Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1193 del 17/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1848-2020 proposto da:

COOPERATIVA PRODUTTORI SUINI PRO SUS S.C.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCULLO 11, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA F.

RAPISARDA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS, – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, in proprio e quale procuratore speciale della Società di Cartolarizzazione dei Crediti INPS, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO SGROI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, ANTONIETTA CORETTI, LELIO MARITATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 212/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 04/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DANIELA CALAFIORE.

RILEVATO

che:

la Corte di Appello di Brescia con sentenza n. 212 del 2019, giudicando nei giudizi d’appello riuniti avverso due sentenze del Tribunale di Cremona, ha rigettato entrambi gli appelli ed ha confermato le sentenze di primo grado che avevano riconosciuto la responsabilità solidale, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, della Cooperativa Produttori Suini Pro Sus S.C.A (di seguito, anche solo Pro Sus) per la somma di Euro 95.818,00 dovute da Soluzioni Società Cooperativa e per la somma di Euro 145.703 dovuta da La Scelta Società Cooperativa (consorziate del Consorzio Cogemans Italia che aveva concluso con la ricorrente un contratto di appalto), dovute per omissioni contributive del datore di lavoro, in riferimento alla riqualificazione in termini di lavoro subordinato dell’attività prestata da apparenti soci artigiani delle due cooperative, per il periodo ottobre 2013 – aprile 2014;

la Corte di merito ha osservato come la committente (id est: Pro Sus) fosse tenuta, nell’ambito della responsabilità D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 29, ratione temporis vigente, al pagamento dei contributi posto che il contenuto delle dichiarazioni rese dai soci d’opera durante l’ispezione era significativamente univoco e completo e poteva formare la base di un giudizio di accertamento dei fatti oggetto della contestazione ispettiva ed anche della natura subordinata della prestazione resa posto che il passaggio da lavoratori dipendenti a soci artigiani era fittizio; la Corte di appello ha ritenuto non decisivo il motivo di appello con cui la Pro Sus evidenziava che le dichiarazioni raccolte dagli ispettori non fossero state confermate in giudizio;

avverso tale sentenza Pro Sus ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi e successiva memoria, al quale ha opposto difese l’INPS con controricorso; la proposta del relatore è stata comunicata alla parte, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata.

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, parte ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 2729 c.c., in relazione al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29 nonché dell’art. 116 c.p.c. per aver la Corte di merito attribuito rilievo probatorio alle dichiarazioni raccolte in sede ispettiva, non confermate nel giudizio;

con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 2094 e della L. n. 142 del 2001, art. 1, comma 3, perché si sarebbero travisati i fatti le questioni oggetto dei motivi di ricorso, in precedente intercorso tra le stesse parti, hanno in parte formato oggetto di esame da Cass. civ. Sez. VI – Lavoro, Ord., (ud. 23/09/2020) 22-10-2020, n. 23061) a cui va data continuità;

va quindi ribadito che non e’, in primo luogo, pertinente la denuncia di violazione dell’art. 2697 c.c., che viene in rilievo solo se il giudice di merito, in assenza della prova del fatto controverso, applichi la regola di giudizio basata sull’onere della prova e individua, erroneamente, la parte onerata della stessa; è in tale eventualità che il soccombente può dolersi della non corretta ripartizione del carico della prova; nell’ipotesi di causa, la Corte territoriale ha ritenuto dimostrata, sulla base degli elementi di giudizio, l’omissione contributiva, sicché non hanno influito sulla decisione la distribuzione dell’onere probatorio e le conseguenze del suo mancato assolvimento;

nella sostanza, le censure sono, comunque, infondate: le ragioni della decisione dimostrano come non sia stato attribuito al verbale ispettivo valore probatorio assoluto ma quanto ivi riportato è stato, dai giudici, valutato criticamente, sulla base degli elementi di causa; principio consolidato secondo cui i verbali redatti dai funzionari degli enti previdenziali e assistenziali o dell’Ispettorato del lavoro fanno piena prova dei fatti che i funzionari stessi attestino avvenuti in loro presenza, mentre, per le altre circostanze di fatto che i verbalizzanti segnalino di avere accertato, il materiale probatorio è liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, il quale può anche considerarlo prova sufficiente delle circostanze riferite al pubblico ufficiale, qualora il loro specifico contenuto probatorio o il concorso di altri elementi renda superfluo l’espletamento di ulteriori mezzi istruttori (Cass. 9827/2000; 14764/2000; 7848/2003; 3525/2005; 15073/2008);

pure privo di consistenza è il rilievo relativo allo scorretto utilizzo della norma sulla presunzione da parte della sentenza impugnata in difetto di specifiche allegazioni in fatto da parte dell’INPS circa la posizione di tutti i lavoratori coinvolti nell’accertamento;

la Corte d’appello di Brescia ha esplicitamente affermato che dalle concordi, precise e circostanziate dichiarazioni rese dai lavoratori interrogati si ricavavano elementi probatori significativi, univoci e completi, sia in ordine alle modalità con le quali era avvenuto l’inquadramento come artigiani dei soci, sia in ordine alle modalità con le quali la prestazione lavorativa dei medesimi era stata svolta in concreto; inoltre, l’alto numero di lavoratori ascoltati era sufficiente a provare che si trattasse di una modalità operativa della società riferita in generale a tutti i soci lavoratori interessati;

in sostanza, ciò che si è ritenuto provato, in via diretta e non per presunzione, è il modus operandi che aveva caratterizzato l’inquadramento dei singoli soci lavoratori e l’organizzazione della loro concreta attività; tale accertamento diretto è stato considerato dalla sentenza come di contenuto generale, suscettibile cioè di essere riferito a tutte le posizioni lavorative in quanto identiche, ivi comprese quelle dei lavoratori non esaminati;

per analoghe ragioni va pure disatteso il secondo motivo di ricorso che censura l’accertamento della natura subordinata dei rapporti di lavoro intercorsi tra la ricorrente ed i soci delle società cooperative La scelta e Soluzioni;

anche in questo caso, infatti, la sentenza impugnata ha dapprima ricostruito il quadro fattuale al cui interno ha collocato la circostanza della costituzione delle due società cooperative contestualmente all’affidamento dell’appalto da parte del consorzio COGEMAS Italia e della formalizzazione del rapporto con i propri soci come artigiani mediante sottoscrizione di una dichiarazione in tal senso;

la Corte territoriale ha pure accertato che tutti i soci artigiani, tranne tre, erano già dipendenti, nello stesso stabilimento della ricorrente, di altre due cooperative pure consorziate di COGEMAS Italia e che dopo la sottoscrizione della dichiarazione i lavoratori continuarono a svolgere la propria attività con le medesime modalità precedenti; la Corte, dopo aver esaminato le dichiarazioni acquisite agli atti, ha espresso il convincimento della natura solo simulata della nuova qualificazione quale lavoro autonomo artigiano dell’effettivo e già esistente lavoro subordinato e ciò alla luce della accertata permanenza del sostanziale assoggettamento al potere gerarchico della datrice di lavoro (osservanza dell’orario di lavoro giornaliero, soggezione ad ordini e direttive dei responsabili, retribuzione in base alle ore lavorate, utilizzo di attrezzature ed abbigliamento forniti dalla datrice di lavoro);

a fronte di tale concreto accertamento, pienamente coerente con il principio secondo il quale il rapporto di lavoro subordinato, anche se reso in favore di una società cooperativa, va accertato attraverso la ricerca degli indici dell’effettivo assoggettamento al potere direttivo del datore di lavoro, considerando che il nomen iuris attribuito dalle parti oppure l’iscrizione del lavoratore nell’albo delle imprese artigiane o in una gestione previdenziale separata, come del resto la cadenza e la misura fissa della retribuzione o l’assenza di rischio, costituiscono elementi meramente sussidiari ai fini dell’accertamento della natura, subordinata o meno, di un rapporto di lavoro, giacché l’elemento distintivo del rapporto di lavoro subordinato consiste nell’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, che si estrinseca in specifiche disposizioni, le quali si risolvono nell’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale (ex multis Cass. Sez. L, Sentenza n. 9151 del 13/05/2004);

in conclusione, alla stregua delle argomentazioni svolte, il ricorso va rigettato; le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite nella misura di Euro 7.000,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022

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