LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TORRICE Amelia – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1314/2015 proposto da:
D.L.T.L., elettivamente domiciliata in ROMA Viale REGINA MARGHERITA N. 290, presso lo studio dell’Avvocato ROBERTO MANTOVANO, (STUDIO NIGRO) che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE DI LATINA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2683/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/07/2014 R.G.N. 6944/2009;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30/09/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.
RILEVATO
Che:
1. Con sentenza in data 11 luglio 2014 n. 2683 la Corte di appello di Roma riformava la sentenza del Tribunale di Latina e, per l’effetto, rigettava la domanda proposta da D.L.T.L., dipendente della AZIENDA USL di LATINA (in prosieguo: AUSL) con profilo di collaboratore professionale sanitario infermiere, in servizio presso la divisione di pediatria dell’Ospedale *****, per l’accertamento del diritto a percepire l’indennità prevista dall’art. 44, comma 6, CCNL 1995 per il personale infermieristico addetto al servizio di malattie infettive e per la condanna dell’AUSL al pagamento.
2. La Corte territoriale aderiva al principio espresso dalla Corte di Cassazione (sent. n. 9248 del 2008) secondo cui la reclamata indennità spetta soltanto al personale infermieristico assegnato ad una struttura specificamente preposta alla cura delle malattie infettive e come tale individuata nell’organigramma della AZIENDA SANITARIA, caratteristica non riscontrabile per il reparto di pediatria.
3. Dalla istruttoria condotta nel primo grado, inoltre, non era emerso che la dipendente prestasse la sua attività nell’ambito di un servizio riservato alla sola cura delle malattie infettive; vi era la prova che ella si occupasse anche dei bambini affetti da malattie infettive, ricoverati in apposite stanze presso il reparto di pediatria.
4. Mancava inoltre il riscontro delle concrete modalità di svolgimento della attività nelle stanze dedicate ai pazienti infettivi in età pediatrica.
5. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza D.L.T.L., affidato a due motivi. La AUSL è rimasta intimata.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo si denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3- falsa applicazione dell’art. 44, comma 6, lett. c) CCNL comparto sanità, censurando la sentenza impugnata per avere escluso che la divisione di pediatria dell’Ospedale ***** potesse essere considerata “servizio di malattie infettive” ai sensi della norma contrattuale.
2. La ricorrente ha esposto che la circolare n. 4/99 del direttore Sanitario della AUSL aveva previsto che per le malattie infettive insorte in età pediatrica il ricovero avvenisse presso il reparto di pediatria dell’Ospedale, nelle apposite stanze di isolamento ivi predisposte e che solo qualora ciò non fosse stato possibile si procedesse al ricovero, in via provvisoria, presso il reparto di malattie infettive, con l’assistenza del personale infermieristico del reparto di pediatria. Nell’assunto di parte ricorrente la divisione di pediatria, in riferimento alle due stanze allestite per le malattie infettive, dovrebbe qualificarsi come servizio di malattie infettive ai sensi dell’art. 44, comma 6, CCNL comparto sanità, in corretta applicazione del principio enunciato da questa Corte e richiamato dal giudice dell’appello.
3. Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dal ricovero in pediatria dei bambini affetti da malattie infettive.
4. Si richiamano i contenuti della circolare n. 4/1999, che avrebbe creato all’interno della divisione di pediatria un servizio-reparto, istituzionalmente dedicato alla cura di malattie infettive.
5. Si aggiunge che neppure poteva avere rilievo, ai sensi della disposizione contrattuale, la frequenza del ricovero dei pazienti in età pediatrica affetti da malattie infettive, che la norma dell’art. 44 CCNL non prevedeva come elemento costitutivo del diritto.
6. Il ricorso, i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, va dichiarato inammissibile.
7. In punto di diritto, la giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidata nel senso che l’indennità prevista dall’art. 44, comma 6, (lett. a, b, c) del CCNL comparto sanità 1994/1997 spetta al personale infermieristico che presta servizio presso specifiche articolazioni del servizio sanitario mentre non rileva il tipo di patologia con il quale l’infermiere può venire in contatto, quale che sia la struttura in cui opera (ex aliis: 04 giugno 2020 n. 10610; Cass. 25 giugno 2018 n. 16701; Cass. n. 19042 del 2017; Cass. n. 460/2015; 5566/2014).
8. L’indennità in questione compete, dunque, solo al personale infermieristico addetto ai servizi – intesi quali articolazioni strutturali dell’organizzazione sanitaria – di malattie infettive, di terapia intensiva e di terapia sub intensiva e non anche al personale infermieristico addetto al Pronto Soccorso o ad altri reparti che – sebbene in concreto chiamato a svolgere attività di terapia intensiva o sub-intensiva ovvero in contatto con pazienti affetti da malattie infettive – non sia però addetto ai relativi servizi.
9. La giurisprudenza richiamata ha altresì chiarito che il termine “servizio” è un termine generale idoneo a ricomprendere articolazioni del servizio sanitario denominabili in modo diverso (divisione, reparto, dipartimento, ecc.) ma comunque identificabili come parti dell’organizzazione sanitaria destinate alla cura di un certo tipo di malattie.
10. Il ricorso, pur non contestando tale principio, assume che, per quanto desumibile dalla circolare n. 4/1999, la divisione di pediatria dell’Ospedale di ***** avrebbe al suo interno un “servizio-reparto” di malattie infettive, tale da integrare i presupposti per l’operatività della norma contrattuale.
11. Occorre allora evidenziare la violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non risultando la circolare riprodotta integralmente unitamente al ricorso.
12. Inoltre – ed il rilievo è di per sè assorbente – la parte ricorrente non ha censurato la autonoma ratio decidendi della sentenza impugnata secondo cui, per quanto emerso dalla istruttoria, la dipendente non prestava la sua attività in un servizio esclusivamente dedicato alla cura della malattie infettive ma si occupava anche dei bambini affetti da malattie infettive, ricoverati in alcune stanze del reparto di pediatria; mancava altresì il riscontro delle concrete modalità di svolgimento della assistenza nelle stanze dedicate ai pazienti infettivi.
13. Tale ratio è fondata, infatti, sulla ritenuta necessità della destinazione in via esclusiva del servizio alla cura delle malattie infettive e comunque, sulla mancanza di prova dell’attività svolta dalla parte in causa nel preteso “reparto”.
14. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile. Nulla va disposto quanto alle spese del giudizio di legittimità, non avendo la AUSL svolto attività difensiva.
15. Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. n. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater.
PQM
La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021