LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31745-2018 proposto da:
AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE di MESSINA, in persona del Commissario Straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ARTURO MERLO;
– ricorrente –
contro
B.E., + ALTRI OMESSI, eredi legittimati dei sig.
M.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 22, presso lo studio dell’avvocato ANDREA MANCINI, rappresentati e difesi dall’avvocato MARCELLA MARIA PIGNATONE;
– controricorrenti-
contro
M.I.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 609/2018 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il.25/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA SCALIA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. L’Azienda Sanitaria Provinciale di Messina ricorre in cassazione con due motivi avverso la sentenza in epigrafe indicata, con cui la corte di appello di Messina respingeva l’impugnativa della sentenza del locale tribunale con la quale era stata rigettata l’opposizione al decreto a mezzo del quale si era ingiunto all’Azienda il pagamento dei compensi maturati dagli ingegneri A.S. e M.P. e dal geometra A.S., quali componenti della commissione di collaudo nominata dall’Assessorato Regionale ai Lavori Pubblici, che aveva finanziato i lavori di costruzione dell’ospedale di *****.
2. Resistono con controricorso B.E., + ALTRI OMESSI, quali eredi dei professionisti nominati, nelle more del giudizio deceduti.
3. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per mancanza ed apparenza della motivazione. I giudici di appello richiamavano per relationem la motivazione della sentenza di primo grado che si erano trovati a confermare senza esaminare i motivi di impugnativa e valutarne l’infondatezza. La vicenda negoziale relativa all’appalto dell’opera pubblica – consistente nella realizzazione di un ospedale, i cui lavori si erano interrotti al primo stralcio con conseguente mutamento della programmazione ospedaliere e rimodulazione delle risorse su altre opere – era stata definita con la transazione del *****, sede in cui peraltro le somme riconosciute per le riserve erano state ridotte al 10% di quelle in origine pretese, sicchè i compensi dei collaudatori calcolati sulla disamina di tutte le riserve transatte, intervenuta dieci anni dopo la definizione amministrativa del rapporto, avevano trovato conferma nella sentenza di appello senza che la corte territoriale, che si era limitata a richiamare per relationem le motivazioni del primo giudice, avesse confutato le contestazioni portate dall’appellante sulla inutilità di un esame delle riserve e collaudo di un’opera abbandonata e transatta nei suoi importi.
4. Con il secondo motivo la ricorrente fa valere la violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in cui era incorsa la corte di merito nell’applicazione dell’art. 91 c.p.c., comma 2; del R.D. n. 350 del 1895, artt. 100 e 117, in relazione agli artt. 1965 e 1966 c.c.. I giudici di appello avevano errato nel ritenere che i compensi maturati dai collaudatori potessero essere parametrati all’intero valore delle riserve iscritte in contabilità dell’impresa non tenendo conto che ogni attività si era fermate all’11° sal per i contrasti insorti tra le parti e non, invece, al ben più contenuto ammontare delle prime come determinato nella transazione definita tra committente ed esecutrice.
5. Va data congiunta trattazione ai due motivi di ricorso che, manifestamente fondati, determinano questa Corte di cassazione, nel loro accoglimento, a cassare con rinvio la sentenza impugnata.
La sentenza della Corte di appello di Messina è nulla per difetto assoluto di motivazione perchè il meccanismo generico della relatio, operato con richiamo alla sentenza di primo grado non da conto dell’iter logico osservato da quest’ultima, non permettendo in tal modo, in sede di legittimità, di cogliere i passaggi che sostengono la decisione impugnata. Come questa Corte di cassazione ha in più occasioni affermato, la sentenza d’appello può essere motivata “per relationem”, purchè il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicchè dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutatone di infondatezza dei motivi di gravame (Cass. n. 27112 del 25/10/2018; Cass. n. 28139 del 05/11/2018; Cass. n. 20883 del 05/08/2019). Ciò posto, la questione rimasta non scrutinata nelle motivazioni della Corte territoriale è quella della individuazione della fonte dei compensi rivendicati in monitorio dai collaudatori dell’opera pubblica e computati sull’intero importo dello statò finale dei lavori nonostante la transazione intervenuta tra le parti e la rinuncia del 90% delle riserve iscritte da parte dell’appaltatrice.
I giudici di appello hanno inoltre obliterato il certificato di collaudo, pacificamente in atti non emesso non essendo stata realizzata l’opera appaltata, con la cui accettazione, invece, per pacifica giurisprudenza di questa Corte di cassazione, si perfeziona, per quanto rileva in giudizio, anche la fattispecie generativa del diritto del collaudatore al compenso (Cass. n. 12884 del 26/05/2010; Cass. n. 1832 del 26/01/2011).
Non dà poi conto la cotte di merito del rilievo assolto nell’indicata fattispecie negoziale dalla nota n. 2521 prot. del 15 dicembre 2006 dell’Assessorato alla Sanità (p. 3 motivazione) con cui si era richiesta alla Commissione di collaudo la disamina di tutte le riserve iscritte in contabilità per l’emissione di “certificato di fine rapporto” che, intesa solo come confermativa della complessità dell’attività dalla stessa Commissione svolta, non viene dai giudici di appello poi raccordata alla distinta vicenda dell’appalto e della sua definizione amministrativa per transazione.
6. In accoglimento dei motivi di ricorso, la sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio alla Corte di appello di Messina, in altra composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie i motivi di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Messina, in altra composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021
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