LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8991-2019 proposto da:
MCE KA. DI P., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MANUEL SOLDI;
– ricorrente –
contro
K.H.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MERI D’ALOIA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1053/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 13/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 03/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA GRAZIOSI.
RILEVATO
che:
Il Tribunale di Brescia, con sentenza del 24 novembre 2016, rigettava l’opposizione di K.H.G., già titolare della ditta Kosmos Racing Ka., a decreto ingiuntivo del pagamento a MCE Ka. di P. la somma di Euro 88.750 per canoni di sublocazione ad uso non abitativo di un capannone.
Il K. proponeva appello, cui resisteva controparte.
La Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 13 settembre 2018, accogliendo il gravame, revocava il decreto ingiuntivo e dichiarava che l’appellante nulla doveva all’appellata per tale contratto.
MCE ha proposto ricorso, da cui si è difeso il K. con controricorso.
RITENUTO
che:
Il ricorso è articolato in quattro motivi.
Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.
Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa valutazione di fatti discussi e decisivi.
Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 1575 c.c.: lamenta la ricorrente che il giudice d’appello “ha attribuito alla prova testimoniale espletata una affermazione decisiva esattamente contraria all’autentico contenuto, travisando le dichiarazioni dei testi” quanto alla consegna dei locali effettuata dalla ricorrente ai sensi dell’art. 1575 c.c.. Seguono argomenti relativi al contenuto delle deposizioni dei testimoni S.M., A.E. e T.G..
Il quarto motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1590 e 1591 c.c.: il giudice d’appello non avrebbe accolto la domanda di condanna dell’appellante a pagare all’appellata minor somma perchè l’appellata “avrebbe dovuto indicare esattamente quale fosse la parte dell’immobile occupata da K. e per quale contratto, diverso da quello risolto, chieda” detta minor somma – passo tratto dalla motivazione della sentenza impugnata, sub f) -.
Il primo motivo in realtà apporta alla motivazione della sentenza impugnata critiche direttamente fattuali, che lo fanno patire di una evidente inammissibilità.
Il secondo motivo, a sua volta, prospetta una valutazione alternativa sul piano fattuale, rimanendo dunque nello stesso ambito di inammissibilità in cui si inserisce pure il motivo precedente.
Il terzo motivo si colloca ancora direttamente sul piano fattuale o, semmai, potrebbe essere sussunto nell’art. 395 c.p.c., n. 4: conseguentemente, patisce anch’esso di una evidente inammissibilità.
Infine, il quarto motivo propone ulteriori critiche in termini direttamente fattuali, per cui a sua volta si impronta di inammissibilità.
In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del grado – liquidate come da dispositivo – al controricorrente.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso, condannando la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 2200, oltre a Euro 200 per gli esborsi e al 15% per spese generali, nonchè agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2021
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