggetto del motivo precedente, ma con riferimento all’elemento soggettivo dell’azione revocatoria. In particolare, la Corte d’Appello avrebbe dato per scontato che l’atto di assegnazione sarebbe sorto successivamente al sorgere del credito della ricorrente. Al contrario, dal punto di vista dell’assegnatario, l’atto di trasferimento costituisce l’ideale conclusione del rapporto che trae origine dalla costituzione della cooperativa, l’adesione del socio, il pagamento delle somme per gli stati di avanzamento dei lavori e infine l’assegnazione. Pertanto, il diritto alla assegnazione sorgerebbe al momento dell’entrata del socio nella cooperativa, quindi, in data certamente precedente al perfezionamento del credito della società Imprepar.

A prescindere da ciò, secondo i ricorrenti, non sussisterebbe la conoscenza del pregiudizio da parte dei soci assegnatari. La Corte d’Appello avrebbe fondato la prova dell’elemento soggettivo sulla circostanza che i soci, in ragione di tale qualità, avrebbero dovuto necessariamente conoscere il credito vantato dall’impresa appaltatrice. Al contrario, era notorio, secondo i ricorrenti, che solo gli organi direttivi della cooperativa si occupavano della gestione della cooperativa, mentre i soci, essenzialmente, seguivano l’evolversi della situazione con riferimento alla rispettiva unità abitativa.

Preliminarmente questa Corte deve rilevare l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 3, per la assoluta inidoneità dell’esposizione sommaria dei fatti, che, peraltro, si riferiscono ad una vicenda negoziale e societaria che presenta profili di particolare complessità. Nel ricorso introduttivo si legge semplicemente quanto segue:

con atto di citazione conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Roma tra gli altri gli odierni ricorrenti “per sentir revocato, ai sensi dell’art. 2901 c.c., l’atto di assegnazione intercorso tra la Fausta Pineta Consorzio cooperative edilizie a r.l. e gli odierni ricorrenti avente ad oggetto uno degli alloggi consortili. I signori M. – R. rimanevano contumaci nel giudizio di appello. In particolare, al primo non veniva notificato l’atto di citazione introduttivo. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 20011-2011, rigettava la domanda attrice, con la compensazione delle spese. Avverso detta sentenza proponeva appello la Imprepar – Impregilo partecipazioni S.p.A. presso la Corte d’Appello di Roma. All’udienza del 18 maggio 2016 le parti precisavano le conclusioni. La Corte d’Appello decideva come da dispositivo”. Si riporta l’accoglimento dell’appello, la dichiarazione di inefficacia nei confronti dell’appellante di una serie di atti di assegnazione e la pronunzia sulle spese.

Il ricorso non rispetta il presupposto della esposizione sommaria dei fatti prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3. Tale requisito è considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso e deve consistere in una esposizione sufficiente a garantire alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., Sez. U., Sentenza n. 11653 del 18/05/2006, Rv. 588770 – 01; conf.: Sez. 3, Ordinanza n. 22385 del 19/10/2006, Rv. 592918 01; Sez. 3, Sentenza n. 15478 del 08/07/2014, Rv. 631745 – 01; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 16103 del 02/08/2016, Rv. 641493 – 01).

La prescrizione del requisito in questione non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass., Sez. U, Sentenza n. 2602 del 20/02/2003, Rv. 560622 – 01; Sez. L, Sentenza n. 12761 del 09/07/2004, Rv. 575401 – 01).

Stante tale funzione, per soddisfare il suddetto requisito è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed infine del tenore della sentenza impugnata. Il ricorso in esame, nell’esposizione del fatto, non presenta tale contenuto minimo.

In effetti, il tenore dell’esposizione del fatto risulta omettere:

a) l’indicazione dei fatti costituivi della domanda. Si fa riferimento ad una domanda revocatoria avente ad oggetto un atto di assegnazione intercorso tra i ricorrenti e due soggetti giuridici non menzionati nell’esposizione del fatto (la Fausta Pineta ed il Consorzio cooperative edilizie, ma nulla si dice della posizione negoziale di tali soggetti). Si parla di assegnazione di alloggi consortili, ma non viene spiegato in alcun modo il ruolo della attrice S.p.A. Imprepar, si omette del tutto la complessa vicenda sociale e contrattuale che ha preceduto l’azione revocatoria, non si fa riferimento alla costituzione di una cooperativa, all’attività del Consorzio, ai rapporti negoziali tra tali soggetti, alla conclusione di un contratto di appalto, al subentro dell’attrice ad una precedente società, alla esistenza di clausole che avrebbero impedito l’assegnazione di alloggi prima di determinati adempimenti, ecc.;

b) sono del tutto omesse le questioni processuali fatte valere dai convenuti costituiti, dei quali non si fa neppure menzione;

c) le modalità di svolgimento del giudizio di primo grado sono del tutto mancanti;

d) le ragioni della decisione di primo grado difettano del tutto;

e) non sono indicati i motivi di appello e le parti che si sono costituite nel giudizio di secondo grado;

f) mancano del tutto e ragioni poste a sostegno della sentenza impugnata, limitandosi i ricorrenti a trascrivere il dispositivo.

Peraltro la totale mancanza di specificità riguarda non solo la parte dedicata alla illustrazione dei motivi, ma anche il resto del ricorso, perchè si introducono questioni che richiedono di specificare a monte i ruoli dei soggetti coinvolti. Così, il secondo ed il terzo motivo restano oscuri al di là di quello che si dirà in seguito con riferimento ai ruoli del Consorzio e della cooperativa ed in particolare, nel secondo motivo, si sostiene la tesi secondo cui l’atto di assegnazione sarebbe un atto solutorio che trova causa nel rapporto obbligatorio tra Consorzio e Cooperativa edilizia Fara 84, ma di quest’ultima cooperativa non si dice nulla e compare per la prima volta citata nel secondo motivo, senza spiegare quale sarebbe il ruolo della stessa nei confronti dell’appaltatore e del Consorzio; non si chiarisce che i soci avrebbero versato delle somme secondo lo stato di avanzamento dei lavori e non si fa riferimento a tutte le vicende che hanno preceduto l’inizio del giudizio e che riguardavano la lunga storia della costruzione degli alloggi.

Il profilo della inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 3, si estende alle considerazioni in adesione della controricorrente P.M. e, ove occorra, di F.F..

Il ricorso di Pe.Ca. e I.F. denominato “incidentale” va correttamente qualificato come ricorso principale autonomo, notificato il 29 dicembre 2017 e relativo un giudizio instaurato nell’anno 2003, quindi, anteriormente all’anno 2009 (L. n. 69 del 2009), per il quale opera il termine lungo di un anno al quale, ai fini della valutazione della tempestività del ricorso per cassazione, occorre aggiungere il termine di sospensione feriale riferito ad una sentenza pubblicata il 12 dicembre 2016 (che è, quindi, pari a 31 giorni, in quanto depositata successivamente al 2015). Pertanto, il termine lungo per l’impugnazione (12 dicembre 2016 + 1 anno + 31 gg.) scadeva il 12 gennaio 2018, con conseguente tempestività del ricorso in questione.

Con il primo motivo Pe.Ca. e I.F. deducono, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione l’art. 2901 c.c., comma 3 e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo. Diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, gli atti di assegnazione degli alloggi ai soci di cooperative edilizie costituirebbero atti “dovuti”, in quanto tali non soggetti a revoca. In particolare, l’assegnazione degli alloggi ai ricorrenti non potrebbe integrare una disposizione del Consorzio a favore dei soci al fine di frodare l’appaitatore, perchè quel trasferimento troverebbe la propria origine negoziale nella adesione del Pe. alla cooperativa edilizia consorziata “La Favorita” e nel pagamento, in favore del Consorzio, di consistenti somme di denaro, a titolo di acconto, oltre che nell’accollo da parte di Pe. di una quota parte del mutuo contratto dal Consorzio. Solo sulla base di tali obbligazioni i ricorrenti incidentali avrebbero conseguito il diritto od ottenere l’assegnazione degli alloggi prenotati. Questo confermerebbe la correttezza della tesi sostenuta dai ricorrenti principali secondo cui, dal punto di vista dell’elemento soggettivo, il diritto dell’assegnatario al trasferimento dell’alloggio sarebbe sorto nel momento dell’ingresso del socio nella cooperativa e, pertanto, in data precedente al sorgere del credito dell’appaltatore nei confronti del Consorzio. In tal senso militerebbe la ricostruzione storica e fattuale delle vicende che hanno riguardato la costituzione del Consorzio di Cooperative Edilizie La Fausta Pineta iniziate nel 1983, con la costituzione del Consorzio, proseguite con l’acquisto dei terreni fino al 1990, la conclusione del primo contratto di appalto, il 3 giugno 1987, successivamente modificato nel 1991 e nel 1994, proseguito con la consegna provvisoria del 6 giugno 1995 e con il successivo verbale di consegna provvisoria da parte del Consorzio a La Fausta Pineta S.r.l. alla S.r.l. La Favorita e con successiva decisione adottata, a seguito di assemblea ordinaria della cooperativa, di procedere ai rogiti di compravendita in favore dei soci indipendentemente dal contenzioso esistente con l’appaltatore. Tali elementi fattuali non sarebbero stati presi in esame dalla sentenza della Corte d’Appello. E questo non consentirebbe di chiarire il profilo decisivo, richiamato anche nella sentenza impugnata, e cioè se le attività preliminari dalle quali è sorto l’obbligo di trasferire la proprietà degli alloggi erano, nello specifico, contraddistinte o meno da frode ai creditori. Sotto tale profilo la motivazione sarebbe lacunosa e generica perchè la Corte non chiarirebbe se tali atti integravano l’ipotesi di frode ai creditori.

Con il secondo motivo si lamenta la violazione delle medesime norme e l’omesso esame di un fatto decisivo, con riferimento al requisito della scientia damni. In particolare, secondo la giurisprudenza di legittimità, l’elemento rilevante avrebbe dovuto essere la prova dell’esistenza di atti in frode ai creditori, da individuare nell’attività preliminare all’assegnazione degli alloggi. Secondo la tesi sostenuta dai ricorrenti principali e avallata dai ricorrenti incidentali, attesa l’anteriorità del diritto dell’assegnatario al trasferimento dell’immobile rispetto al diritto di credito dell’appaltatore, quest’ultimo avrebbe dovuto dimostrare l’elemento del consilium fraudis e cioè la dolosa preordinazione del debitore di spogliarsi del patrimonio. Ma tale elemento non emergerebbe dalle risultanze processuali poichè gli atti di assegnazione in favore dei singoli soci avrebbero la natura giuridica di atti dovuti trovando la propria origine negoziale nell’adesione dei soci alla Cooperativa edilizia consorziate “La Favorita” e, soprattutto, nel pagamento da parte dei singoli soci, ed in favore del Consorzio, di significative somme versate in acconto. Ma anche accedendo alla tesi opposta, fatta propria dalla Corte territoriale, secondo cui il credito sarebbe anteriore rispetto all’atto dispositivo, non risulterebbe la prova del requisito della conoscenza o dell’agevole conoscibilità del pregiudizio da parte del terzo (socio). Ciò emergerebbe da almeno cinque elementi. In primo luogo, in occasione dell’assemblea ordinaria della cooperativa edilizia del 30 novembre 1995, discutendo sull’opportunità di procedere ai rogiti di compravendita, il presidente del Consorzio La Fausta Pineta, in ragione della propria qualificazione professionale (dirigente del Ministero dell’Economia) affermò che nulla ostava alla stipula del rogito notarile. In secondo luogo, dalle note integrative ai bilanci della cooperativa La Favorita del 1999 e 2000 emergerebbe che il Consorzio era convinto dell’insussistenza di valide pretese dell’appaltatore, tanto che aveva omesso di accantonare somme a tal fine. In terzo luogo, i verbali di consegna provvisoria ai soci contenevano una generica adesione, da parte dei soci, al contratto di appalto originario, del 3 giugno 1987 e ai successivi, senza alcun riferimento alle clausole e senza conoscere il contenuto delle successive modifiche. In quarto luogo, la clausola menzionata dalla Corte territoriale sarebbe comunque – nulla, comportando una limitazione alla libertà contrattuale del Consorzio. Infine, il costo dell’alloggio concretamente pagato dai soci comprendeva anche i costi di costruzione in favore dell’appaltatore. Pertanto, i soci erano convinti di avere saldato il prezzo convenuto tra il Consorzio e la società appaltatrice.

Con il terzo motivo si lamenta la violazione delle medesime disposizioni oggetto dei precedenti motivi, con riferimento al requisito dell’eventus damni. Contrariamente alla tesi sostenuta dalla Corte d’Appello, le assegnazioni degli immobili non integravano un pericolo di danno, perchè esaminando ogni singola posizione, quel trasferimento derivava dal collegamento negoziale tra la adesione dei soci alla Cooperativa edilizia e il versamento del prezzo e l’accollo del mutuo del Consorzio. Pertanto, all’esito di tali obbligazioni, la società appaltatrice non avrebbe potuto lamentare un danno, perchè il prezzo era stato effettivamente pagato. In particolare, la controversia tra il Consorzio committente e l’appaltatore riguardava una piccola parte residuale del prezzo convenuto; ma i soci erano del tutto estranei a tali vicende.

Appare preliminare l’esame del secondo motivo, atteso che l’indagine del giudice di merito avrebbe dovuto avere ad oggetto la questione della preordinazione dolosa del debitore di spogliarsi del patrimonio, ricorrendo l’ipotesi peculiare di trasferimento della proprietà di un alloggio in favore di soci di una cooperativa, per il quale sia stata prospettata la fattispecie della frode ai creditori.

Il secondo motivo è fondato, ricorrendo l’ipotesi della violazione dell’art. 2901 c.c., con riferimento al requisito della scientia damni. L’elemento centrale dell’indagine demandata al giudice di merito nella valutazione dell’elemento soggettivo va riferita “al momento dell’attività preliminare all’assegnazione” (Cass. n. 1444-2015) ed in particolare il giudice di merito deve verificare se “le attività preliminari dalle quali è sorto l’obbligo di trasferire la proprietà” sono contraddistinte da frode ai creditori (Cass. n. 20677-2012). Conseguentemente, la valutazione della Corte territoriale avrebbe dovuto riguardare la specifica individuazione degli atti preparatori, al fine di verificare se gli adempimenti riguardanti tali attività preliminari all’assegnazione erano stati svolti in frode dei creditori. L’argomentazione della Corte territoriale presenta, pertanto, un salto logico, poichè omette di indicare e qualificare gli atti preliminari all’assegnazione. In particolare, la Corte d”Appello, dopo avere enunciato la premessa giuridica secondo cui l’atto con il quale una società cooperativa trasferisca al socio la proprietà di un alloggio non sfugge alla revocatoria ordinaria, nel caso in cui le attività preliminari risultino contraddistinte da frode ai creditori (pagina 5), si occupa delle caratteristiche dell’elemento soggettivo della consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi, precisando che lo stesso deve integrare la scientia damni (pagina 6) e individua alcuni elementi indiziari dai quali sarebbe possibile presumere la sussistenza di tale consapevolezza (gli assegnatari degli immobili erano tutti i soci delle cooperative consorziate; i soci avrebbero potuto avere cognizione del contenuto della clausola di cui al punto 2.11).

Orbene, sotto tale profilo la Corte territoriale applica alla fattispecie in esame un criterio diverso rispetto a quello delle condotte costituenti frode ai creditori e non chiarisce e, quindi, neppure riferisce l’indagine alla fase degli atti preparatori all’assegnazione, da valutare autonomamente, al fine di accertare con i consueti strumenti consentiti in materia di sezione revocatoria (la prova può essere fornita con ogni mezzo, anche per presunzioni: Cass. n. 27546 del 30 dicembre 2014 ed altre) la sussistenza delle condotte richiamate dalla medesima Corte territoriale nella premessa della motivazione (Cass. n. 20677 del 22 novembre 2012).

La Corte d’Appello omette di argomentare sull’elemento fattuale, rappresentato dalla conclusione dei singoli contratti che prevedono la clausola di previa estinzione del debito residuo, al fine di qualificare correttamente tale elemento, non solo per la sua incidenza sulla conoscenza dell’esistenza della citata clausola (di cui al punto 2.11), ma anche ai fini della dimostrazione della condotta in frode del creditore richiesta nella specifica fattispecie.

Come rilevato dal Procuratore generale, il rapporto che esiste fra la prenotazione dell’alloggio, da parte del socio della cooperativa e l’assegnazione dello stesso, è paragonabile a quello esistente fra contratto preliminare e definitivo (Cass. n. 23514-2016).

La giurisprudenza di legittimità in tema di revocabilità dei contratti definitivi costituenti esecuzione di precedenti contratti preliminari, riferisce l’indagine sull’elemento soggettivo al momento di insorgenza della obbligazione di trasferimento della proprietà e, quindi, al perfezionamento del contratto preliminare (Cass. n. 17069-2019) e, pertanto, nel caso di specie, al momento della prenotazione.

Al contrario, come rilevato, l’esame della scientia damni non è stato ancorato dalla Corte territoriale ad un momento preciso, perchè il giudice di appello si è limitato a desumere presuntivamente la conoscenza in capo agli assegnatari del pregiudizio creditorio, dalla presenza della citata clausola 2.11 del capitolato di appalto ed dalla qualità di soci delle cooperative consorziate. Non è stato, però, considerato che il capitolato di appalto era stato stipulato fra Consorzio delle Cooperative (e non singole cooperative, delle quali i ricorrenti erano soci) e appaltatore Imprepar Impregilo Partecipazioni S.p.A..

Il subentro del socio nella suddetta clausola, avvenuto con l’assegnazione definitiva, costituisce – pertanto – un profilo che va opportunamente rimeditato, tenendo conto che la rilevanza dell’elemento soggettivo va valutata al momento della prenotazione.

Di tali questioni dovrà occuparsi il giudice del rinvio, sulla base di tutti gli elementi già sottoposti all’esame del giudice di appello e da valutare nella prospettiva indicata in premessa.

In ragione dell’accoglimento di tale motivo è assorbita la prima censura.

Infatti, la questione della anteriorità è superata dal fatto che l’indagine del giudice di merito dovrà comunque riguardare il profilo della dolosa preordinazione del debitore di spogliarsi del patrimonio, in quanto, secondo l’orientamento di questa Corte (Cass. n. 144-2015 e Cass. n. 20677-2012) per valutare la sussistenza dell’elemento soggettivo dell’art. 2901 c.c., in materia di trasferimento al socio di una cooperativa della proprietà di un alloggio, al giudice del merito spetta di verificare se “le attività preliminari dalle quali è sorto l’obbligo di trasferire la proprietà” sono contraddistinte da frode ai creditori.

Il terzo motivo è inammissibile, perchè buona parte delle argomentazioni dei ricorrenti riguarda il merito della controversia e attiene a profili fattuali, che non possono essere valutati in questa sede. Così il riferimento al pagamento in favore dell’appaltatore del prezzo relativo alla costruzione degli alloggi e alla circostanza che solo una piccola parte di tali costi non sarebbe stato corrisposto dal Consorzio, sulla base di presunti ritardi nell’esecuzione delle opere.

Con il quarto motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, nn. 3 e 5, la violazione delle norme di diritto con riferimento al requisito della determinabilità del credito oggetto della domanda ai sensi dell’art. 160 c.p.c., nn. 3 e 4 e art. 342 c.p.c.. Come evidenziato nel corso del giudizio la domanda della società Imprepar sarebbe infondata perchè, a seguito della transazione del 29 luglio 2003, sarebbe venuto meno il presunto credito posto a fondamento dell’azione revocatoria con conseguente indeterminatezza della domanda ai sensi dell’art. 163 c.p.c.. La stessa società, in sede di appello, aveva dedotto che, nelle more del giudizio di primo grado, era intervenuta una transazione con la con la quale le parti “convenivano di ridurre la somma dovuta all’impresa ad Euro 2.583.000”.

La somma residua sarebbe stata corrisposta dalla gran parte dei soci rispetto ai quali vi sarebbe stata una rinuncia alla domanda reale. Conseguentemente, per effetto della transazione, l’originario credito sarebbe stato suddiviso per quote, ai sensi dell’art. 1304 c.c., anche con riferimento alla posizione di coloro che non avevano provveduto al pagamento.

Il motivo è inammissibile per una pluralità di ragioni. In primo luogo i ricorrenti non hanno interesse a far valere una eccezione che sarebbe stata sollevata dalla controparte nel giudizio di appello e lamentare che tale eccezione non sarebbe stata presa in esame dalla Corte. In secondo luogo, il tema esula del tutto dai limiti dell’art. 360 c.p.c., n. 5, che si riferisce al mancato esame di un fatto storico e non all’omessa valutazione di una questione di diritto. In terzo luogo, la tematica è dedotta in totale violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, poichè non viene trascritto il testo della transazione, allegato il documento o, comunque, localizzato all’interno del fascicolo di legittimità. In quarto luogo, già dalla lettura del motivo emerge che la appellante, società Imprepar, aveva fatto riferimento ad una transazione stragiudiziale tesa a ridurre e non azzerare la somma dovuta all’impresa e il credito residuo sarebbe stato corrisposto da una parte dei soci con i quali, in virtù di tale pagamento, sarebbe intervenutà rinunzia alla domanda giudiziale. E’ evidente, pertanto, che con riferimento alla posizione degli altri, la questione non assume alcun rilievo attesa, peraltro, l’assoluta novità della censura riferita all’art. 1304 c.c., di cui la Corte d’Appello non si occupa. I ricorrenti non deducono e allegano di avere sottoposto all’esame della Corte territoriale anche tale questione.

Ne consegue che il ricorso per cassazione proposto da Pe.Ca. e I.F. deve essere accolto limitatamente al secondo motivo, mentre è assorbito il primo motivo e va dichiarato inammissibile il terzo motivo, unitamente agli altri; va dichiarato inammissibile il ricorso principale proposto da M.L. e R.N. e quelli adesivi a tale ricorso di P.M. e F.F..

La sentenza va cassata con rinvio, atteso che la Corte territoriale ha erroneamente valutato il profilo della scientia damni in capo ai singoli assegnatari.

P.Q.M.

La Corte accoglie ricorso proposto da Pe.Ca. e I.F. limitatamente al secondo motivo; assorbito il primo e inammissibili gli altri;

dichiara inammissibile il ricorso proposto da M.L. e R.N.;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 27 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2021

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