Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.6 del 04/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1739/2020 proposto da:

E.I., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLETTA PELINGA;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DI ANCONA, MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimati –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di ANCONA, depositata il 13/11/2019 R.G.N. 2905/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 24/07/2020 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA.

RILEVATO

Che:

1. il giudice di pace di Ancona ha respinto il ricorso proposto da E.I. avverso il provvedimento con cui il prefetto della città ha disposto l’espulsione dal territorio nazionale del cittadino nigeriano non avente titolo per permanere sul territorio nazionale;

2. il giudice monocratico, con ordinanza del 13 novembre 2019, ha osservato – per quanto qui ancora interessa – che, una volta dichiarata inammissibile dalla Commissione territoriale l’istanza di protezione internazionale reiterata dal ricorrente, “non siano stati illustrati altri motivi che giustificherebbero la presenza del ricorrente sul Territorio Nazionale, non essendo sufficiente alla permanenza la possibilità di avere un’occupazione”; circa poi l’eccepita mancata traduzione del provvedimento espulsivo il giudice di pace ha considerato che “dalla scheda di identità compilata dal ricorrente in lingua inglese e prodotta dalla prefettura, risulti confermata la conoscenza da parte dello stesso dell’idioma utilizzato per la traduzione e che la stessa lettera di assunzione sottoscritta e prodotta dal ricorrente è stata redatta in italiano”;

3. per la cassazione di tale pronuncia propone ricorso il soccombente, affidato a 2 motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno e del Prefetto di Ancona che non hanno svolto attività difensiva.

CONSIDERATO

Che:

1. il ricorso risulta notificato a mezzo PEC alla sola Avvocatura Generale dello Stato;

per pacifico orientamento di questa Corte il ricorso per cassazione avverso il provvedimento emesso all’esito del giudizio di opposizione al decreto prefettizio di espulsione dello straniero va proposto nei confronti dell’autorità che ha emanato il decreto (Prefetto) e notificato presso di essa (tra molte: Cass. n. 28852 del 2005 e Cass. n. 12665 del 2019); sicchè, in caso di notifica all’Avvocatura dello Stato, la stessa deve ritenersi nulla (salvo il caso risulti che l’Avvocatura erariale abbia assunto nella precedente fase di merito la difesa dell’ufficio del Prefetto) ma rinnovabile ai sensi dell’art. 291 c.p.c.;

tuttavia ove sussistano – come nella specie – cause che impongono di disattendere il ricorso, questa Corte è esentata, in applicazione del principio della “ragione più liquida”, dall’esaminare le questioni processuali concernenti la regolarità del contraddittorio e la sua instaurazione poichè, se anche i relativi adempimenti fossero necessari, la loro effettuazione sarebbe ininfluente e lesiva del principio della ragionevole durata del processo (da ultimo Cass. n. 10839 del 2019);

2. invero il ricorso è inammissibile per difetto di idonea procura speciale ex art. 365 c.p.c.;

anche nelle controversie in materia di immigrazione è applicabile il risalente principio in base al quale questa Corte ha più volte ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione allorquando la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ex art. 83 c.p.c., comma 3, contenga espressioni incompatibili con la proposizione dell’impugnazione e con la specialità richiesta ed anzi dirette ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali (Cass. n. 28146 del 2018; Cass. n. 18257 del 2017; Cass. n. 6070 2005; Cass. n. 23381 del 2004);

tale principio è stato ribadito di recente proprio in un caso concernente la materia dell’immigrazione (Cass. n. 4069 del 2020) laddove è stata affermata l’inammissibilità del ricorso per cassazione quando la relativa procura speciale è conferita su foglio separato rispetto al ricorso, privo di data successiva al deposito della decisione impugnata e senza alcun riferimento al ricorso introduttivo, alla pronuncia o al giudizio di cassazione, ossia al consapevole conferimento, da parte del cliente, dell’incarico al difensore per la proposizione del giudizio di legittimità, così risultando incompatibile con il carattere di specialità di questo giudizio; in quel caso la procura recava indicazioni esclusivamente riferibili ad incombenti processuali tipici dei gradi di merito, essendo così formulata: “Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente procedimento ed in ogni sua fase, stato e grado, compreso l’eventuale appello od opposizione con… più ampia facoltà di legge ed in particolare quella di transigere e conciliare la lite, rinunciare agli atti del giudizio ed accettare rinunce, depositare quietanze ed incassare somme, proporre domande riconvenzionali, appelli principali o incidentali…”;

anche nel caso che ci occupa la “procura conferita su foglio separato sottoscritto”, in calce al “ricorso firmato digitalmente dal… procuratore” ed allegata “ai sensi dell’art. 83 c.p.c., comma 3” (v. relata di notifica a mezzo PEC in atti), non solo non contiene alcun specifico riferimento al provvedimento impugnato e al giudizio di cassazione ma riferisce di una delega al difensore “nella presente procedura e nelle eventuali successive, anche di impugnazione, opposizione, esecuzione, conferendo ogni più ampio potere in merito, ivi espressamente quello di transigere, rinunciare e accettare rinunce agli atti, farsi sostituire in udienza, chiamare in causa terzi”, con un tenore che il Collegio giudica incompatibile con l’esigenza di dimostrare la specialità della procura medesima;

3. conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile; nulla va liquidato per le spese in quanto la pubblica amministrazione intimata non ha svolto attività difensiva;

non è dovuto il raddoppio del contributo trattandosi di materia esente ex lege a mente del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18 (cfr., tra le ultime, Cass. nn. 6285, 11493 e 11954 del 2020; in precedenza Cass. n. 3305 del 2017, in motivazione).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2021

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