LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3616-2021 proposto da:
M.R., rappresentata e difesa dagli avv.ti ALESSANDRA NOCERA e CAROLINA LONGO;
– ricorrente-
contro
MA.GA., rappresentato e difeso dall’avv. LAURA FIRINU;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1687/2020 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 16/11/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte d’appello Palermo, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto la domanda di Ma.Ga. nei confronti di M.R., di restituzione della somma di 10.000,00. La convenuta aveva negato l’obbligo di restituzione, deducendo che la dazione era avvenuta per spirito di liberalità.
La Corte d’appello, in applicazione del principio della ragione più liquida, ha accolto il secondo motivo di gravame formulato dal M., il quale aveva eccepito la nullità della donazione per difetto di forma. In particolare, la corte di merito ha riconosciuto che non ricorreva l’ipotesi della donazione di modico valore, tale da sottrarre la dazione al requisito di forma.
Per la cassazione della sentenza M.R. ha proposto ricorso, affidato a due motivi, il primo dei quali denuncia violazione delle norme in materia di donazione e di mutuo; il secondo denuncia insufficiente motivazione.
Ma.Ga. ha resistito con controricorso.
La causa è stata fissata dinanzi alla sesta sezione civile della Suprema corte su conforme proposta del relatore di inammissibilità del ricorso.
Il primo motivo è inammissibile. Le considerazioni proposte dalla ricorrente in relazione al mutuo non colgono la ratio decidendi. La Corte d’appello ha accolto la domanda restitutoria del M. non già perché abbia riconosciuto che la somma fu concessa in prestito con obbligo di restituzione; l’ha accolta perché ha ravvisato nella fattispecie una liberalità nulla, in quanto elargita manualmente in assenza del requisito del modico valore.
La ricorrente si duole della valutazione operata in proposito dalla Corte d’appello, le cui considerazioni, però, operate sulla base della situazione patrimoniale del donante, non rilevano errori logici o giuridici, essendo perciò incensurabili in questa sede. Si ricorda che l’art. 783 c.c. non detta un criterio rigido per stabilire la modicità del valore della donazione (al fine di considerarla valida anche se manca l’atto pubblico), ma lascia ai giudici del merito un margine di discrezionalità in relazione alle circostanze particolari, la cui valutazione involge un giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità, quando sia sufficientemente motivato ed immune da vizi logici (Cass. n. 3883/1974).
Lo stesso dicasi del secondo motivo, il quale allude a un vizio della decisione (insufficiente motivazione) non più proponibile in cassazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo vigente (cfr. Cass., S.U., n. 8053/2014).
La censura, del resto, ancora una volta non coglie la ratio decidendi: la Corte d’appello non ha trasformato la donazione in un contratto di mutuo. L’obbligo di restituzione è stato piuttosto identificato nella nullità del titolo donativo per difetto di forma.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, con addebito di spese.
Ci sono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti dell’obbligo del versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 26 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022