LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 13035/2016 R.G. proposto da:
Socim s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via V. Veneto n. 169, presso lo studio dell’Avvocato Salvatore Della Corte, (Studio Della Corte S.r.l.), che la rappresenta e difende, unitamente all’Avvocato Luca Ruggiero, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale della Provincia di Trieste, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Emilio De’ Cavalieri n. 11, presso lo studio dell’Avvocato Aldo Fontanelli, che la rappresenta e difende, unitamente all’Avvocato Bruno Peinkhofer, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
B.F., elettivamente domiciliato in Roma, Via della Pineta di Ostia n. 3, presso lo studio dell’Avvocato Pierluigi Guerriero, che lo rappresenta e difende, unitamente agli Avvocati Claudio Vergine, e Riccardo Seibold, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
Socim s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via V. Veneto n. 169, presso lo studio dell’Avvocato Salvatore Della Corte (Studio Della Corte S.r.l.), che la rappresenta e difende, unitamente all’Avvocato Luca Ruggiero, giusta procura a margine del ricorso;
– controricorrente al ricorso incidentale –
e contro
Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale della Provincia di Trieste, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Emilio De’ Cavalieri n. 11, presso lo studio dell’Avvocato Aldo Fontanelli, che la rappresenta e difende, unitamente all’Avvocato Bruno Peinkhofer, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente al ricorso incidentale –
contro
Unipolsai Assicurazioni S.p.a.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 685/2015 della Corte d’appello di Trieste depositata l’11/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30/11/2021 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.
RILEVATO
che:
1. Il Tribunale di Trieste, con sentenza n. 535/2014, dichiarava, in accoglimento della domanda presentata dall’appaltatrice Socim s.p.a. nei confronti della committente ATER – Azienda territoriale per l’edilizia residenziale della Provincia di Trieste, la risoluzione del contratto di appalto stipulato in data 28 ottobre 2010 per grave inadempimento di ATER, condannando per l’effetto quest’ultima al pagamento in favore di Socim s.p.a. di Euro 485.718,7 a titolo di risarcimento danni, oltre ad accessori e spese.
Rigettava, nel contempo, tanto la domanda avanzata da ATER di accertamento di avvenuta risoluzione in via amministrativa o di risoluzione per grave inadempimento dell’appaltatore, quanto la domanda di manleva per ritardato adempimento al disciplinare di incarico presentata dalla stessa ATER nei confronti dell’Ing. B.F..
2. La Corte d’appello di Trieste, a seguito dell’impugnazione proposta in via principale da ATER e in via incidentale da Socim s.p.a., osservava che l’inadempimento originario nella predisposizione del progetto (rispetto all’adeguamento alla normativa antisismica) ad opera della committente era noto all’appaltatrice, con il conseguente venir meno del suo carattere di gravità ai fini della declaratoria di risoluzione del contratto.
Reputava che dovesse escludersi pure l’esistenza di un ritardo da parte di ATER nell’integrazione del progetto che avesse superato il limite della normale tollerabilità.
Giudicava, inoltre, che le domande di accertamento/risoluzione del contratto e di condanna avanzate da ATER non meritassero accoglimento, non solo per la genericità dell’appello sul punto, ma anche per la tardività degli ordini di servizio e l’ineseguibilità delle opere provvisionali in mancanza dell’adeguamento del progetto strutturale.
Pertanto, una volta ritenuto che il contratto di appalto fosse stato sciolto dalle parti per mutuo dissenso, rigettava, in parziale accoglimento dell’appello di ATER, le domande in origine proposte nei suoi confronti da Socim s.p.a., respingeva l’appello incidentale presentato dalla stessa Socim s.p.a. e compensava fra tutte le parti in causa le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
3. Per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 11 novembre 2015, ha proposto ricorso Socim s.p.a. prospettando due motivi di doglianza, ai quali hanno resistito con controricorso ATER e B.F..
ATER, a sua volta, ha presentato ricorso incidentale affidandosi a tre motivi, ai quali ha resistito Socim s.p.a..
Pure B.F. ha presentato ricorso incidentale, affidandosi a due motivi, ai quali hanno resistito Socim s.p.a. e ATER.
L’intimata Unipolsai Assicurazioni s.p.a. non ha svolto difese.
Il controricorrente B. ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..
CONSIDERATO
che:
4. Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione degli artt. 101,112,115 e 345 c.p.c. e art. 111 Cost., in quanto la Corte di merito, piuttosto che considerare il tenore della censura proposta da ATER, la quale si era limitata a sostenere che Socim s.p.a. era stata ingiustificatamente inoperosa nel tempo trascorso per adeguare il progetto, aveva escluso l’esistenza di un ritardo significativo, rivisitando in toto la vicenda sostanziale già sottoposta al vaglio del primo giudice anziché limitarsi ad esaminare la questione espressamente sottoposta al suo esame.
5. Il motivo non è fondato.
La stessa compagine ricorrente ha riconosciuto che ATER avesse fatto richiamo al consistente ritardo che si era venuto ad accumulare nell’approvazione della perizia di variante, seppur per sottolineare che Socim s.p.a. fosse rimasta ingiustificatamente inoperosa in tale arco temporale piuttosto che allo scopo di contestare la pregnanza di un simile ritardo in funzione della domanda di risoluzione.
Questa prospettazione dell’appellante non impediva, tuttavia, alla Corte distrettuale di analizzare le caratteristiche del ritardo dedotto e verificare la sua idoneità a giustificare la domanda di risoluzione presentata dall’appaltatrice, il cui accoglimento in primo grado era stato contestato dalla committente con proprio atto di impugnazione.
In vero secondo la giurisprudenza di questa Corte il giudizio di appello, pur limitato all’esame delle sole questioni oggetto di specifici motivi di gravame, si estende ai punti della sentenza di primo grado che siano, anche implicitamente, connessi a quelli censurati, sicché non viola il principio del tantum devolutum quantum appellatum il giudice di secondo grado che fondi la propria decisione su ragioni diverse da quelle svolte dall’appellante nei suoi motivi, ovvero esamini questioni non specificamente da lui proposte o sviluppate, le quali, però, appaiano in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi e, come tali, comprese nel thema decidendum del giudizio (Cass. 1377/2016, Cass. 8604/2017).
6. Il secondo motivo del ricorso principale, sotto la rubrica “in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5: violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 4 – violazione e falsa applicazione dell’art. 1453,1455,1206,1375 c.c. – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 207 del 2010, art. 132 – travisamento della prova”, assume che la Corte di merito abbia escluso il carattere di gravità dell’inadempimento di ATER, con riguardo al suo obbligo di cooperazione per porre rimedio alle deficienze progettuali dell’opera commissionata, con una motivazione illogica, apodittica ed irrimediabilmente viziata dall’omesso esame di fatti decisivi e discussi fra le parti in sede di merito.
In particolare, i giudici distrettuali, pur riconoscendo l’obbligo della stazione appaltante di fornire all’appaltatore un progetto realmente eseguibile, hanno ritenuto non significativo il ritardo accumulato, senza considerare l’indefettibilità della perizia di variante per porre fine alla situazione di stallo venutasi a creare nell’esecuzione dei lavori e dando, per di più, rilievo ad accadimenti successivi alla manifestazione della volontà dell’impresa di risolvere il contratto di appalto.
La Corte, inoltre, ha escluso che la committente sia rimasta inoperosa per un anno con una motivazione illogica, incomprensibile e apodittica, ove si consideri – sottolinea la ricorrente – che: i) l’incarico all’Ing. B. era stato affidato a distanza di cinque mesi dalla stipula del contratto di appalto; ii) nel periodo intercorso fra la stipula del contratto e la proposizione della domanda di risoluzione Socim s.p.a. aveva reiteratamente sollecitato ATER a porre rimedio alla situazione di stasi; iii) non vi era la benché minima prova del fatto che si fossero tenuti non meglio precisati incontri fra le parti; iv) il ritardo nello svolgimento dell’incarico da parte del professionista, a cui era stato assegnato un termine di settanta giorni, era dipeso dalla mancata consegna della necessaria relazione geologica e dall’omessa nomina di un collaudatore statico.
Altrettanto illogica sarebbe – in tesi – la motivazione della sentenza impugnata laddove ritiene il ritardo accumulato tollerabile e compatibile con l’entità dell’attività di adeguamento da compiersi, giacché, da un lato, non poteva considerarsi tollerabile un ritardo di 450 giorni su una durata complessiva di 750 giorni senza che il termine per l’ultimazione delle opere fosse stato sospeso, dall’altro né la committente né il professionista incaricato avevano addotto una complessità dell’attività di revisione della progettazione, condizione che non si poteva neppure far discendere da un generico riferimento alla fluidità della normativa in materia.
Quanto alla perdita di interesse a ricevere la prestazione da parte di Socim s.p.a., la Corte di appello, pur dovendo far riferimento all’interesse del creditore a ricevere la prestazione al tempo del ritardo, non ha considerato, in aperta violazione dell’art. 115 c.p.c., che al momento dell’invio della diffida ad adempiere e della Proposizione della domanda di risoluzione l’appaltatore aveva chiaramente denunciato che la mancata cooperazione della committente nell’adeguamento progettuale aveva determinato un’inaccettabile situazione di limbo e inattività.
Oltre a ciò, la Corte di merito ha ravvisato una violazione dei principi di correttezza e buona fede valorizzando condotte tenute in epoca successiva all’invio della medesima diffida, con la quale era stata palesata la chiara volontà dell’appaltatrice di risolvere definitivamente il contratto di appalto.
Analoga illogicità vizia – conclude la ricorrente – la valutazione di non gravità dell’inadempimento a motivo della conoscenza dell’ineseguibilità del progetto, in quanto la disponibilità di Socim s.p.a. a veder tempestivamente risolta la problematica emersa non poteva elidere la rilevanza del grave inadempimento della committente a porre rimedio alle deficienze progettuali esistenti ab origine.
7. Il motivo è fondato, nei limiti che si vanno ad illustrare.
7.1 La Corte di merito ha ritenuto che ai fini della verifica dell’esistenza di un inadempimento contrattuale della committente di gravità tale da giustificare la risoluzione del contratto non rilevasse né l’inadempimento originario nella predisposizione del progetto, poiché lo stesso era noto all’appaltatrice ed era stato dalla stessa accettato, né il ritardo maturato successivamente nell’integrazione del progetto, dato che il tempo impiegato per l’adeguamento alla normativa antisismica, in mancanza di un termine essenziale, non aveva superato il limite della normale tollerabilità e appariva compatibile con la portata dell’opera da edificare, di vaste proporzioni, con il fatto che la necessità di adeguamento fosse sorta in una fase molto avanzata della gara e con un quadro normativo fluido e di difficile interpretazione, risoltosi soltanto con l’adozione del decreto del presidente della Regione in data 27 luglio 2011.
Ne’ era stato allegato che Socim s.p.a. avesse perso interesse alla prestazione.
Questo coacervo di argomenti addotti a conforto della statuizione adottata rappresenta chiaramente l’iter logico-intellettivo seguito dal giudice per arrivare alla decisione, dovendosi di conseguenza escludere che la motivazione abbia natura apparente, apodittica o incomprensibile.
7.2 La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, è stata interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.
Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; siffatta anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., Sez. U., 8053/2014).
Non rientra nel perimetro dei vizi così denunciabili l’illogicità della motivazione che la doglianza a più riprese lamenta, con l’intenzione però nella sostanza di contestare in questo modo, più che un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, un approdo insoddisfacente e non conforme alle aspettative della parte a cui era giunta la Corte di merito nell’interpretare la congerie istruttoria.
In questo modo la censura si pone al di fuori dei limiti propri del canone di critica utilizzato, che riguarda il tralasciato esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio e non si estende all’esame inappagante per la parte di tale fatto, che rientra nei compiti istituzionali del giudice di merito.
7.3 Ciò non di meno, la Corte di merito, nell’apprezzare la congerie istruttoria al fine di verificare l’esistenza di un inadempimento di gravità tale da giustificare la risoluzione per inadempimento, ha omesso di considerare una serie di fatti storici che le parti avevano espressamente dedotto, sulla base delle risultanze della documentazione prodotta.
In particolare si è omesso l’esame: i) della tempistica del conferimento dell’incarico funzionale all’approvazione della perizia di variante, che era assegnato solo il 7 marzo 2011 benché il contratto fosse stato concluso il 28 ottobre 2010 e la relativa contestazione dell’appaltatrice fosse stata sollevata fin dal 4 novembre 2010; ii) del fatto che all’Ing. B. era stato assegnato un incarico della durata di settanta giorni, che però fu portato a compimento soltanto nel gennaio 2012; iii) delle ragioni del ritardo nell’elaborazione del progetto, indicate dallo stesso B. nella mancanza della relazione geologica e della nomina di un collaudatore in corso d’opera.
Tali circostanze risultavano decisive ai fini della soluzione della controversia, ove si considerino, da una parte, l’indefettibilità dell’approvazione della perizia di variante relativa alla progettazione antisismica, che non venne mai approvata prima della risoluzione, dall’altra la necessità di apprezzare la gravità del tempo perso per la predisposizione del progetto e della perizia di variante in rapporto all’intera durata del contratto (di complessivi 750 giorni e mai sospesa).
Oltre a ciò, la Corte di merito ha omesso di valutare il contenuto non solo dei solleciti rivolti dall’appaltatore alla stazione appaltante per porre rimedio alla situazione di stallo venutasi a creare, ma soprattutto della lettera dell’11 novembre 2011 (qualificata come una diffida ad adempiere tanto dalla ricorrente, quanto da ATER, a pag. 13 del controricorso) nella parte in cui la stessa allude espressamente all’insostenibilità della situazione così venutasi a creare; e ciò malgrado ai fini della risoluzione del contratto, nell’ipotesi di ritardo nell’adempimento, l’importanza di esso, a norma dell’art. 1455 c.c., vada stabilita, con riferimento al tempo del ritardo, tanto con riguardo alle oggettive finalità funzionali del negozio, quanto con riferimento all’interesse del creditore a ricevere la prestazione dopo un certo tempo ed al danno irreparabile o rilevante dallo stesso subito a causa del ritardo della controparte, parzialmente o totalmente inadempiente (Cass. 7937/1994).
8.1 Il primo motivo del ricorso incidentale di ATER denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione degli artt. 132 e 112 c.p.c. e art. 111 Cost., in relazione alla mancanza di specifiche censure alle argomentazioni del Tribunale: il primo giudice, dopo aver ritenuto di accogliere la domanda di risoluzione di Socim s.p.a. perché l’opera era ineseguibile in mancanza di adeguamento di progetto e in ragione della tardività degli ordini di servizio, aveva tratto argomento dalle stesse ragioni per rigettare le domande di ATER.
Questa motivazione era stata specificamente appellata dalla difesa della committente, la quale poi aveva chiesto, per i medesimi argomenti, l’accoglimento delle domande di accertamento/risoluzione del contratto che aveva già avanzato.
In presenza di una motivazione, tanto all’interno della sentenza di primo grado quanto nell’atto di appello, fondata sui medesimi argomenti illustrati rispetto alla correlata domanda di Socim s.p.a., o “il rinvio espressamente operato dal giudice di appello a quel viceversa scritto dal Tribunale” concreta – in tesi di parte ricorrente – una motivazione del tutto inesistente o apparente oppure, se quel rinvio viene considerato valido, sussiste una violazione dell’art. 112 c.p.c., dato che la statuizione del primo giudice era stata, in parte qua, oggetto di specifica impugnazione.
8.2 Il secondo motivo di ricorso, sotto la rubrica “ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 136, del principio di continuità in materia di appalto di lavori pubblici, della L.R. FVG n. 16 del 2009, art. 20 e L.R. FVG n. 27 del 1988, art. 2, u.c., ed ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 111 Cost., in relazione all’affermata tardività degli ordini di servizio ed all’affermata ineseguibilità dei lavori in mancanza di adeguamento antisismico del progetto”, assume che il giudice di appello, dopo aver respinto la domanda di Socim s.p.a., ritenendo insussistente una situazione di inadempimento per grave ritardo nel comportamento di ATER, non poteva al tempo stesso respingere la domanda di ATER dichiarando tardivi gli ordini di servizio e ineseguibili le opere provvisionali, in quanto tale statuizione risultava in contrasto – a dire del ricorrente incidentale – con il principio di continuità dei lavori previsto dal D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 136, che non consente all’appaltatore di sospendere legittimamente l’esecuzione delle opere nelle more dell’adozione di una perizia di variante.
8.3 Il terzo motivo di ricorso incidentale rappresenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, che la Corte distrettuale, nel rigettare l’appello incidentale di ATER, ha fatto rinvio alla motivazione della sentenza di primo grado in punto di ineseguibilità delle opere provvisionali in mancanza dell’adeguamento del progetto strutturale, trattandosi di opere in cemento armato.
In realtà il Tribunale si era limitato a far riferimento soltanto alla tardività degli ordini di servizio, di modo che il rinvio risultava del tutto inconferente e la motivazione sul punto doveva considerarsi inesistente.
9. I motivi, da trattarsi congiuntamente, risultano il primo infondato, gli altri, di conseguenza, inammissibili.
9.1 La Corte d’appello, nell’esaminare “le domande di accertamento/risoluzione del contratto e di condanna avanzate da ATER nei confronti di SOCIM”, ha ritenuto che le stesse non meritassero accoglimento “non solo per la genericità (mancano censure specifiche alle argomentazioni del Tribunale), ma altresì in quanto gli ordini di servizio emessi risultano tardivi e le opere provvisionali ineseguibili in mancanza dell’adeguamento del progetto strutturale trattandosi di opere in cemento armato (cd. berlinesi)…” (pag. 18).
Si tratta di una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata.
9.2 Con la prima ratio decidendi la Corte di merito non ha fatto alcun espresso rinvio “a quel viceversa scritto dal Tribunale” (cfr. pag. 16 del controricorso e ricorso incidentale di ATER) per argomentare il rigetto della domanda di ATER, ma, ben diversamente, ha rilevato – facendo implicito richiamo alla disciplina di cui all’art. 342 c.p.c. – la mancanza di censure specifiche alle argomentazioni offerte dal Tribunale.
Nessuna mancanza di motivazione può quindi essere predicata, in presenza di una chiosa che spiega a chiare lettere l’iter logico-intellettivo seguito dal giudice per arrivare alla decisione.
Allo stesso modo non sussiste alcuna omessa pronuncia, dato che il collegio dell’impugnazione ha espressamente provveduto sulla domanda, ritenendola inammissibile a causa della sua genericità.
9.3 La ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività dell’altra, alla cassazione della decisione stessa (Cass. 11493/2018, Cass. 2108/2012).
10. I motivi di ricorso incidentale proposti da B.F., entrambi concernenti la regolazione delle spese ad opera della Corte di merito, rimangono inevitabilmente assorbiti, poiché la cassazione parziale della sentenza impugnata ha effetto, ai sensi dell’art. 336 c.p.c., comma 1, sulle parti della decisione dipendenti dalla porzione cassata, fra cui quella relativa alla disciplina delle spese di lite.
11. In conclusione, per tutto quanto sopra esposto, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo del ricorso principale accolto; il ricorso incidentale di ATER deve, invece, essere respinto, mentre il ricorso incidentale di B.F. rimane assorbito.
La causa va di conseguenza rinviata alla Corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigetta il primo, rigetta il ricorso incidentale di ATER, dichiara assorbito il ricorso incidentale di B.F., cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di Appello di Trieste in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale ATER, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 30 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022
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