LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –
Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. CRICENTI Emilio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15353/2019 proposto da:
B.S., C.G., domiciliati ex lege, in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato Enrico Chiara;
– ricorrente –
contro
Axa Assicurazioni Spa, F.G.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 2503/2018 del TRIBUNALE di MESSINA, depositata il 20/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza cameralizzata dell’1 dicembre 2021 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione del 21 gennaio 2015 C.G. e B.S. convenivano davanti al Giudice di pace di Messina F.G. e AXA Assicurazioni S.p.A. per ottenerne la condanna in solido a risarcire loro i danni subiti in un sinistro stradale avvenuto il *****, nel quale il primo sarebbe stato conducente di un motociclo su cui il secondo sarebbe stato trasportato, motociclo che si sarebbe scontrato con una vettura guidata dal F..
Soltanto la compagnia assicuratrice si costituiva, eccependo l’inammissibilità dell’azione ai sensi dell’art. 144 cod. ass., per non essere il motociclo coperto da valida polizza, e invocando in tal senso l’art. 122 cod. ass. (per cui i veicoli a motore non possono essere messi in circolazione se non coperti da assicurazione per r.c.a.) e art. 143 cod. ass. (per cui i proprietari e i conducenti dei veicoli coinvolti sono tenuti a denunciare il sinistro alla propria compagnia assicurativa). Deduceva quindi che, non potendo il danneggiato denunciare il sinistro alla propria compagnia assicurativa perché scoperto da valida polizza assicurativa, non avrebbe potuto avvalersi del codice delle assicurazioni.
Il giudice di pace con sentenza del 26 giugno 2015 dichiarava inammissibili le domande attoree, compensando le spese.
Proponevano appello C.G. e B.S.; resisteva soltanto la compagnia assicuratrice.
Il Tribunale di Messina rigettava l’appello, condannando gli appellanti a rifondere le spese alla compagnia appellata.
2. C.G. e B.S. hanno presentato ricorso, dal quale nessuno degli intimati si è difeso.
Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte per l’accoglimento del ricorso.
La pubblica udienza si è compiuta in forma camerale, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, ex art. 23, comma 8 bis, convertito in L. 18 dicembre 2020, n. 176.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3. Il ricorso è articolato in tre motivi.
Prima di procedere al vaglio, per ben comprenderli è opportuno riassumere il conciso percorso motivazionale seguito nella impugnata sentenza.
Il giudice d’appello, dato atto che l’impugnazione si era fondata sulla violazione degli artt. 122 e 144 cod. ass., per erronea interpretazione, sostenendo comunque che nessuna norma del codice delle assicurazioni “restringerebbe l’applicazione delle disposizioni in esso contenute ai soli mezzi dotati di copertura assicurativa, né vi sarebbe una specifica norma che sanzioni con l’inammissibilità l’azione giudiziaria proposta ex art. 144 c.d.a. dal proprietario/conducente di un veicolo sprovvisto di copertura assicurativa”, osserva che invece, “da un’interpretazione letterale e logica del codice delle assicurazioni, nonché della collocazione sistematica delle norme in esame, si evince la tassatività di tali disposizioni, nella parte in cui escludono le esperibilità dell’azione nel caso in cui l’attore sia sprovvisto di copertura assicurativa del suo mezzo, rappresentando, quest’ultimo aspetto, condizione indefettibile per l’attivazione delle procedure risarcitorie”; e sarebbe “certamente infondato” prospettare una violazione dell’art. 24 Cost., “in quanto l’attore avrebbe potuto comunque tutelare le proprie aspettative risarcitorie, citando, ai sensi di quanto disposto dall’art. 2054 c.c., il soggetto che con il suo comportamento colposo abbia cagionato il danno”.
4.1 Tanto premesso, il primo motivo del ricorso viene rubricato come “violazione di legge per contraddittorietà processuale della motivazione in relazione all’art. 360, n. 4”.
Si richiama il passo seguente della sentenza impugnata: “invero, da una interpretazione letterale e logica del codice delle assicurazioni, nonché della collocazione sistematica delle norme in esame, si evince la tassatività di tali disposizioni, nella parte in cui escludono l’esperibilità dell’azione nel caso in cui l’attore sia sprovvisto di copertura assicurativa del suo mezzo, rappresentando, quest’ultimo aspetto, condizione indefettibile per l’attivazione delle procedure risa rcitorie”.
Si chiedono i ricorrenti quali siano le “norme del codice delle assicurazioni” cui riferirebbe tale passo, e si chiedono altresì perché il giudice d’appello “premette che gli attori hanno attivato la procedura di indennizzo diretto, cioè quella dell’art. 149 c.d.a. e quella del terzo trasportato, cioè dell’art. 141 c.d.a.”, benché risulti “acclarato negli atti processuali, mai contestati, che gli odierni ricorrenti hanno attivato l’azione diretta di responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 144 c.d.a. con la procedura di cui all’art. 148 c.d.a.”. Quindi sussisterebbe errore nella qualificazione dell’azione processuale, non comprendendosi neppure sulla base di quale interpretazione letterale e logica delle norme del codice delle assicurazioni il giudice abbia potuto escludere “tassativamente” tale azione diretta del danneggiato “se questi circola su veicolo scoperto da polizza assicurativa”.
4.2 Il secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denuncia violazione di legge per errore d’interpretazione dei titolo X, capo I, del codice delle assicurazioni, in particolare degli artt. 122 e 144.
Il Tribunale ha dichiarato di condividere l’interpretazione degli artt. 122 e 144, adottata dal giudice di pace, il quale viene in modo assai analitico confutato nel presente motivo, per giungere infine ad affermare che “l’azione diretta ex art. 144 c.d.a. si colloca… sotto il profilo procedurale nel campo di applicazione dell’art. 148 c.d.a. o, se si vuole, nel campo residuale lasciato dall’art. 149 c.d.a. tra cui chiaramente quello in cui uno dei due veicoli non sia regolarmente assicurato” e altresì che “negare l’azione diretta ex art. 144 c.d.a. contro l’assicuratore del responsabile civile per essere il veicolo del vettore non coperto da valida polizza assicurativa è soluzione “irragionevole” che, invece di agevolare il risarcimento dell’incolpevole ed occasionale trasportato…, ne mette totalmente a rischio l’effettivo risarcimento, subordinandolo alla solvibilità del danneggiante ed alla chiamata in causa del suo assicurato”.
4.3 Il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, con riferimento all’art. 111 Cost..
Come la sentenza di primo grado, anche la sentenza d’appello avrebbe dovuto disporre la compensazione delle spese, trattandosi di questione nuova.
5.1 I primi due motivi devono essere valutati congiuntamente, rilevando subito che tutta la scarna motivazione della sentenza impugnata – ut supra già riassunta – mira a fondarsi sugli artt. 122 e 144 del codice delle assicurazioni.
E’ il caso dunque di ricordare che l’art. 122, per quanto qui interessa, attiene all’obbligo di assicurazione dei veicoli a motore, stabilendo che, se non è adempiuto, “non possono essere posti in circolazione su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate” (comma 1), e altresì che l’assicurazione copre “i danni alla persona causati ai trasportati” (comma 2); e va pure ricordato che l’art. 144, “Azione diretta del danneggiato”, prevede – sempre per quanto qui interessa – che il danneggiato per il sinistro causato dalla circolazione di un veicolo obbligato all’assicurazione “ha azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile, entro i limiti delle somme per le quali è stata stipulata l’assicurazione” (comma 1), con litisconsorzio necessario includente il “responsabile del danno” (comma 3) e termine di prescrizione dell’azione diretta verso l’assicurazione pari a quello cui sarebbe soggetta l’azione verso il responsabile (comma 4).
5.2 E’ del tutto evidente che l’art. 122, non incide sulla legittimazione all’esercizio dell’azione diretta di cui all’art. 144.
L’art. 122, infatti, detta un obbligo relativo al mettere in circolazione un veicolo; ciò però non significa che il soggetto “danneggiato per sinistro causato dalla circolazione di un veicolo” trovi, se intenda esercitarla, l’azione dell’art. 144, “sbarrata” dall’inammissibilità, essendosi su due piani evidentemente diversi.
Qualora, invero, il legislatore avesse inteso deprivare un danneggiato dalla fruizione dell’azione ex art. 144, perché il veicolo su cui circolava quando avvenne il sinistro e/o di cui era il proprietario non era stato assicurato, logicamente avrebbe dovuto inserire nel titolo X – “Assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore e i natanti” -, e in particolare nel suo capo I – “Obbligo di assicurazione” – expressis verbis o comunque in modo inequivoco una siffatta, pesante sanzione, tale da comportare l’esclusione dalla, per così dire, certezza economica del risarcimento, la quale è l’origine dell’assicurazione obbligatoria r.c.a. E se per il trasportato “occasionale”, privo di qualunque specifico rapporto con la proprietà e/o l’utilizzo del veicolo, ciò sarebbe contrario ad ogni principio di uguale tutela, come sancito nel più alto livello normativo, per il proprietario e il conducente comunque si tratterebbe di una deminutio di tale calibro da rendere appunto necessaria una scelta espressa da parte del legislatore, considerato che, tra l’altro, un’assoluta inammissibilità impedirebbe di fruire degli effetti del contratto assicurativo dell’altro veicolo anche nel caso in cui questo rivesta il ruolo di responsabile civile in misura completa, senza alcun concorso di colpa riconducibile a chi però in tal modo non sarebbe legittimato ad agire ex art. 144, pervenendo così a un’assoluta illogicità nel bilanciamento dei valori e delle correlate tutele normative.
5.3 L’evidenza della irrazionalità dell’interpretazione del giudice d’appello, che scardina appunto la ratio normativa di tutela del danneggiato, trova ad abundantiam conferma in una ricostruzione sistematica più approfondita della normativa di r.c.a..
Non può non condividersi, infatti, quanto sottolineato dal Procuratore Generale, che, accanto alla carenza di sostegno normativo all’interpretazione del giudice d’appello nel codice delle assicurazioni ut supra appena dimostrata, invoca la direttiva 2009/103/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009, di cui l’art. 18 sancisce che “gli Stati membri provvedono affinché le persone lese a seguito di un sinistro causato da un veicolo assicurato ai sensi dell’art. 3 possano avvalersi di un diritto di azione diretta nei confronti dell’impresa che assicura la responsabilità civile della persona responsabile del sinistro”: ottica, questa, di perseguimento nella massima misura della tutela della vittima che conferma sine dubio pure la suprema fonte normativa interna, con particolare riguardo particolare agli artt. 2 e 24 Cost., e che da tempo si è trasfusa nella giurisprudenza di questa Suprema Corte (sulla necessità di interpretare la normativa interna in conformità al diritto unionale anche per quanto concerne l’assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli, con particolare riguardo, quindi, alla posizione del danneggiato cfr. da ultimo, tra gli arresti massimati, Cass. sez. 6-3, ord. 3 luglio 2020 n. 13738 e Cass. sez. 3, ord. 19 gennaio 2018 n. 1269).
6. Assorbito ogni altro rilievo presente nella argomentazione dei motivi in esame, risulta in conclusione priva di ogni fondamento l’interpretazione del giudice d’appello nel senso della inammissibilità dell’azione di cui all’art. 144 cod. ass. esercitata dagli attuali ricorrenti, azione che tale inammissibilità invece non patisce.
Pertanto, i primi due motivi del ricorso risultano fondati, in quanto l’interpretazione del giudice d’appello è manifestamente irrazionale e non correlata alla ratio di tutela del danneggiato che anima e sorregge tutto il codice delle assicurazioni.
Assorbito dunque il terzo motivo, in quanto riguardante le spese come disposte dalla sentenza che si viene ora a cassare, il ricorso deve essere accolto per i primi due motivi, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese processuali, al Tribunale di Messina in persona di diverso giudice monocratico.
P.Q.M.
Accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Messina in persona di diverso giudice.
Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022