Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza Interlocutoria n.630 del 15/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso iscritto al NRG 21129/2017 proposto da:

CONFEDERAZIONE UNIONE SINDACALE DI BASE – USB, rappresentata e difesa dall’Avvocato Laura Mattina, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Milizie, n. 9;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI FROSINONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato Marina Giannetti, con domicilio eletto in Roma, via Tagliamento, n. 76, (studio Avvocato Giuseppe Naccarato);

– controricorrente –

e nei confronti di:

ICA – Imposte Comunali e Affini s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avvocato Arianna Catta, con domicilio eletto in Roma, via Po, n. 24, presso lo studio dell’Avvocato Patrizia Pavone;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Frosinone n. 196/2017 pubblicata il 10 febbraio 2017.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 17 dicembre 2020 dal Consigliere Dott. Alberto Giusti.

FATTO E DIRITTO

1. – La Confederazione Unione Sindacale di Base (in sigla USB) ha proposto, con atto notificato l’8 settembre 2017, ricorso per la cassazione della sentenza n. 196/2017, depositata il 10 febbraio 2017, con cui il Tribunale di Frosinone, riformando la sentenza del Giudice di Pace della stessa città, ha rigettato l’opposizione della stessa USB avverso l’ordinanza ingiunzione n. 242/2013 con cui il Comune di Frosinone aveva irrogato nei suoi confronti la sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 533,60 per violazione del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 24, comma 2 (Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonchè della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma della L. 23 ottobre 1992, n. 421, art. 4, concernente il riordino della finanza territoriale) e del regolamento comunale sulla pubblicità.

2. – L’impugnata ordinanza ingiunzione si fondava sulle risultanze di un verbale di accertamento emesso dalla società ICA – Imposte Comunali e Affini s.r.l., concessionaria del servizio di accertamento e riscossione dei tributi comunali, con il quale si contestava alla opponente di aver esposto senza autorizzazione, su una pensilina presso la fermata dei mezzi pubblici, un manifesto con la scritta “11 marzo sciopero generale generalizzato”.

3. – Il Tribunale ha disatteso l’assunto dell’opponente relativo alla mancanza di prova del fatto che il manifesto in contestazione fosse stato affisso da persona del cui operato essa dovesse rispondere.

Secondo il Tribunale, la proprietà del mezzo ben poteva presumersi dall’inerenza del messaggio, affisso senza autorizzazione, agli scopi dell’associazione sindacale e, in linea di diritto, doveva ritenersi che la responsabilità dell’associazione della L. 24 novembre 1981, n. 689, ex art. 6, non venisse esclusa dalla mancata identificazione dell’autore materiale della violazione.

Il Tribunale ha quindi ritenuto che, non avendo l’USB dato la prova positiva di essersi attivata per impedire l’abusiva affissione (ovvero la prova che l’affissione era avvenuta contro la sua volontà), il ricorso in primo grado non avrebbe dovuto trovare accoglimento.

4. – Il ricorso per cassazione della USB si articola su due motivi, rispettivamente riferiti alla violazione della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 6, ed alla violazione dei principi in tema di onere probatorio e di prove presuntive (artt. 2697,2727 e 2729 c.c.).

Il Comune di Frosinone ha resistito con controricorso.

Anche la società ICA ha depositato controricorso.

5. – Il ricorso è stato avviato alla trattazione in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

In prossimità della Camera di consiglio la ricorrente e il Comune hanno depositato memorie illustrative.

6. – Ribadendo quanto già evidenziato da questa Corte con le ordinanze interlocutorie 28 settembre 2020, n. 20423, e 5 ottobre 2020, n. 21268 (entrambe rese in esito alla trattazione, nella Camera di consiglio del 5 marzo 2020, di impugnazioni analoghe a quella odierna), il Collegio rileva che sulle questioni sollevate dal ricorso la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di pronunciarsi con esiti non perfettamente sovrapponibili.

6.1. – Nella sentenza della I Sezione 24 febbraio 2004, n. 3630, si è infatti affermato che “Il sindacato, a favore del quale si sia realizzata, ad opera di suoi aderenti rimasti ignoti, l’affissione di manifesti pubblicitari senza le necessarie autorizzazioni, la preventiva dichiarazione delle affissioni e il pagamento dei diritti e imposte dovute, è tenuto in solido, pur in mancanza di un proprio specifico intento trasgressivo, a pagare le sanzioni amministrative di cui al D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 24, a meno che non provi che la condotta illegittima degli autori materiali della violazione si sia avuta in contrasto con particolari sue azioni positive, idonee a ostacolarla o impedirla”.

Per contro nella successiva sentenza, della II Sezione, 12 giugno 2009, n. 13770, si è affermato che “In tema di sanzioni amministrative emesse, ai sensi del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 24, per l’affissione di manifesti contenenti messaggi pubblicitari senza la prescritta autorizzazione, la responsabilità solidale della persona giuridica, o dell’ente privo di personalità giuridica – nel caso di violazione commessa dal rappresentante o dal dipendente degli enti medesimi, nell’esercizio delle proprie funzioni o incombenze – consente di includere nell’ambito applicativo della norma non soltanto i soggetti legati alla persona giuridica o all’ente da un formale rapporto organico, ovvero da un rapporto di lavoro subordinato, ma anche tutti i casi in cui i rapporti siano caratterizzati in termini di affidamento (inteso come materiale consegna all’autore della violazione del materiale pubblicitario) o di avvalimento (inteso come attività di cui il committente profitta); ciò tuttavia, a condizione che l’attività pubblicitaria sia comprovatamente riconducibile all’iniziativa del beneficiario quale committente o autore del messaggio pubblicitario o che sia documentato il rapporto tra autore della trasgressione ed ente o persona giuridica opponente, restando comunque escluso che il beneficiario del messaggio pubblicitario sia solidalmente responsabile della violazione per il solo fatto di averne potuto trarre giovamento”.

Tra tali due arresti – di cui si sono trascritte le massime ufficiali appare emergere un orientamento divergente in tema di distribuzione dell’onere probatorio, giacchè la pronuncia del 2004 sembra configurare una presunzione di responsabilità del beneficiario della pubblicità (in quella fattispecie, un’associazione sindacale); presunzione che detto beneficiario può superare solo fornendo la prova, del cui onere è gravato, di aver posto in essere azioni positive volte a contrastare l’iniziativa dell’affissione. La pronuncia del 2009, per contro, sembra addossare all’ente impositore la prova della effettiva riconducibilità dell’affissione al soggetto alla cui attività si riferisce la pubblicità che detta affissione è volta a veicolare.

Può altresì aggiungersi che i principi espressi in Cass., Sez. I, n. 3630 del 2004 sono stati ripresi da Cass., Sez. I, 28 giugno 2006, n. 15000, e da Cass., Sez. II, 25 gennaio 2012, n. 1040, le quali peraltro, va altresì precisato, concernono violazioni amministrative non in materia di imposta di pubblicità, bensì in materia di disciplina della cartellonistica sulla sede stradale ex art. 23 C.d.S..

Per contro la sentenza n. 13770 del 2009 è stata ripresa da due recenti precedenti della Sezione Sesta-2 che hanno, entrambi, confermato la sentenza di merito in controversie, analoghe alla presente, tra l’associazione sindacale USB ed il Comune di Frosinone (ordinanza 4 gennaio 2019, n. 100, che ha rigettato il ricorso dell’associazione sindacale, e ordinanza 20 novembre 2018, n. 29891, che ha rigettato il ricorso del Comune).

7. – Le evidenziate oscillazioni interpretative rendono opportuno disporre – secondo quanto già deciso, in fattispecie sovrapponibili alla presente, con le citate ordinanze interlocutorie n. 20423 e n. 21268 del 2020 – la trattazione del ricorso in pubblica udienza.

P.Q.M.

La Corte dispone trattarsi il ricorso in pubblica udienza e rinvia la causa a nuovo ruolo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2021

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