LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 27528 del ruolo generale dell’anno 2017 proposto da:
C.G., (C.F.: *****), B.L., (C.F.:
*****), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’avvocato Cristiano Pennacchia, (C.F.:
PNNCST68S17D708F);
– ricorrenti –
nei confronti di:
C.A.F. S.p.A., (C.F.: *****), in persona del rappresentante per procura G.D., in rappresentanza di REV GESTIONE CREDITI S.p.A., (C.F.: *****), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’avvocato Oberdan Tommaso Scozzafava, (C.F.: SCZBDN51D20D181P);
BUSINESS PARTNER ITALIA SOCIETA’ CONSORTILE PER AZIONI, (C.F.:
*****), in persona dei rappresentanti per procura Ca.Ma. e M.F., in rappresentanza della BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.p.A. (C.F.: *****), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dall’avvocato Massimo Bevere, (C.F.: BVRMSM55H16H501G);
– controricorrenti –
nonchè
DOBANK S.p.A., (C.F.: non indicato), in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimata –
per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma n. 5539/2017, pubblicata in data 31 agosto 2017;
udita la relazione sulla causa svolta alla Camera di consiglio del 23 novembre 2020 dal Consigliere Dott. Augusto Tatangelo.
FATTI DI CAUSA
C.G. e B.L. hanno proposto opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., nel corso di un procedimento di espropriazione immobiliare promosso nei loro confronti dalla Banca delle Marche S.p.A., nel quale erano intervenute la Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. e l’Unicredit Credit Management S.p.A..
L’opposizione è stata rigettata dal Tribunale di Velletri.
La Corte di Appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado.
Ricorrono il C. e la B., sulla base di quattro motivi, illustrati con memoria.
Resistono con due distinti controricorsi C.A.F. S.p.A., in rappresentanza di REV Gestione Crediti S.p.A., cessionaria dei crediti della Banca delle Marche S.p.A., nonchè Business Partner Italia S.C.p.A.., in rappresentanza della Banca Nazionale del Lavoro S.p.A..
Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altra intimata DoBank S.p.A. (subentrata nella posizione di Unicredit Credit Management S.p.A.).
Il ricorso è stato trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..
Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Alberto Cardino, ha depositato conclusioni scritte ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. E’ infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso avanzata da C.A.F. S.p.A..
Quest’ultima sostiene che la notifica dello stesso, effettuata al difensore costituito per la Banca delle Marche S.p.A. nel giudizio di appello, dopo l’estinzione della suddetta società (essendo ad essa succeduta altre società, denominata Nuova Banca Marche S.p.A.), sarebbe nulla o, addirittura, giuridicamente inesistente.
E’ sufficiente, in proposito, ribadire che “la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex art. 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella divenuta incapace; b) il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione – ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale – in rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell’ambito del processo, tuttora in vita e capace; c) è ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso di lui, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 1, senza che rilevi la conoscenza “aliunde” di uno degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c., da parte del notificante” (Cass., Sez. U., Sentenza n. 15295 del 04/07/2014, Rv. 631467 – 01).
Nella specie, la notificazione del ricorso al procuratore costituito per la banca opposta in grado di appello deve ritenersi valida ai fini dell’instaurazione del rapporto processuale per il giudizio di legittimità.
In ogni caso, la costituzione della società subentrata nella posizione soggettiva dell’intimata banca (e cioè REV Gestione Crediti S.p.A., che si dichiara essa stessa cessionaria dei crediti della Banca delle Marche S.p.A.), a mezzo della procuratrice C.A.F. S.p.A., ha sanato ogni eventuale vizio di tale notificazione, avendo il soggetto effettivamente legittimato svolto le proprie difese nel presente giudizio.
2. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “(sulla natura simulata del contratto) violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.
Con il secondo motivo si denunzia “(sul conseguente difetto di titolo esecutivo) violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.
I primi due motivi sono connessi logicamente e possono quindi essere esaminati congiuntamente.
Essi sono infondati.
I ricorrenti avevano sostenuto, con l’opposizione, che il contratto di mutuo fondiario stipulato tra la banca e la società di cui essi erano fideiussori non aveva in realtà lo scopo di far conseguire alla mutuataria la somma che ne costituiva l’oggetto, ma quello di compensare il relativo importo con una precedente esposizione derivante da un rapporto regolato in conto corrente, in modo da fornire una garanzia reale ipotecaria al suddetto credito chirografario. Ciò, a loro avviso, avrebbe configurato una simulazione negoziale relativa ed un conseguente insanabile vizio di nullità del contratto realmente voluto dalle parti sotto il profilo causale, facendo difetto la causa tipica del contratto di mutuo ed essendo del resto illecita la causa concreta della stipulazione, di mera costituzione di una garanzia per un preesistente credito chirografario, in pregiudizio dei creditori, con conseguente difetto di un valido titolo esecutivo.
Secondo i ricorrenti, nella decisione impugnata mancherebbe del tutto la motivazione in ordine alla predetta questione.
La corte di appello ha in realtà disatteso la indicata prospettazione dei ricorrenti, sulla base di una motivazione del tutto adeguata, oltre che conforme a diritto.
Ha infatti, in primo luogo, affermato che l’accredito della somma mutuata mediante una annotazione contabile nell’ambito di un rapporto in conto corrente, comporta di fatto che l’importo mutuato sia concretamente messo a disposizione del mutuatario e, quindi, equivale al materiale trasferimento del danaro, anche nel caso in cui il rapporto su cui viene effettuato l’accredito sia passivo (sono richiamati in proposito i principi espressi da Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17194 del 27/08/2015, Rv. 636304 – 01, secondo cui “la consegna idonea a perfezionare il contratto reale di mutuo non va intesa nei soli termini di materiale e fisica “traditio” del danaro – o di altre cose fungibili – rivelandosi, invero, sufficiente il conseguimento della sua disponibilità giuridica da parte del mutuatario, ricavabile anche dall’integrazione di quel contratto con il separato atto di quietanza a saldo, attesa la progressiva de-materializzazione dei valori mobiliari e la loro sostituzione con annotazioni contabili, tenuto conto che sia la normativa antiri-ciclaggio che le misure normative tese a limitare l’uso di contante nelle transazioni commerciali hanno accentuato l’utilizzo di strumenti alternativi al trasferimento di danaro”).
Ha in secondo luogo escluso che il mutuo fondiario nella specie stipulato fosse qualificabile come mutuo di scopo, il che escludeva ogni rilievo della concreta destinazione della somma mutuata nell’ottica della valutazione di liceità della sua causa, conformemente alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il mutuo fondiario, quale risulta dalla disciplina di cui al D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, artt. 38 e segg. (T.U.B.), non è un mutuo di scopo, poichè di esso non è elemento essenziale la destinazione della somma mutuata a determinate finalità (non può, pertanto, essere negata tale qualificazione, sul rilievo della previsione contrattuale che nega la destinazione della somma mutuata all’acquisto, costruzione o ristrutturazione di immobili), risultando esso invece connotato dalla semplice possibilità di prestazione da parte del proprietario di immobili (rustici o urbani) a garanzia ipotecaria (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 4792 del 26/03/2012, Rv. 621970 01; Sez. 3, Sentenza n. 9511 del 20/04/2007, Rv. 598225 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 13768 del 18/09/2003, Rv. 566956 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 317 del 11/01/2001, Rv. 543049 – 01).
Ha, infine, negato che potesse ritenersi illecita la causa concreta del negozio giuridico avente ad oggetto la costituzione di una garanzia ipotecaria per un credito chirografario preesistente, trattandosi di finalità del tutto lecita e meritevole di tutela da parte dell’ordinamento; ha escluso, del pari, che potesse ravvisarsi tale illiceità nella potenziale alterazione della par condicio creditorum, peraltro postulata in astratto ma indimostrata.
La indicata motivazione deve ritenersi del tutto adeguata, in quanto non apparente e non insanabilmente contraddittoria sul piano logico, il che sarebbe di per sè sufficiente per disattendere le specifiche censure avanzate con i motivi di ricorso in esame.
Essa è comunque, e soprattutto, pienamente condivisibile in diritto.
Deve infatti ribadirsi tanto che l’accredito contabile di una somma equivale alla sua materiale erogazione, quanto che il mutuo fondiario non costituisce mutuo di scopo e che la costituzione di una garanzia reale ipotecaria per un preesistente credito chirografario rappresenta causa negoziale pienamente lecita. L’eventuale pregiudizio che, in relazione alla predetta operazione, possa determinarsi per i creditori, non implica la nullità del negozio, ma al più, sussistendone i tutti presupposti previsti dalla legge, la possibile revocabilità della garanzia o, in determinate circostanze, dell’eventuale pagamento così operato (cfr. in proposito, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 26504 del 27/11/2013, Rv. 629377 – 01, secondo cui “in sede di opposizione allo stato passivo, ove ritenuto il motivo illecito della violazione del principio della “par condicio creditorum” nell’operazione di finanziamento, che ha avuto l’effetto di munire di prelazione ipotecaria il già esistente scoperto di conto corrente nei limiti della somma finanziata, va accolta la domanda subordinata di ammissione al passivo della somma realmente erogata con il finanziamento, atteso che all’inefficacia del contratto conseguirebbe, pur sempre, la necessità della restituzione in moneta fallimentare”; cfr. altresì, sulla questione della revocabilità delle rimesse: Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 4202 del 21/02/2018, Rv. 648106 – 01; Sez. 1, Ordinanza n. 19746 del 25/07/2018, Rv. 650163 – 01).
3. Con il terzo motivo si denunzia “(in relazione alla nullità del contratto di mutuo per illiceità della causa – non meritevolezza dell’interesse sotteso alla conclusione del contratto) violazione e falsa applicazione degli artt. 1322,1343,2741,2745,1418,1421 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.
Secondo i ricorrenti, il difetto dei “requisiti di fondiarietà nell’operazione concretamente posta in essere dalle parti” avrebbe determinato la sua illiceità e, di conseguenza, il difetto di un valido titolo esecutivo.
Il motivo è infondato.
Una volta escluso – sulla base delle argomentazioni espresse in relazione ai primi due motivi del ricorso, cui si fa rinvio che il mutuo stipulato tra la banca e la società garantita dai ricorrenti possa ritenersi nullo per la sua dedotta simulazione relativa e/o comunque per mancanza o illiceità della sua causa concreta, la validità del relativo contratto comporta necessariamente che, avendone esso i requisiti formali, esso costituisca altresì efficace titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p.c..
4. Con il quarto motivo si denunzia “(sulla posizione di BNL) violazione e falsa applicazione degli artt. 615 e 616 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.
Il motivo è inammissibile.
La censura non è formulata in modo adeguatamente chiaro e non è possibile comprenderne l’effettiva sostanza.
In ogni caso, per quanto è possibile evincere dall’esposizione a suo sostegno, i ricorrenti sembrano intendere far riferimento ed invocare una conseguenza del postulato difetto di titolo esecutivo in capo al creditore procedente Banca delle Marche S.p.A., con riguardo alla posizione di un creditore intervenuto. Dunque, non avendo avuto esito positivo i precedenti motivi di ricorso (in cui si postulava il dedotto difetto di titolo esecutivo), anche quest’ultimo non può che seguirne le sorti.
5. Il ricorso è rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte:
– rigetta il ricorso;
– condanna i ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore delle società controricorrenti, liquidandole, per ciascuna di esse, in complessivi Euro 7.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonchè spese generali ed accessori di legge.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 23 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2021
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