LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f –
Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez. –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso, iscritto al NRG 5263 del 2021, promosso da:
B.L., rappresentata e difesa dall’Avvocato Vincenzo De Michele;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, e CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio presso gli Uffici di questa in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
– controricorrenti –
e contro
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (INPS), rappresentato e difeso dagli Avvocati Carla d’Aloisio, Lelio Maritato, Antonino Sgroi, Emanuele De Rose, e Antonietta Coretti, con domicilio eletto presso gli Uffici dell’Avvocatura centrale dell’Istituto medesimo in Roma, via Cesare Beccaria, n. 29;
– controricorrente –
per regolamento preventivo di giurisdizione nel giudizio pendente inter partes dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, sede di Bologna, iscritto al n. 702 del 2020 R.G.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio dell’11 gennaio 2022 dal Consigliere Dott. Alberto Giusti;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Mario Fresa, che ha chiesto che la Corte dichiari inammissibile il ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. – Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, sede di Bologna, iscritto al n. 702/2020 R.G., la Dott.ssa B.L., sulla premessa di aver svolto ininterrottamente, dal 14 gennaio 2002 e fino al momento di introduzione del giudizio, le funzioni giurisdizionali di giudice di pace, sempre presso l’Ufficio del giudice di pace di Rimini, ha chiesto che venga accertato e dichiarato il suo diritto ad ottenere lo status di pubblico dipendente equiparabile quanto alle condizioni di lavoro al magistrato professionale fino al raggiungimento del 75^ anno di età o, in subordine, del 70^ anno di età, con conseguente condanna del datore di lavoro Ministero della giustizia al pagamento delle differenze retributive maturate e maturande e alla ricostruzione della posizione giuridica, economica, assistenziale e previdenziale.
La ricorrente ha rassegnato tali conclusioni previa richiesta di disapplicazione delle norme interne incompatibili con il diritto dell’Unione Europea, anche alla luce della sentenza del 16 luglio 2020 della Corte di giustizia nella causa C-658/18 e della emananda decisione della stessa Corte nella causa pregiudiziale C-236/20 in risposta ai quesiti pregiudiziali di cui all’ordinanza del 1 giugno 2020, n. 363/2020, dello stesso TAR.
Nell’atto introduttivo la ricorrente si è doluta anche del sistema dei quattro rinnovi di durata quadriennale dell’incarico di magistrato onorario già in servizio al momento dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 116 del 2017, previsto dall’art. 29, comma 1, dello stesso D.Lgs.. Secondo la ricorrente, detta parte della riforma della magistratura onoraria avrebbe irragionevolmente risolto automaticamente il rapporto di impiego con il Ministero della giustizia al compimento del 68^ anno di età, e non al compimento del 75^ anno di età come avveniva fino al 15 agosto 2017 in virtù dell’abrogata norma della L. n. 374 del 1991, art. 7, comma 2.
La ricorrente ha prospettato, al riguardo, la discriminazione diretta per età sia rispetto ai giudici di pace che sono cessati dall’incarico al compimento del 75^ anno entro il 15 agosto 2017, sia rispetto ai componenti delle commissioni tributarie che, ai sensi del D.Lgs. n. 545 del 1992, art. 11, comma 2, cessano dall’incarico al compimento del 75^ anno di età.
La Dott.ssa B., nell’ambito del giudizio ordinario, ha spiegato anche domanda cautelare per ottenere la sospensione dell’automatica cessazione dal servizio in data 9 novembre 2020 e la concessione di una misura idonea a consentirle di espletare le funzioni di giudice di pace fino al 70^ anno di età, fatto salvo l’eventuale provvedimento di non conferma.
Con decreto presidenziale in data 5 novembre 2020, il Tribunale amministrativo regionale ha accolto provvisoriamente la domanda cautelare. All’esito dell’udienza camerale, il TAR ha emesso l’ordinanza del 10 dicembre 2020 con la quale ha disposto la prosecuzione dell’attività istituzionale di giudice di pace della ricorrente oltre la data di compimento del 68^ anno di età.
Il Ministero della giustizia e il Consiglio superiore della magistratura hanno proposto appello al Consiglio di Stato avverso l’ordinanza cautelare, che è stato accolto con ordinanza n. 646 del 2021.
2. – Nella pendenza del giudizio dinanzi al Tribunale amministrativo, la Dott.ssa B., con ricorso del 6 febbraio 2021, ha proposto regolamento preventivo di giurisdizione.
La ricorrente ha osservato che il regolamento preventivo di giurisdizione dovrebbe essere consentito in ragione della posizione istituzionale della Corte di Cassazione, della forza esterna della sua pronuncia e dello specifico impatto che essa esercita sulla ragionevole durata del processo in presenza di ragionevoli dubbi sui limiti esterni della giurisdizione del giudice adito, come quelli che, a suo avviso, emergerebbero dal consolidato orientamento del Consiglio di Stato in subiecta materia sulla “carenza assoluta di ogni tutela”, quindi di un interesse concreto ed immediato ad una risoluzione della quaestio da parte delle Sezioni Unite in via definitiva ed immodificabile.
Il ricorso dedica un’ampia e dettagliata narrativa alle “questioni pregiudiziali Ue e di costituzionalità sulla nozione di lavoratore del pubblico impiego del giudice di pace equiparabile al magistrato professionale”, con particolare riferimento alla pregiudiziale Ue del Giudice di pace di Bologna, nella causa C-658/18, alla questione di legittimità costituzionale del TAR del Lazio sullo stato giuridico del giudice di pace e l’equiparazione alle condizioni di lavoro della magistratura professionale, alla questione pregiudiziale Ue del Tribunale di Vicenza sullo stato giuridico di una giudice onoraria di tribunale, all’ordinanza di legittimità costituzionale del Giudice di pace di Lanciano su tutta la normativa interna che regola lo status della magistratura onoraria di pace, all’ordinanza pregiudiziale Ue del TAR dell’Emilia-Romagna sullo stato giuridico dei giudici di pace, alla sentenza UX della Corte di giustizia su indipendenza del giudice di pace e nozione di lavoratore pubblico equiparabile alle condizioni di lavoro del magistrato ordinario, alla discriminazione per età e alla lesione dell’indipendenza della magistratura onoraria, alla normativa interna “che ha generato la discriminazione per età per limitare l’indipendenza della magistratura onoraria, ordinaria, amministrativa e contabile”, allo ius superveniens dell’equiparazione tra magistratura onoraria e magistratura ordinaria alla luce della sentenza UX della Corte di giustizia e della sentenza n. 267 del 2020 della Corte costituzionale, alla persistenza dell’inadempimento del Governo su indipendenza e diritti della magistratura onoraria”.
La ricorrente ha chiesto quindi che le Sezioni Unite, riconoscendo al giudice di pace lo status di lavoratore subordinato del pubblico impiego equiparabile alle condizioni di lavoro del giudice professionale, accolgano il ricorso per regolamento preventivo, “dichiarando la piena competenza del giudice amministrativo adito sulla cognizione dei diritti richiesti nell’atto introduttivo”.
La Dott.ssa B. ha formulato inoltre istanza affinché la Corte di cassazione, come giudice di ultima istanza, sollevi questione pregiudiziale sulla discriminazione per età ai sensi dell’art. 267 TFUE, sostenendo che la disciplina Eurounitaria osterebbe rispetto a disposizioni interne che, senza ragioni oggettive, avrebbero provocato una situazione di discriminazione diretta per età nei confronti della ricorrente, una situazione di discriminazione diretta collettiva per età nei confronti di tutti i magistrati onorari, una situazione di discriminazione diretta collettiva per età nei confronti di tutti i magistrati ordinari, amministrativi e contabili.
Premessa la coesistenza della doppia pregiudiziale costituzionale e Ue in materia di tutela dei diritti fondamentali, la ricorrente ha chiesto che la Corte sollevi inoltre questioni di legittimità costituzionale sulle disposizioni che stabiliscono una retribuzione a cottimo dei giudici di pace discriminatoria rispetto alle condizioni di lavoro applicate ai magistrati ordinari e che fissano al compimento del 68^ anno di età la data di cessazione delle funzioni giurisdizionali dei giudici di pace in servizio alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 116 del 2017.
3. – Hanno resistito, con controricorso, il Ministero della giustizia e il Consiglio superiore della magistratura, concludendo per l’inammissibilità del regolamento di giurisdizione, nonché per l’inammissibilità, e in ogni caso per la manifesta infondatezza, della istanza di rimessione della questione pregiudiziale innanzi alla Corte di giustizia dell’Unione Europea e della questione di costituzionalità.
4. – Anche l’Istituto nazionale della previdenza sociale – INPS si è difeso con controricorso, con conclusioni nel senso della inammissibilità del ricorso per regolamento preventivo.
5. – Il Pubblico Ministero, nelle conclusioni scritte ex art. 380-ter c.p.c., ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Difetta – ha sottolineato l’Ufficio del Procuratore Generale – l’interesse ad agire di parte ricorrente, non sussistendo alcun elemento, di fatto o di diritto, che possa far dubitare della giurisdizione del giudice adito, la cui corretta individuazione non è stata contestata da nessuna delle parti convenute.
Dall’inammissibilità del ricorso deriva – ha osservato il Pubblico Ministero – l’assorbimento delle questioni di legittimità costituzionale che, nei termini sollevati, non inciderebbero sulla attribuzione della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo, ma, semmai, sul merito della decisione e sulla legittimità delle norme che escludono l’equiparazione dei magistrati onorari ai magistrati ordinari ai fini retributivi, giuridici e pensionistici.
6. – In prossimità della Camera di consiglio la ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – L’istanza di regolamento preventivo di giurisdizione riguarda una controversia vertente sulla richiesta di una giudice di pace di ottenere lo status di pubblico dipendente equiparabile quanto alle condizioni di lavoro e all’età del collocamento a riposo al magistrato professionale, con condanna dell’amministrazione al pagamento delle differenze retributive e alla ricostruzione della posizione giuridica, economica, assistenziale e previdenziale.
2. – La controversia è stata promossa dinanzi al giudice amministrativo, dove si trova attualmente pendente.
3. – Con la memoria in prossimità della Camera di consiglio la ricorrente ha suggerito a queste Sezioni Unite di valutare l’opportunità di rinviare ad altra data il ricorso, in attesa della pronuncia della Corte costituzionale sull’ordinanza del Giudice di pace di Lanciano (reg. ord. n. 184 del 2020, fissata nell’udienza pubblica dell’11 gennaio 2022).
Con tale ordinanza è stato sollevato il dubbio se del D.Lgs. n. 116 del 2017, artt. da 1 a 33, nella parte in cui tali disposizioni sono estese ai giudici di pace già in servizio alla data di entrata in vigore del D.Lgs., della L. n. 57 del 2016, art. 5, là dove affida il coordinamento degli Uffici del Giudice di pace al Presidente del Tribunale, della L. n. 374 del 1991, art. 11, comma 4-ter, nella parte in cui stabilisce che l’importo di Euro 72.000 lordi annui costituisca il tetto massimo e non la retribuzione lorda annuale comunque spettante al giudice di pace in servizio alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 116 del 2017, D.L. n. 18 del 2020, art. 119, nella parte in cui riconosce ai magistrati onorari un contributo economico inadeguato per il periodo di sospensione dell’attività giudiziaria nei mesi di marzo-maggio 2020, del D.Lgs. n. 75 del 2017, art. 20, là dove non estende anche ai giudici di pace la procedura di stabilizzazione e di superamento del precariato prevista per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni in regime di rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato, del D.L. n. 18 del 2020, artt. 42, comma 2 e art. 83, e altre disposizioni in cui “hanno paralizzato e paralizzano l’attività giurisdizionale di questo giudice di pace” nel periodo dal 9 marzo 2020 al 31 gennaio 2021, privandolo di ogni fonte di reddito e ledendone l’indipendenza sotto il profilo soggettivo del giudice e quindi il giusto processo, senza assicurare neanche la tutela previdenziale ed assicurativa in caso di disoccupazione prevista per gli altri lavoratori dipendenti del Ministero della giustizia, violino gli artt. 3,4,36,38,97,101,104,106,107,108,111,117 Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 15,20,21,30,31,34 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, alle clausole 1, 4 e 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, recepito dalla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 (relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato), nonché in relazione agli artt. 1, 2, 4, 12, 24 della Carta sociale Europea (Cse), approvata a Torino il 18 ottobre 1961 e rivista a Strasburgo in data 3 maggio 1996, ratificata con L. n. 30 del 1999.
Il Collegio delle Sezioni Unite ritiene di dover disattendere l’istanza di rinvio, perché la questione all’esame della Corte costituzionale non incide sul riparto di giurisdizione.
4. – Il ricorso per regolamento di giurisdizione è stato proposto dalla stessa ricorrente nel giudizio a quo, la quale non espone alcun ripensamento sulla giurisdizione adita e, anzi, insiste perché venga riconosciuta; e neppure deduce, nel ricorso, che le altre parti del processo, le amministrazioni resistenti, abbiano eccepito alcunché o che lo stesso giudice amministrativo, al quale la giudice di pace si è rivolta, abbia manifestato, nel corso del procedimento, riserve sulla sussistenza della propria giurisdizione.
Sulla giurisdizione del giudice amministrativo adito dalla stessa ricorrente non è sorto né è stato sollevato alcun dubbio nel corso del giudizio di primo grado dinanzi al Tribunale amministrativo regionale e della fase cautelare svoltasi, in grado di appello, di fronte al Consiglio di Stato.
Le conclusioni della ricorrente, in punto di giurisdizione, sono nel senso della declaratoria della “piena competenza del giudice amministrativo adito sulla cognizione dei diritti richiesti nell’atto introduttivo”. Anche nella memoria (a pagina 15) la ricorrente insiste “per la competenza del giudice amministrativo adito”.
C’e’ assoluta convergenza tra le parti sulla spettanza della giurisdizione al giudice dinanzi al quale la controversia è stata incardinata: giurisdizione di cui lo stesso giudice amministrativo ha dato mostra di ritenere di essere munito esaminando nel fondo la richiesta di tutela cautelare.
Nella memoria depositata in prossimità della Camera di consiglio, pervero, la ricorrente sostiene che non sarebbe esatto che le parti resistenti in causa in primo grado non abbiano mai dubitato della giurisdizione, perché in realtà – si afferma – “Ministero della giustizia e CSM sia nella costituzione in giudizio in primo grado davanti al TAR Emilia-Romagna sia nel ricorso in appello davanti al Consiglio di Stato contro la sospensiva concessa dal giudice amministrativo di primo grado hanno sempre e costantemente richiamato la giurisprudenza” anche della Corte di cassazione “che nega la giurisdizione (sia amministrativa che ordinaria) sui diritti vantati dalla ricorrente davanti al giudice amministrativo”. A sostegno dell’assunto si richiama il passo del ricorso in appello del Ministero e del Consiglio superiore (punto 5, pagina 11, ultimo periodo) in cui è scritto: “Proprio sulla base delle argomentazioni che precedono, in ragione della non assimilabilità del rapporto di servizio del giudice onorario al rapporto organico del magistrato professionale, è stato più volte evidenziato in giurisprudenza come la situazione dei giudici onorari non sia equiparabile a quella dei magistrati professionali, con conseguente non estensibilità ai giudici onorari di disposizioni previste per i magistrati di professione, senza che in ciò possa ravvisarsi alcuna violazione di norme costituzionali, e, in particolare, dell’art. 3 Cost., essendo del tutto giustificata una diversità di trattamento delle due figure”.
In realtà, questo passo del ricorso in appello davanti al Consiglio di Stato contro la sospensiva concessa dal TAR non denota affatto che il Ministero e il CSM abbiano messo in dubbio la giurisdizione del giudice amministrativo adito dalla Dott.ssa B.; evidenzia, piuttosto, che essi hanno dedotto un profilo di infondatezza, nel merito, della domanda avanzata davanti a quel giudice in ragione della non assimilabilità del magistrato onorario al magistrato professionale e della conseguente non estensibilità al primo della disciplina dettata per il secondo.
5. – Conviene premettere, in generale, che la natura oggettiva dell’interesse alla corretta soluzione della questione di giurisdizione implica la legittimazione ad accedere con lo strumento del regolamento preventivo, ai sensi dell’art. 41 c.p.c. (cui fa rinvio l’art. 10 cod. proc. amm.), al giudice regolatore della giurisdizione anche del soggetto che, avendo instaurato il giudizio di merito non ancora definito, abbia poi ragionevolmente dubitato della correttezza della originaria scelta da lui effettuata.
Si tratta di una possibilità che, al soggetto che ha promosso il giudizio di merito, è tuttavia data non ad libitum, ma solo in presenza di ragionevoli dubbi sulla giurisdizione del giudice adito, quindi di un interesse concreto ed immediato ad una risoluzione della quaestio da parte delle Sezioni Unite, in via definitiva ed immodificabile, onde evitare che la sua risoluzione in sede di merito possa incorrere in successive modifiche nel corso del giudizio, ritardando la definizione della causa, anche al fine di ottenere un giusto processo di durata ragionevole.
Occorre dunque, per la proposizione del regolamento da parte dello stesso soggetto che ha adito il giudice dinanzi al quale pende la controversia, il requisito del ragionevole dubbio sulla giurisdizione (Cass., Sez. Un., 27 novembre 2019, n. 31029; Cass., Sez. Un., 9 giugno 2021, n. 16082; Cass., Sez. Un., 21 dicembre 2021, n. 40953).
L’orientamento delle Sezioni Unite è costante in questo senso: il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione è inammissibile per difetto dell’interesse ad agire quando non sussista alcun elemento di fatto e di diritto che possa far dubitare della giurisdizione del giudice adito e nessuna delle parti ne contesti la corretta individuazione (Cass., Sez. Un., 30 giugno 2008, n. 17776; Cass., Sez. Un., 25 ottobre 2013, n. 24155; Cass., Sez. Un., 16 dicembre 2013, n. 27990; Cass., Sez. Un., 10 febbraio 2017, n. 3557).
6. – Poste tali premesse, è fondata l’eccezione, sollevata dal Ministero, dal Consiglio superiore e dall’Istituto controricorrenti, e condivisa dal Pubblico Ministero, di inammissibilità del regolamento preventivo.
Il regolamento preventivo è stato sollevato, dalla parte che ha introdotto la domanda di merito, in mancanza di una questione, reale o potenziale, di giurisdizione, in assenza, cioè, di un dubbio ragionevole sulla attribuzione del potere di decidere all’adito giudice amministrativo invece che ad altro plesso.
Infatti, la giurisdizione dell’adito giudice amministrativo, ritenuta dalla ricorrente nell’originario ricorso al TAR, non è stata affatto contestata dalle amministrazioni resistenti; ed anche nel presente giudizio per regolamento preventivo di giurisdizione la ricorrente insiste perché sia affermata la giurisdizione del giudice amministrativo e le amministrazioni controricorrenti continuano a non contestare tale allegata giurisdizione, sostenendo pertanto l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse. Neppure il giudice amministrativo, che nella pendenza del giudizio di merito ha esaminato la domanda cautelare anche in fase di appello, ha manifestato riserve sulla corretta instaurazione del processo dinanzi al plesso della giurisdizione speciale.
A ciò va aggiunto che, al tempo della proposizione del ricorso per regolamento preventivo, vi era già un precedente delle Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 16 novembre 2017, n. 27198) orientato nel senso della devoluzione alla giurisdizione del giudice amministrativo della controversia, analoga alla presente, avente ad oggetto la domanda di un magistrato onorario tesa ad ottenere l’accertamento di un rapporto di impiego con il Ministero della giustizia con assimilazione al regime giuridico dei magistrati professionali.
7. – Con il ricorso per regolamento preventivo la ricorrente ha formulato anche istanze di rimessione alla Corte di giustizia di questioni di compatibilità con il diritto Eurounitario e alla Corte costituzionale di questioni di conformità a Costituzione di norme di diritto interno.
La ricorrente premette, in particolare, che il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1062 del 4 febbraio 2021, ha affermato che il magistrato onorario è tale solo in quanto e nei termini in cui viene chiamato a svolgere funzioni giurisdizionali, e che, posta una tale differenza essenziale di condizione giuridica, sono del tutto coerenti trattamenti, giuridici ed economici, differenziati rispetto a quelli previsti per i magistrati che svolgono professionalmente e in via esclusiva funzioni giurisdizionali.
Tale sentenza, ad avviso della ricorrente, rappresenterebbe una “flagrante violazione del diritto dell’Unione Europea, come interpretato dalla sentenza della Corte di giustizia del 16 luglio 2020 nella causa C658/20”.
La ricorrente sostiene che le Sezioni Unite dovrebbero riconoscere al giudice di pace “lo status di lavoratore subordinato del pubblico impiego equiparabile alle condizioni di lavoro del giudice professionale” e, sul rilievo che la normativa interna introdotta nel quadriennio 2014/2017 avrebbe “gravemente leso l’indipendenza dell’intera magistratura con le modifiche, senza ragioni oggettive, dell’età per la cessazione delle funzioni giurisdizionali”, chiede che sia sollevata questione pregiudiziale sulla discriminazione per età, con riferimento alla cessazione delle funzioni giurisdizionali come giudice di pace. Ad avviso della ricorrente, inoltre, le disposizioni che fissano al compimento del 68^ anno di età la data di cessazione delle funzioni giurisdizionali dei giudici di pace e che non assicurano al magistrato onorario le stesse condizioni di lavoro per quanto riguarda il sistema retributivo, l’inamovibilità delle funzioni e l’esercizio del potere disciplinare, si porrebbero in contrasto con la Costituzione.
8. – Con riguardo a entrambe le richieste formulate nel ricorso, di rinvio alla Corte di giustizia e di rimessione alla Corte costituzionale, la successiva memoria, depositata il 5 gennaio 2022 in prossimità della Camera di consiglio, presenta un tratto di non agevole interpretazione.
Per un verso, infatti, a pagina 14 della memoria, si afferma che “le questioni di legittimità costituzionale e di pregiudizialità Ue sollevate nel ricorso per regolamento di giurisdizione appaiono, ovviamente, superate dagli eventi normativi che hanno stravolto il quadro normativo di riferimento, oltre che l’intero ordinamento giudiziario, creando confusione e sconcerto anche per i Presidenti di Tribunale e i Procuratori della Repubblica”. Il riferimento è alla riforma del settore di cui alla L. n. 234 del 2021, art. 1, commi 629-633, con cui, nel dichiarato intento di rispondere alla procedura di infrazione avviata dalla Commissione Europea, sarebbe stata approvata, in realtà, ad avviso della ricorrente, “una profonda e inquietante riforma della magistratura onoraria già in servizio alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 116 del 2017”, “in contrasto con le osservazioni elaborate dalla Commissione Europea nella lettera di messa in mora al Governo”.
Per l’altro verso, a pagina 15 della stessa memoria, la ricorrente conclude insistendo “a maggior ragione alla luce delle nuove disposizioni e previa declaratoria di illegittimità costituzionale e contrasto con il diritto dell’Unione e con la nozione Eurounitaria di lavoratore subordinato del magistrato onorario equiparabile al magistrato professionale”.
9. – Sembra prevalere, in questo contesto, un mantenimento della richiesta della ricorrente affinché siano sollevate le questioni di compatibilità Eurounitaria e di compatibilità costituzionale.
10. – Tali questioni sono tuttavia inammissibili.
10.1. – Innanzitutto, per ricaduta, essendo inammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione con il quale sono proposte. L’inammissibilità del regolamento di giurisdizione per la mancanza di un interesse ad agire attuale, concreto ed immediato, di parte ricorrente, è destinata a travolgere anche le istanze di rimessione alla Corte di giustizia e le eccezioni di legittimità costituzionale sollevate con il ricorso preventivo.
10.2. – In secondo luogo e in ogni caso, perché – come puntualmente ha osservato il Pubblico Ministero nelle conclusioni scritte – le sollevate questioni non incidono sul tema del riparto di giurisdizione, ma riguardano il merito della controversia.
L’oggetto del regolamento preventivo verte sulla individuazione del giudice al quale spetta la competenza giurisdizionale a decidere la controversia. Pertanto, sono prive di rilevanza questioni di compatibilità con il diritto dell’Unione Europea e questioni di costituzionalità riguardanti la normativa interna sull’età prevista per la cessazione dall’incarico di giudice di pace e, più in generale, sullo status e sulle condizioni di lavoro dei magistrati onorari, giacché l’applicazione delle disposizioni della cui compatibilità si dubita non ha influenza alcuna sull’attribuzione della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo o del giudice ordinario e non determina alcuna conseguenza in tema di giurisdizione.
11. – Esaminato con la lente del reale intento perseguito, il ricorso solo formalmente mira ad ottenere una declaratoria sul riparto e sulla individuazione del giudice al quale spetta la giurisdizione.
Per sua natura, l’istituto del regolamento preventivo di giurisdizione ha la finalità di ottenere in via preventiva un responso incontestabile sulla presenza o meno della giurisdizione in capo al giudice adito, sul se, cioè, il giudice adito appartiene a quella branca dell’ordinamento cui il legislatore riconosce il potere di decidere, nei confronti di quel dato convenuto, in ordine alla situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio con la domanda.
Il qui proposto ricorso tende, invece, a fissare, in prevenzione, la regola di decisione alla quale dovrebbe attenersi il giudice amministrativo.
Lo strumento del regolamento preventivo è impiegato per una finalità rivolta al modo di decidere da parte del giudice speciale e al merito della controversia.
Questo impiego del regolamento preventivo traspare chiaramente dal testo del ricorso. Lo strumento del regolamento di giurisdizione è utilizzato “al fine di far accertare la competenza del TAR Emilia-Romagna nel riconoscere alla Dott.ssa B. lo status di lavoratore del pubblico impiego equiparabile alle condizioni di lavoro della magistratura professionale”. I “ragionevoli dubbi sui limiti esterni della giurisdizione del giudice adito” che si chiede di sciogliere sono “quelli che emergono dal consolidato orientamento del Consiglio di Stato in subiecta materia sulla carenza assoluta di ogni tutela”. Si sottolinea che la “Corte di Cassazione non si è ancora pronunciata su fattispecie riguardante lo stato giuridico e i diritti della magistratura onoraria dopo la sentenza UX della Corte di giustizia, modificando così il “diritto vivente” già cancellato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 267/2020 sulla non nozione di lavoratore subordinato dei giudici di pace”.
Il ricorso è proteso al superamento della “flagrante e… ingiustificata violazione del diritto dell’Unione Europea e della sentenza UX della Corte di giustizia” discendente dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato che “nega (..) al magistrato onorario lo status di lavoratore subordinato del pubblico impiego”.
Il senso complessivo del ricorso, nelle 45 pagine di cui si compone, tende ad ottenere, come è reso palese anche dalle proposte questioni pregiudiziali Ue e di costituzionalità, indicazioni nomofilattiche sul riconoscimento al giudice di pace dello status di lavoratore subordinato del pubblico impiego equiparabile alle condizioni di lavoro del magistrato professionale.
Tutto questo conferma l’inammissibilità del ricorso per regolamento preventivo, piegato ad uno scopo diverso da quello per il quale è predisposto dal codice di procedura civile (e dal codice del processo amministrativo).
Il regolamento preventivo di giurisdizione, infatti, è uno strumento processuale rivolto a risolvere le questioni di giurisdizione e quindi a stabilire se il giudice dinanzi al quale è stata proposta la domanda sia, o no, fornito del potere di deciderla e se, eventualmente, conoscere la controversia spetti al giudice appartenente ad un altro plesso giurisdizionale.
Non è pertanto deducibile con il ricorso per regolamento di giurisdizione la risoluzione preventiva di questioni, che non sono di giurisdizione, attinenti alla sussistenza o meno, secondo la disciplina sostanziale, dei diritti azionati dinanzi al giudice presso il quale la controversia è incardinata.
12. – Il ricorso e’, sulle conformi conclusioni del Pubblico Ministero, inammissibile.
Le spese del regolamento vanno rimesse al merito.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione e rimette al giudice del merito la liquidazione delle spese del regolamento.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022
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