LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –
Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –
Dott. TADDEI Margherita Bianca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6644-2016 proposto da:
SARA IMMOBILIARE S.r.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato DOMENICO SICILIANO, che la rappresenta e difende giusta procura speciale estesa in calce al ricorso:
– ricorrente –
contro
RISCOSSIONE SICILIA S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall’Avvocato GIOVANNI DISTEFANO giusta procura speciale estesa in calce al controricorso
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4309/16/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA, depositata il 13/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 6/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.
RILEVATO
che:
Sara Immobiliare S.r.L. propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia aveva respinto l’appello proposto avverso la sentenza n. 625/4/2012 della Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa che aveva respinto il ricorso proposto avverso cartella di pagamento relativa a imposta registro 2008;
il Concessionario resiste con controricorso;
la ricorrente ha da ultimo depositato memoria difensiva.
CONSIDERATO
che:
1.1. in via preliminare deve essere esaminata l’eccezione, sollevata dalla ricorrente, di nullità della procura alle liti in forza della quale è stato sottoscritto il controricorso;
1.2. il mandato difensivo all’Avvocato Giovanni Distefano è stato conferito con procura speciale datata 30 marzo 2016 (quindi in data anteriore alla stesura del controricorso, datato 29 aprile 2016) da R.G., indicato quale “Direttore regionale f.f.”;
1.3. nell’intestazione del controricorso si precisa che R.G. è procuratore speciale di Riscossione Sicilia s.p.a., giusta procura del 28 aprile 2015 in notaio L.C., rep. n. ***** e racc. n. *****;
1.4. tale procura speciale, tuttavia, non risulta prodotta;
1.5. in tema di rappresentanza processuale, questa Corte ha ripetutamente affermato il principio per cui la persona fisica che riveste la qualità di organo della persona giuridica non ha l’onere di dimostrare tale veste, spettando invece alla parte che ne contesta la sussistenza l’onere di formulare tempestiva eccezione e fornire la relativa prova negativa, e questo principio si applica anche al caso in cui la persona giuridica si sia costituita in giudizio per mezzo di persona diversa dal legale rappresentante, se tale potestà deriva dall’atto costitutivo o dallo statuto (cfr. Cass. n. 19162/2007);
1.6. caso diverso, tuttavia, è quello in cui il soggetto conferente il mandato alle liti assume di avere il potere di rappresentare la società non in ragione di una previsione statutaria – verificabile mediante la consultazione del registro delle imprese – bensì in forza di un’apposita delega conferitagli dal legale rappresentante;
1.7. in particolare, qualora i poteri rappresentativi del soggetto che si costituisce nel giudizio di cassazione siano stati conferiti con procura notarile, questa deve essere depositata con il ricorso (o il controricorso), sicchè, qualora non sia rinvenibile nel fascicolo, all’impossibilità del controllo, da parte del giudice di legittimità, della legittimazione del delegante a una valida rappresentazione processuale e sostanziale della persona giuridica consegue l’inammissibilità del ricorso (cfr. Cass. nn. 11898/2019, 3643/1999);
1.8. non è neppure sufficiente che colui che si qualifica come legale rappresentante in forza di una procura notarile ne indichi gli estremi, in quanto, se l’atto non è stato prodotto, resta ferma l’impossibilità di verificare il potere rappresentativo del soggetto (cfr. Cass. n. 23786/2013);
1.9. il controricorso è dunque inammissibile per difetto di prova in ordine alla sussistenza del potere rappresentativo della società controricorrente in capo alla persona fisica conferente il mandato alle liti;
2.1. con il primo mezzo si lamenta violazione di norme di diritto (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, artt. 148 e 156 c.p.c.), avendo la Commissione erroneamente affermato che ogni eventuale vizio relativo alla notifica della cartella, per mancanza della relata, doveva ritenersi sanato per effetto della tempestiva impugnazione della cartella da parte della contribuente;
2.2. con il secondo mezzo si lamenta violazione di norme di diritto (artt. 2712 e 2719 c.c.), avendo la Commissione erroneamente ritenuto che la copia fotostatica prodotta dal Concessionario, di cui la contribuente aveva disconosciuto la conformità all’originale, avesse valore probatorio stante la genericità della contestazione della ricorrente e l’attestazione di conformità resa dallo stesso ente di riscossione;
2.3. con il terzo motivo si lamenta violazione di norme di diritto (L. n. 212 del 2000, artt. 7, 16 e 17, L. n. 241 del 1990, art. 3), avendo la Commissione erroneamente respinto le doglianze circa la nullità della cartella per difetto di motivazione, rilevando che in primo grado la contribuente aveva eccepito unicamente il vizio derivante dalla mancata indicazione delle disposizioni normative sulle quali si fondava la cartella, ritenendo quindi nuova e inammissibile la censura relativa all’omessa notifica dell’atto presupposto (avviso di liquidazione);
2.4. la prima censura è infondata, con assorbimento della seconda, avendo la sentenza impugnata, come già affermato da questa Corte in fattispecie del tutto assimilabili alla presente (cfr. Cass. n. 17198/2017), fatto corretta applicazione del principio di diritto costantemente affermato da questa Corte, secondo cui il principio generale della sanatoria di cui all’art. 156 c.p.c., comma 3, trova applicazione anche in relazione alla nullità della notifica di atti non processuali quali, nel caso di specie, la cartella di pagamento, con l’unico limite che non sia intervenuta decadenza dal potere di accertamento (cfr. Cass. sez. unite 5 ottobre 2004, n. 19854 e successiva giurisprudenza conforme, tra cui, ex multis, le pronunce della sezione quinta di questa Corte 25 novembre 2005, n. 24962; 31 gennaio 2011, n. 2272; 31 maggio 2011, n. 12007; 15 gennaio 2014, n. 8374; ed ancora, Cass. sez. 6-5, ord. 15 luglio 2016, n. 14601, in relazione a fattispecie del tutto analoga a quella oggetto del presente giudizio);
2.5. nel caso di specie, incontroverso in fatto che alcuna decadenza si era verificata in relazione alla pretesa tributaria sottesa alla cartella impugnata, non vi è dubbio che, pur a fronte della relata in bianco, parte ricorrente abbia potuto far valere pienamente le proprie difese con l’impugnativa ritualmente proposta dinanzi alla CTP;
2.6. parte ricorrente insiste, pure in memoria, nel prospettare la fattispecie in esame come un’ipotesi di inesistenza della notifica, insuscettibile di sanatoria, a causa della mancanza della relata di notifica;
2.7. nella specie, si lamenta che la notifica della cartella, effettuata a mezzo di messo notificatore, sia pervenuta al destinatario con relata “in bianco” (mentre il concessionario, come accertato in sentenza, ha documentato nel corso del giudizio la rituale notificazione dell’atto, depositando relata con attestazione di consegna a mani di persona che sottoscriveva qualificatasi come “impiegato dipendente”), ma è dirimente rilevare che la circostanza che la relata, della copia, consegnata al destinatario, non sia stata compilata non dà luogo ad inesistenza della notifica – che si verifica quando il relativo tentativo sia avvenuto in luogo e con modalità tali che non sussista alcun collegamento con il destinatario- ma ad una nullità, che è stata sanata, alla luce della giurisprudenza sopra richiamata, con la proposizione del tempestivo ricorso da parte della destinataria stessa (in difetto di contestazione in ordine alla decadenza dell’Amministrazione dalla potestà accertativa) (cfr. Cass. n. 14601/2016 cit.);
2.8. poste tali premesse, va altresì ribadito che la natura sostanziale e non processuale della cartella di pagamento non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria, sicchè il rinvio disposto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5 (in tema di notifica della cartella di pagamento) al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 (in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile, comporta, in caso di nullità della notificazione della cartella di pagamento, l’applicazione dell’istituto della sanatoria per raggiungimento dello scopo, di cui all’art. 156 c.p.c. (cfr. Cass. nn. 6417/2019, 27561/2018);
2.9. nel caso di specie, qualificata come vizio di nullità sanabile (e non di inesistenza) la dedotta mancanza della relata di notifica nell’atto consegnato al destinatario, la tempestiva proposizione del ricorso del contribuente avverso la cartella di pagamento ha pertanto prodotto, come correttamente affermato dalla CTR, l’effetto di sanare ex tunc ogni eventuale nullità della relativa notificazione, per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 c.p.c. (cfr. Cass. n. 17198/2017), non essendovi questione, nel presente caso, di decadenza del potere sostanziale di accertamento dell’Amministrazione finanziaria;
2.10. ne consegue l’assorbimento della seconda censura relativamente alle affermazioni della CTR circa la genericità della contestazione di conformità all’originale della copia prodotta dal concessionario;
2.11. va parimenti respinto il terzo motivo di ricorso, avendo la stessa ricorrente riconosciuto di non aver mai contestato “la nullità dell’impugnata cartella per difetto di motivazione”;
2.12. la nullità dell’atto per carenza motivazionale è inoltre predicabile solo ove si tratti di carenze tali da non consentire al contribuente l’agevole identificazione della causale delle somme pretese dall’Amministrazione finanziaria e più in generale di controllare la correttezza dell’imposizione;
2.13. è evidente dunque che quel che rileva ai fini della validità del ruolo o della cartella esattoriale è l’indicazione di circostanze univoche ai fini dell’individuazione della pretesa e delle sue causali, così che resti soddisfatta l’insopprimibile esigenza del contribuente di controllare la legittimità della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti, e ciò deve senza dubbio affermarsi avuto riguardo ai contenuti della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 3, e del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 1 e 12 (come modif. dal D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, art. 8) – che infatti si limitano a richiedere, con espressione generica, che gli atti in questione contengano “il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione anche sintetica della pretesa” – (cfr. in termini Cass. nn. 25343/2018, 1111/2018);
2.14. nel caso di specie, che l’omessa indicazione delle “norme di diritto legittimanti il potere accertativo/riscossivo dell’ufficio” possa determinare di per sè alcuna incertezza o ostacolo alla piena comprensione delle ragioni della pretesa è univocamente escluso dai giudici di merito alla stregua di un accertamento di fatto in sè non fatto segno di specifica censura ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, laddove hanno evidenziato che il ruolo era “incorporato” nella cartella e che non era stata sollevata alcuna valida censura circa la mancata notifica dell’atto presupposto, ovvero dell’avviso di liquidazione della maggior imposta, circostanza invero tardivamente dedotta solo nella memoria di replica in primo grado;
2.15. la motivazione della sentenza impugnata è quindi conforme a quanto affermato dalle sezioni unite della Corte, secondo cui solo la cartella di pagamento che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione (Cass., S.U. n. 11722/2010);
2.16. nel caso di specie risulta pertanto insussistente la violazione dell’obbligo di motivazione della cartella rispetto a quanto stabilito dall’avviso di liquidazione, dal quale la cartella è scaturita, dovendo farsi applicazione del principio, ribadito dalla Corte, secondo cui il difetto di motivazione della cartella di pagamento non può condurre alla dichiarazione di nullità, allorchè la cartella sia stata impugnata dal contribuente, che abbia così dimostrato di essere stato posto in grado di conoscere le ragioni dell’intimazione di pagamento ricevuta, non avendo neppure lamentato il mancato richiamo ad accertamenti previamente notificati, dei quali il contribuente era, dunque, pienamente a conoscenza;
3. sulla scorta di quanto sin qui illustrato il ricorso va rigettato;
4. nulla sulle spese stante la mancanza di valida rappresentanza processuale in capo della controricorrente.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 6 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2021