LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 3949/2012 R.G., proposto da:
S.B.N. Costruzioni s.p.a, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv.to Antonello Linetti e dall’avv.to Daniele Manca Bitti, elettivamente domiciliata presso l’avv.to Daniele Manca Bitti in Roma, Via Luigi Lucani n. 1, giusta procura in margine al ricorso;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 21/15/11 della Commissione tributaria Regionale della Lombardia (di seguito, CTR), depositata in data 24/03/2011 e non notificata;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa D’Angiolella Rosita nella camera di consiglio del 15 ottobre 2021;
viste le conclusioni del sostituto procuratore generale, Dott. Basite Tommaso, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, ex art. 23, comma 8 bis, con. conv. con mod. in L. 18 dicembre 2020, n. 176, di rigetto dei motivi dal primo al quinto, con accoglimento del sesto.
FATTI DI CAUSA
1. Con avviso di accertamento l’Agenzia delle entrate contestava, alla società S.B.N. Costruzioni s.p.a. (di seguito, S.B.N.), per l’anno 2003, ai fini Irpef ed Irap, a) l’indeducibilità di costi non inerenti in quanto non documentati, per Euro 28.195,87, b) l’indeducibilità di costi per rimborsi chilometrici riguardanti l’utilizzo di un’autovettura non intestata alla società ma detenuta in leasing e avente una potenza superiore ai 17 cavalli fiscali, per Euro 16.505,42, c) l’indeducibilità, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 37 bis, di minusvalenza generata dalla cessione di quote della società I Vigenti Costruzioni s.r.l., per Euro 585.750,00.
2. La S.B.N. proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento che veniva parzialmente accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, limitatamente alla minusvalenza ed ai costi non documentati.
3. L’Agenzia delle entrate proponeva appello avverso tale sentenza innanzi alla CTR della Lombardia, che, con la sentenza in epigrafe, accoglieva il gravame dell’Ufficio, confermando l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società contribuente.
4. S.B.N. Costruzioni s.p.a. ha presentato ricorso per la cassazione della sentenza della CTR affidato a sei motivi.
5. L’Agenzia delle entrate ha depositato foglio di costituzione ai soli fini della sua partecipazione all’udienza pubblica.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, la società ricorrente censura il capo della decisione impugnata, riguardante i costi non documentati, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. e delle correlate norme in materia tributaria (D.P.R. 29 settembre 1972, n. 633, art. 54), per aver la CTR invertito l’onere della prova a svantaggio del contribuente incombendo, a suo dire, sull’Amministrazione finanziaria l’onere di dimostrare la non inerenza dei costi.
1.1. Anche il secondo motivo di ricorso si appunta sulla statuizione sulla indeducibilità dei costi non documentati, denunciandosi con esso il vizio di motivazione della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, previgente formulazione (trattandosi di sentenza depositata in data 24/03/2011), là dove “omette di esprimersi in merito alle prove allegate dall’Ufficio in relazione alla presunta falsità delle prestazioni ricevute dalla SL Invest s.r.l.”, così determinando un deficit motivazionale sulle regole di riparto dell’onere probatorio.
2. Il capo della sentenza aggredito con i due motivi di ricorso riguarda le fatture emesse dalla società SL Invest s.r.l. per la somma di Euro 28.195,87, oltre Iva, quali costi non deducibili perché non documentati. L’ipotesi dell’Ufficio di indebita detrazione di fatture, si fondava sul fatto che esse apparivano come mai poste in essere, non avendo la società emittente delle fatture alcun dipendente e non essendo stata tracciabile alcuna documentazione inerente all’attività prestata (v. sentenza impugnata, pag. 1).
2.1. La CTR, nel riformare la sentenza di primo grado, ha ritenuto legittima la relativa ripresa a tassazione per mancanza di effettività delle prestazioni di cui alle fatture emesse dalla SL Invest s.r.l., evidenziando come la sola visura camerale relativa alla società e SL Invest s.r.l., così come l’attività in essa enunciata, non costituissero elementi sufficienti a dimostrare l’effettività delle prestazioni di cui alle fatture prodotte dalla S.B.N. che, d’altro canto, non aveva prodotto la documentazione inerente alle prestazioni concordate con la società SL Invest, come, ad esempio, il contratto di consulenza o di incarico o la corrispondenza tra esse intervenuta. Sul mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte della S.B.N., la CTR ha stigmatizzato come confliggente con i principi di cui all’art. 2697 c.c., il comportamento di essa contribuente, essendosi limitata ad affermare fatti irrilevanti ai fini del decidere come la circostanza che pur essendoci stati “migliaia di documenti stilati dalla SL Invest”, nessuno di questi, recasse l’indicazione della provenienza (v. sentenza pag. 3 penultimo e ultimo capoverso, e pag. 4 primo capoverso).
3. Le motivazioni rese dai secondi giudici, come appena riportate per sintesi, evidenziano l’infondatezza del primo e del secondo mezzo.
3.1. Il primo mezzo, risulta superato dai principi enunciati da questa Corte in tema di IVA, secondo cui qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che le operazioni commerciali oggetto di fatturazione non sono mai state poste in essere, indicando gli elementi, anche indiziari, sui quali si fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo, altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, trattandosi di dati e circostanze facilmente falsificabili (cfr., Sez. 6-5, 15/05/2018, n. 11873). Ed invero, la fittizietà delle operazioni – e fittizie devono considerarsi le operazioni di cui alle fatture non documentanti il rapporto sottostante – comporta il venir meno dell’indefettibile requisito dell’inerenza tra i costi medesimi e l’attività imprenditoriale, inerenza che è onere del contribuente provare, al pari dell’effettiva sussistenza e del preciso ammontare dei costi medesimi; “tale ultima prova non può, peraltro, consistere nella esibizione della fattura, in quanto espressione cartolare di operazioni commerciali mai realizzate, né nella sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, i quali vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia.” (così, Sez. 5, 19/12/2019, n. 33915).
3.2. Il secondo mezzo si palesa privo di pregio alla luce delle motivazioni della sentenza impugnata sopra riportate. Da esse non emerge alcun deficit motivazionale, avendo la CTR descritto il processo cognitivo tramite il quale ha valutato a favore dell’Ufficio gli elementi indiziari, da questo dedotti, anche rispetto alle regole di riparto dell’onere probatorio che ha visto la società contribuente incapace di dimostrare il suo assunto (sul contenuto “statico” – determinante la carenza motivazionale – e “dinamico”, che esclude il vizio della motivazione, cfr., Cass. Sez. 5, 23/01/2006, n. 1236; Sez. 6-5, 29/07/2016, n. 15964; richiamate da Sez. 5, 20/12/2018, n. 32980).
4. Col terzo ed il quarto mezzo la ricorrente aggredisce la statuizione della sentenza riguardante la ripresa a tassazione della minusvalenza, per Euro 585.750,00, generata dalla vendita delle quote di “I Vigneti Costruzioni s.r.l.” effettuata da S.B.N. a SL. Invest in data 18/11/2003, deducendo ora (terzo motivo), la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37 bis e delle regole di riparto dell’onere probatorio, ora (quarto motivo) la carenza motivazionale in ordine alla supposta elusione.
4.1. La violazione di legge che viene addebitata alla sentenza d’appello consisterebbe, dunque, nel non aver verificato la sussistenza dei presupposti per l’applicabilità del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, in quanto la CTR si sarebbe limitata a considerare che l’integrazione del contratto di appalto, risalente al 28 febbraio 2002, e quindi in data antecedente alla revisione del prezzo effettuata in data 26 marzo 2003, non giustificasse la svalutazione delle quote della società “I Vigneti Costruzioni” tra il 17/4/2003 (acquisto da parte di S.B.N. con valorizzazione delle quote in Euro 2.221.000,00) ed il 18/11/2003 (data della cessione da S.B.N. a SL Invest per il prezzo di 1.080.000,00 con valorizzazione delle quote in Euro 1.440.000,00).
4.2. Circa la configurabilità dell’elusione fiscale di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, commi 4 e 5, questa Corte ha chiarito che si realizza un’operazione elusiva, inopponibile all’Amministrazione finanziaria quando il collegamento tra due o più negozi giuridici sia privo di valide ragioni giustificative, sicché l’operazione complessiva appaia sostanzialmente preordinata a conseguire vantaggi fiscali altrimenti indebiti (v. Sez. 5, 30/10/2018, n. 27544).
4.3. Tuttavia, la configurazione del principio di divieto dell’abuso, va oltre la regola generale di cui alla disposizione normativa invocata in ricorso, avendo questa Corte, sin dalle sentenze a Sezioni unite del 2 dicembre 2008, nn. 30055, 30056 e 30057, riconosciuto l’immanenza nel sistema tributario italiano del divieto di abuso del diritto già in precedenza affermato dalla Corte di giustizia (Corte giustizia Ce, grande sezione, sentenza del 21 febbraio 2006, cause C-255/02 e C-223/03, Halifax; Corte giustizia Ce, sentenza del 21 febbraio 2008, causa C-425/06, Part. Service).
4.4. Gli esiti della giurisprudenza di questa Corte hanno portato alla configurazione di un principio di divieto dell’abuso del diritto “autonomo” rispetto a quello di derivazione comunitaria, in quanto i principi di capacità contributiva e di progressività (art. 53 Cost.), renderebbero sussistente nel sistema nazionale “il principio secondo cui il contribuente non può trarre indebiti vantaggi fiscali dall’utilizzo distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione”, principio generale che non contrasterebbe con la presenza di specifiche norme antielusive (tra cui il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37-bis), che vanno apprezzate come “mero sintomo dell’esistenza di una regola generale” (così, Sez. U., 23/12/2008, n. 30055).
4.5. La condotta abusiva è configurabile, dunque, ad ogni operazione economica realizzata attraverso l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione normativa, di strumenti giuridici posti in essere al solo scopo, elusivo, di realizzare un risparmio di imposta, con la conseguenza che il divieto di siffatte operazioni non opera in presenza di ragioni economicamente apprezzabili che si possano spiegare altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi di imposta (cfr., ex plurimis, Sez. U., 23/12/2008, n. 30055; Sez.5, 30/11/2012, n. 21390; Sez. 5, 06/03/201 5, n. 4561; Sez. 5, 23/11/2018, n. 30404; Sez. 5, 31/12/2019, n. 34750; Sez. 5, 24/06/2021, n. 18239; Sez. 5, 21/07/2020, n. 15510; Sez. 5, 02/04/2021, n. 9135).
4.6. Quanto alla prova del disegno elusivo, nonché delle modalità di distorsione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato ed utilizzati solo per pervenire a quel risultato fiscale, spetta all’Amministrazione finanziaria l’onere di spiegare perché lo schema negoziale impiegato dal contribuente abbia carattere anomalo o inadeguato rispetto all’operazione economica intrapresa, mentre ricade sul contribuente l’onere di provare l’esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti che giustifichino operazioni in quel modo strutturate (v. Sez. 5, 21/01/ 2009, n. 1465; id. Sez. 5, 26/02/2014, n. 4603; Sez. 5, 30/11/2012, n. 21390; Sez. 5, 20/5/2016, n. 10458).
4.7. La sentenza impugnata risulta coerente con tali principi, avendo concluso per la sussistenza dell’operazione elusiva attraverso la specifica valutazione, insindacabile in questa sede, degli elementi indiziari risultanti dagli atti posti a base dell’accertamento dell’Ufficio; né, d’altro canto, riescono a provare il contrario le “Evidenziazioni delle valide ragioni economiche che hanno giustificato l’operazione”, di cui alle pagg. 22 e ss. del ricorso, in quanto con esse si introducono fatti di cui si chiede, inammissibilmente, una nuova valutazione che non è consentita in sede di legittimità (Cass. Sez. 6 -3, 04/04/2017, n. 8758) senza neppure soddisfare l’onere di localizzare gli atti dei giudizi di merito in cui sarebbero state dedotte tali “ragioni economiche”, con evidente novità di tali questioni.
5. Il quarto mezzo è inammissibile, così come il secondo, proprio in quanto dall’apparato motivazionale della sentenza si ricava come il giudice di appello abbia giustificato le ragioni del suo convincimento circa la sussistenza di un’operazione elusiva.
6. Col quinto ed il sesto mezzo la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui, da un lato, ha violato l’art. 95 t.u.i.r., non riconoscendo la deducibilità dei costi sostenuti per l’utilizzo dell’autoveicolo BMW 7451, di potenza superiore ai 17 cavalli fiscali, in quanto intestato ad una società di leasing (quinto motivo), dall’altro (sesto motivo), in quanto recante una motivazione insufficiente sul perché, qualora il veicolo sia intestato ad una società di leasing, non possano dedursi i costi relativi al suo utilizzo.
6.1. L’art. 164 t.u.i.r. prevede, in via generale, i limiti di deduzione delle spese e degli altri componenti negativi, relativi a taluni mezzi di trasporto a motore, utilizzati nell’esercizio di imprese, arti e professioni, distinguendo i veicoli a deducibilità integrale (art. 164 TUIR, comma 1, lett. a) e i veicoli a deducibilità limitata (art. 164 TUIR, comma 1, lett. b) e b-bis).
L’art. 95 t.u.i.r., regola specificamente le spese per prestazioni di lavoro e, nell’ultimo inciso del comma 3, prevede che ove il dipendente o il titolare di collaborazione continuata e coordinata, sia stato autorizzato ad utilizzare un autoveicolo di sua proprietà, ovvero noleggiato, per trasferte, la spesa deducibile è limitata, rispettivamente, al costo di percorrenza o alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli, ovvero 20 se con motore diesel.
Per i veicoli non disciplinati dal TUIR è principio assolutamente pacifico che si applica il principio generale dell’inerenza (art. 109 t.u.i.r., comma 5).
6.2. La CTR, nella parte in cui ha escluso la deducibilità dei costi relativi all’utilizzo dell’autovettura in quanto detenuta in leasing, non ha fatto corretta applicazione della normativa di riferimento che, in combinato disposto delle disposizioni richiamate, lega la deducibilità delle spese di utilizzo degli autoveicoli esclusivamente alla loro funzione strumentale rispetto all’attività di impresa, senza limiti derivante dalla “proprietà” o dal “noleggio” degli stessi. Peraltro, come indicato dalla società ricorrente, l’art. 95 t.u.i.r consente espressamente la deducibilità dei costi derivanti dall’uso di autoveicoli noleggiati, cui il leasing afferisce, col solo limite percentuale della potenza fiscale.
6.3. Ed invero, il leasing finanziario, o locazione finanziaria, è una forma di acquisto dell’autoveicolo in un determinato periodo di tempo (in genere non inferiore ai 48 mesi), potendo il locatario, alla fine del periodo, esercitare il diritto di riscatto del bene, acquistando la proprietà dell’autovettura. Esistono, peraltro, forme di leasing finanziario assimilabili al noleggio a lungo termine, in quanto comprensive di assicurazione e manutenzione per tutta la durata del canone. I canoni di leasing, rappresentano, dunque, per l’utilizzatore, in via generale, un costo deducibile, sempre che il bene oggetto del contratto sia strumentale all’attività di impresa e, quindi, inerente.
6.4. La CTR non ha fatto retta applicazione di tali principi in base ai quali avrebbe dovuto operare un giudizio sull’inerenza dei relativi costi anche se derivanti da un contratto di leasing – ovvero se i costi derivanti dall’utilizzo in leasing dell’autovettura, fossero inerenti e quindi strumentale per l’esercizio dell’impresa – ed infine, calcolare la potenza fiscale per i limiti percentuali della deduzione.
7. La decisione impugnata, in parte qua, risente anche di un deficit motivazionale, nella parte in cui, contravvenendo la disposizione in parola, non ha spiegato in che termini la fattispecie al suo esame non rientrasse nei parametri della deducibilità, in relazione all’effettiva esistenza di importi eccedenti quelli fiscalmente deducibili.
8. In conclusione, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio, in parte qua, alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, perché verifichi la sussistenza dei presupposti per la deducibilità dei costi inerenti all’utilizzo dell’autovettura detenuta in leasing dalla società S.B.N. 9. Il giudice di rinvio è tenuto a provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso limitatamente ai motivi quinto e sesto, rigettandolo nel resto. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta sezione civile, il 15 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022