Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.549 del 14/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15810/2014 proposto da:

A.A., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA DEI PRATI DEGLI STROZZI 22, presso lo studio dell’avvocato GAETANO VENETO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati ELISABETTA LANZETTA, GIUSEPPINA GIANNICO, CHERUBINA CIRIELLO, SEBASTIANO CARUSO, FRANCESCA FERRAZZOLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3968/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 07/06/2013 R.G.N. 8694/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/09/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CIMMINO Alessandro, che ha concluso per inammissibilità, in subordine rigetto;

udito l’Avvocato GAETANO VENETO;

udito l’Avvocato CHERUBINA CIRIELLO.

FATTI DI CAUSA

1. con sentenza in data 7 giugno 2013 n. 3968 la Corte d’Appello di Roma, per quanto ancora in discussione, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, rigettava la domanda proposta dagli odierni ricorrenti (e da altri litisconsorti), tutti dipendenti dell’INPS inquadrati nella posizione B1, per l’accertamento del proprio diritto a partecipare alla procedura di selezione interna bandita dall’Istituto nell’anno 2008 per la progressione alla posizione ordinamentale B2.

2. La Corte territoriale osservava che i dipendenti erano stati assunti negli anni 2002-2003 con contratto di formazione e lavoro, la cui legittimità non era contestata, poi più volte prorogato ex lege; la trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato era avvenuta soltanto il 12 dicembre 2007. I lavoratori, pertanto, non erano dipendenti a tempo indeterminato alla data del 31 dicembre 2006, requisito richiesto dal Contratto collettivo nazionale integrativo INPS del 2006 (art. 2, comma 1) per la partecipazione alle procedure selettive interne.

3. Non trovava applicazione il D.L. n. 726 del 1983, art. 3, comma 9, convertito in L. n. 863 del 1984, in quanto non si era verificata alcuna violazione da parte della amministrazione pubblica degli obblighi derivanti dal contratto di formazione e lavoro. Peraltro, la norma non sarebbe stata comunque applicabile al rapporto di formazione e lavoro, per quanto disposto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36.

4. Hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza i lavoratori in epigrafe indicati, articolato in due motivi di censura, cui l’INPS ha resistito con controricorso.

5. Le parti ricorrenti hanno depositato memoria.

6. La causa, già avviata alla trattazione camerale, è stata rinviata a nuovo ruolo con ordinanza del 18 dicembre 2019 per la discussione in pubblica udienza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. con il primo motivo i ricorrenti hanno dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione o falsa applicazione della L. n. 863 del 1984, art. 3, D.P.R. n. 487 del 1994, art. 2, comma 7, del principio di non discriminazione sancito dalla direttiva 1999/70/CE e dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6, attuativo di tale direttiva.

2. Si assume la inderogabilità della disposizione di cui alla L. n. 863 del 1984, art. 3, commi 5 e 12, attuativa del principio di non discriminazione tra dipendenti a termine e dipendenti a tempo indeterminato. Si pongono ulteriori questioni di discriminazione, tanto rispetto alle previsioni della selezione interna relative alla posizione Cl che rispetto ai dipendenti parimenti assunti con contratto di formazione e lavoro che, avendo fruito della trasformazione in epoca precedente al 31.12.2006, avevano avuto accesso alla medesima selezione.

3.1 ricorrenti hanno infine denunciato la illegittimità del bando per violazione del D.P.R. n. 487 del 1994, art. 2, comma 7, a tenore del quale i requisiti di partecipazione alle procedure concorsuali devono essere posseduti alla data di scadenza del termine stabilito nel bando per la presentazione della domanda di partecipazione (momento in cui il loro rapporto era stato già trasformato a tempo indeterminato).

4. Il motivo è fondato, nei sensi di seguito esposti.

5. Giova premettere in fatto, per quanto risulta dalla sentenza impugnata ed è, comunque, pacifico tra le parti che:

– l’art. 2, comma 1, del CCNI INPS 2006, trascritto nella sentenza impugnata, stabiliva: “alle procedure di cui al presente articolo partecipano i dipendenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato inseriti nei ruoli dell’Istituto alla data del 31.12.2006”;

– la trasformazione del rapporto di formazione e lavoro dei ricorrenti in rapporto a tempo indeterminato è avvenuta, come accertato nella stessa sentenza, con provvedimento del 12 dicembre 2007, successivamente alla data suddetta;

– al momento della selezione (il bando è del 23 giugno 2008 e la domanda doveva essere presentata entro il 60 giorno successivo alla sua pubblicazione) il rapporto di formazione e lavoro si era trasformato in rapporto a tempo indeterminato 6. Tanto esposto in fatto, si rileva che la questione sollevata in riferimento alle previsioni del D.P.R. n. 487 del 1994, art. 2, comma 7, è stata già esaminata da questa Corte nelle sentenze 12.10.2017 n. 24019 e 8 gennaio 2018 n. 214, rese in fattispecie sovrapponibili, seppure a parti invertite.

7. Ivi la Corte, accogliendo il ricorso dell’INPS, ha chiarito che nel pubblico impiego privatizzato la disciplina delle procedure selettive interne finalizzate alla progressione economica o professionale all’interno della medesima area o fascia è affidata alla contrattazione collettiva, che può derogare alle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 487 del 1994, nel rispetto del criterio di selettività.

8. Tale principio, cui ha dato seguito la giurisprudenza successiva (Cassazione civile sez. lav., 30/05/2019, n. 14803), deve essere in questa sede ribadito.

9. Nei precedenti citati non è stata, invece, affrontata la questione della compatibilità dell’art. 2 del CCNI INPS 2006 con la disposizione del D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 3, comma 5. Nella citata sentenza n. 24019/2017 si invita, anzi, il giudice del rinvio a considerare “ai fini del giudizio di compatibilità della disposizione collettiva con la disciplina statale, e di legittimità dell’esercizio dei poteri contrattuali, che, ai sensi del D.L. n. 726 del 1984, art. 3, comma 5, conv. con modif. in L. n. 863 del 1984, in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato il periodo di formazione e lavoro deve essere computato nell’anzianità di servizio (sull’applicazione di detto principio, da ultimo, Cass., n. 8590 del 2017, n. 3207 del 2016, n. 18946 del 2014, n. 13496 del 2014)”.

10. In questa sede la Corte è chiamata ad esprimere il suddetto giudizio di compatibilità, che deve confrontarsi, come indicato nel precedente citato, con i principi già enunciati nell’interpretare il D.L. n. 726 del 1984, art. 3, comma 5, a tenore del quale: “il periodo di formazione e lavoro è computato nell’anzianità di servizio in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato”.

11. Occorre prendere le mosse dall’arresto a Sezioni Unite del 23 settembre 2010, n. 20074. Si è ivi ritenuto che la contrattazione collettiva, a fronte della prescrizione legale suddetta, non può “sterilizzare” il periodo di formazione e lavoro prevedendo che a qualche fine – (nella specie il regime contrattuale degli scatti di anzianità) – esso non valga; la contrattazione può sì disciplinare nel modo più vario istituti contrattuali rimessi interamente alla sua regolamentazione (come gli scatti di anzianità) ma non potrebbe introdurre un trattamento in senso lato discriminatorio in danno dei lavoratori che abbiano avuto un pregresso periodo di formazione. A tale conclusione si è pervenuti sul rilievo che l’equiparazione ex lege opera anche come una clausola di non discriminazione: il lavoratore, una volta inglobata nella sua anzianità di servizio il pregresso periodo di formazione e lavoro, non può più essere discriminato in ragione del fatto che una porzione della sua anzianità di servizio è tale solo in forza dell’equiparazione legale.

12. Detto principio è stato posto a base della giurisprudenza successiva (ex aliis: Cass. n. 5228/2015; 7981/2015; 18045/2015; 8228/2016; 13066/2016) ed è stato costantemente applicato come limite inderogabile all’autonomia delle parti collettive.

13. Così, Cass. sez. lav. 13 giugno 2014 n. 13496 ha ritenuto che il D.L. n. 726 del 1984, art. 3, comma 5, osta ad una previsione di contratto collettivo che nel sopprimere un elemento retributivo lo mantenga in favore dei lavoratori a tempo indeterminato in forza alla data della soppressione senza includere nella clausola di salvaguardia i lavoratori che alla stessa data erano assunti con contratto di formazione e lavoro poi trasformato in rapporto a tempo indeterminato.

14. Cass. sez. lav. 18 febbraio 2016, n. 3207 – nel ribadire la illegittimità di una disciplina collettiva che preveda il mantenimento di alcuni emolumenti solo per il personale in servizio a tempo indeterminato ad una certa data e non per chi, alla stessa data, era in contratto di formazione e lavoro – ha sottolineato che l’intento del legislatore è quello di una equiparazione (periodo di formazione lavoro-periodo di lavoro ordinario) di carattere generale, che opera a tutto campo perseguendo una esigenza di riequilibrio e di contemperamento.

15. Cass. sez. lav. 03 aprile 2017 n. 8590, sempre in tema di pattuizioni collettive sulla conservazione di benefici economici contrattuali, ha evidenziato che nella disciplina di cui al D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 3, comma 5, la regola del computo del periodo di formazione e lavoro nell’anzianità di servizio è riferita ad una fattispecie di “trasformazione” del rapporto, termine che comporta, per il suo univoco significato, il riconoscimento dell’unicità del rapporto stesso fin dall’inizio dell’attività lavorativa pattuita con il contratto di formazione e lavoro, non diversamente da quanto stabilito dall’art. 3, comma 11, per la “conversione” in rapporto a tempo indeterminato dello stesso contratto nel corso del suo svolgimento. L'”anzianità di servizio” considerata dalla suddetta disposizione definisce la dimensione temporale di questo unico rapporto, privo di soluzione di continuità, nel quale va incluso il periodo di formazione e lavoro. Si è dunque esclusa la rilevanza di una disciplina negoziale che, nell’ipotesi di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro, consideri l’assunzione in pianta stabile come “fatto storico” piuttosto che come “effetto giuridico” derivante direttamente dalla norma inderogabile di legge che regola la fattispecie.

16. L’elemento di novità della presente vicenda consiste nel fatto che la anzianità di servizio viene in rilievo non ai fini economici ma ai fini giuridici ed, in particolare, per la ricostruzione di carriera ai fini di una progressione professionale.

17. Deve in proposito darsi atto che questa Corte (Cass. sez. lav. 3 maggio 2018 n. 10528) ha reputato legittima una clausola sovrapponibile del tenore a quella qui in esame, contenuta in un bando di selezione dell’INAIL (si prevedeva quale requisito di partecipazione alla selezione l’essere in servizio con contratto a tempo indeterminato presso l’INAIL alla data del 31.12.2009). Nella fattispecie ivi considerata, tuttavia, non veniva in rilievo la anzianità di servizio acquisita dai dipendenti dell’ente nel corso di un precedente periodo di formazione e lavoro ma la posizione di coloro che, pur essendo dipendenti dell’INAIL al momento della selezione, provenivano da un altro ente pubblico (IPSEMA), alle cui dipendenze si trovavano alla data prevista nel bando (id est: il 31.12.2009).

18. La disciplina di riferimento è di tenore diverso nelle due fattispecie:

– nel caso considerato da Cass. n. 10528/2018 la norma regolatrice era il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 31, che richiamando l’art. 2112 c.c., prevede la prosecuzione del rapporto di lavoro con il cessionario e la conservazione “di tutti i diritti che ne derivano”. Per consolidata giurisprudenza di questa Corte la anzianità di servizio non è di per sè un diritto ma una dimensione temporale del rapporto di lavoro, che può, semmai, essere alla base di diversi e specifici diritti (per tutte: Cassazione civile sez. lav., 26 aprile 2018, n. 10131). In coerenza con tale principio si è, dunque, affermato che l’anzianità di servizio di per sè non costituisce un diritto che il lavoratore possa far valere nei confronti del nuovo datore di lavoro e che quest’ultimo ben può valorizzare ai fini della progressione di carriera l’esperienza professionale specifica maturata alle proprie dipendenze, differenziandola da quella riferibile alla pregressa fase del rapporto.

– nella fattispecie di causa, invece, il D.L. n. 726 del 1984, art. 3, comma 5, dispone che in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato “il periodo di formazione e lavoro è computato nella anzianità di servizio”. Le Sezioni Unite, nella citata sentenza n. 20074/2010, hanno osservato che la norma di tutela si riferisce specificamente all'”anzianità di servizio”, che, in sè considerata, costituisce la dimensione diacronica di un fatto, qual è l’espletamento del servizio da parte del lavoratore; quindi essa riguarda una situazione di fatto (periodo di formazione e lavoro seguito da periodo di lavoro ordinario) rilevante ai fini di vari istituti di fonte legale o contrattuale. La regola dettata dal legislatore è quella di un’equiparazione (periodo di formazione e lavoro – periodo di lavoro ordinario) di carattere generale, che, non riferendosi specificamente ad alcun istituto giuridico – nè di fonte legale nè di fonte contrattuale-opera a tutto campo, perseguendo un’esigenza di riequilibrio e di contemperamento. La ratio della norma è stata così ravvisata: ” il legislatore ha inteso tutelare la formazione conseguita anche con questa prescrizione di riequilibrio, in qualche misura, della mancanza di stabilità del rapporto di formazione e lavoro (in quanto a termine), con l’equiparazione della formazione e lavoro a lavoro tout court quando – e se – il rapporto di formazione e lavoro si trasforma in (o è seguito, entro certi limiti di tempo, da) un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. E questa equiparazione ha posto con prescrizione di carattere generale, a tutto campo, senza limitazione alcuna”.

19. Dalla coerente applicazione di tali principi discende che la previsione del CCNI INPS, art. 2, comma 1, che ammette alla selezione per la progressione orizzontale i dipendenti “con rapporto di lavoro a tempo indeterminato inseriti nei ruoli dell’Istituto alla data del 31.12.2006”, nell’escludere i dipendenti che alla stessa data erano in servizio in forza di un contratto di formazione e lavoro trasformato, al momento della selezione, in rapporto a tempo indeterminato, è in contrasto con il D.L. n. 726 del 1984, art. 3, comma 5.

20. La previsione inderogabile del D.L. n. 726 del 1984, art. 3, comma 5, limita anche la autonomia delle parti collettive del pubblico impiego privatizzato.

21. Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 2, tanto nel testo vigente ratione temporis che nel testo risultante dalle modifiche successive, abilita la contrattazione collettiva a derogare ad eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche (o a categorie di essi) e non a già a derogare alle disposizioni imperative del codice civile e delle leggi sui rapporti sul rapporto di lavoro subordinato nell’impresa (che, salve le diverse disposizioni contenute nel medesimo D.Lgs., costituiscono l’impianto normativo del lavoro pubblico privatizzato).

22. A tali principi non si è conformato il giudice dell’appello, che ha considerato legittima la esclusione della selezione interna degli odierni ricorrenti in forza della suddetta previsione del contratto integrativo INPS.

23. Con il secondo motivo i ricorrenti hanno denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – violazione e falsa applicazione della L. n. 863 del 1984, art. 3, comma 9, D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, art. 1419 c.c., assumendo la illegittima esecuzione del rapporto di formazione e lavoro.

24. Hanno dedotto che, contrariamente a quanto affermato dal giudice dell’appello, essi avevano dedotto: la mancanza di formazione; la violazione della durata massima del periodo di formazione; la nullità del contratto di formazione e lavoro anche perchè essi erano già esperti delle mansioni da svolgere.

25. Hanno altresì censurato la sentenza per avere affermato la inapplicabilità nel pubblico impiego privatizzato della L. n. 863 del 1984, art. 3, comma 9, in ragione della disposizione della L. n. 165 del 2001, art. 36, comma 5.

26. Il motivo è inammissibile.

27. La censura difetta di specificità, in quanto non sono state trascritte le allegazioni svolte nell’atto introduttivo e nella memoria di costituzione in appello in ordine alla nullità/illegittimità dei contratti di formazione e lavoro ed all’applicazione del D.L. n. 726 del 1984, art. 3, comma 9.

28. Il ricorso non si confronta, inoltre, con la giurisprudenza di questa Corte, che ha costantemente affermato la impossibilità di costituire rapporti di lavoro a tempo indeterminato con la pubblica amministrazione quale effetto della violazione delle norme che regolano le forme di impiego flessibili.

29. Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere cassata in accoglimento del primo motivo di ricorso, restando inammissibile il secondo; la causa va rinviata alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione perchè si adegui nella decisione al seguente principio di diritto: “nel pubblico impiego privatizzato la disposizione di cui al D.L. n. 726 del 1984, art. 3, comma 5, conv. con modif. in L. n. 863 del 1984, osta ad una previsione di contratto collettivo che, nel prevedere quale requisito di partecipazione ad una selezione interna per la progressione cd. orizzontale la assunzione in ruolo ad una data determinata, consideri il momento di assunzione come fatto storico e non anche come effetto giuridico discendente dalla avvenuta trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto di formazione e lavoro”.

30. Il giudice del rinvio provvederà alla disciplina delle spese del presente grado.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia – anche per le spese – alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021

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