LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 6759-2019 proposto da:
C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, alla piazza CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PASQUALE RINALDI;
– ricorrente –
contro
CATTOLICA DI ASSICURAZIONI S.C.AR.L., in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliata in ROMA, alla via A. BERTOLONI, n. 55, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO MARIA CORBO’, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FILIPPO MARIA CORBO’;
– controricorrente –
E contro
D.M.A.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1979/2018 del TRIBUNALE di FOGGIA, depositata 111/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. Cristiano Valle, osserva quanto segue.
FATTO E DIRITTO
C.A. impugna, con tre motivi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la sentenza del Tribunale di Foggia n. 1979 del 11/07/2018, che in controversia risarcitoria, per soli danni a mezzi, ha confermato la sentenza del Giudice di Pace di Monte Sant’Angelo, che aveva ritenuto una concorrente responsabilità, nella causazione del sinistro, del C..
La Cattolica di Assicurazione Società cooperativa r.l. resiste con controricorso.
D.M.A. è rimasto intimato.
La proposta del Consigliere relatore di definizione in sede camerale, non partecipata, è stata ritualmente comunicata alle parti. Non sono state depositate memorie.
I motivi di legittimità censurano come segue la sentenza d’appello.
Il primo motivo impugna la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 116 c.p.c. e in relazione all’art. 2054 c.c..
Il secondo motivo censura la sentenza del Tribunale di Foggia in relazione all’art. 2697 c.c., per mancata corretta applicazione della detta norma in punto di onere della prova circa l’impossibilità di effettuare una manovra di emergenza da parte del ricorrente.
Il terzo ed ultimo mezzo denuncia vizio di omesso esame di fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Il primo motivo tende ad una rivalutazione delle prove ed è, pertanto, inammissibile, in quanto per dedurre la violazione del paradigma dell’art. 116 c.p.c. è necessario considerare che, poichè il detto articolo del codice di rito prescrive come regola di valutazione delle prove quella del prudente apprezzamento del giudice, a meno che la legge non disponga altrimenti, la sua violazione e, quindi, la deduzione in sede di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, è concepibile solo: a) se il giudice di merito valuta una determinata prova ed in genere una risultanza probatoria, per la quale l’ordinamento non prevede uno specifico criterio di valutazione diverso dal suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore ovvero il valore che il legislatore attribuisce ad una diversa risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale); b) se il giudice di merito dichiara di valutare secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza soggetta ad altra regola, così falsamente applicando e, quindi, violando la norma in discorso. A tanto consegue che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito, non essendo incasellabile nè nel paradigma del n. 5 nè in quello del n. 4 (per il tramite della deduzione della violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, nei termini ora indicati), non trova di per sè alcun diretto referente normativo nel catalogo dei vizi denunciabili con il ricorso per cassazione.
Il secondo motivo incentrato sugli artt. 2697 e 2054 c.c. tende a dimostrare l’esclusività della colpa della controparte, il D.M., ma nulla dice circa l’affermazione della sentenza d’appello in ordine alla mancata manovra, o prova della manovra, di emergenza del ricorrente, con conseguente emersione di profili di colpa anche a carico del C..
Il motivo si limita a contrapporre una diversa ricostruzione della dinamica del sinistro stradale, affermando che avendo il D.M. effettuato la retromarcia in violazione dell’art. 140 C.d.S. e marciando il C. a bassa velocità (il che sarebbe dimostrabile solo deduttivamente sulla base dei danni riportati) l’incidente si sarebbe verificato per colpa esclusiva dell’antagonista.
La motivazione del Tribunale quale giudice territoriale d’appello è, peraltro, aderente alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 07479 del 20/03/2020 Rv. 657167 – 01: “In tema di responsabilità derivante da circolazione stradale, nel caso di scontro tra veicoli, ove il giudice abbia accertato la colpa di uno dei conducenti, non può, per ciò solo, ritenere superata la presunzione posta a carico anche dell’altro dall’art. 2054 c.c., comma 2, ma è tenuto a verificare in concreto se quest’ultimo abbia o meno tenuto una condotta di guida corretta.”).
Il terzo mezzo proposto per il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si infrange contro il disposto dell’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5, in quanto dall’esame del mezzo si rileva esservi decisione cd. doppia conforme tra primo e secondo grado del giudizio di merito e il motivo di ricorso non evidenzia alcun fatto diverso sul quale la disamina giudiziale non sia stata condotta, come la giurisprudenza di questa Corte afferma (Cass. n. 26774 del 22/12/2016 Rv. 643244 – 03): “Nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5, (applicabile, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizio d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo riformulato dal D.L. n. 83 cit., art. 54, comma 3, ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse”.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della società assicuratrice, unica costituita con controricorso, come da dispositivo, tenuto conto del valore della controversia.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 1.400,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA ed IVA per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione VI civile 3, il 26 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2021
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