Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1198 del 17/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10773/2020 R.G., proposto da:

l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;

– ricorrente –

contro

la “FEMAR SERVIZI SPECIALI S.r.l.”, con sede in Catania, in persona dell’amministratore unico pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Prof. Salvatore La Rosa, con studio in Catania, elettivamente domiciliata presso l’Avv. Claudia Zhara Buda, con studio in Roma, giusta procura in margine al controricorso di costituzione nel presente procedimento;

– controricorrente –

avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia – Sezione Staccata di Catania il 12 dicembre 2018 n. 5504/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 19 ottobre 2021 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia – Sezione Staccata di Catania il 12 dicembre 2018 n. 5504/06/2018, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento per IRES ed IRAP relative all’anno 2010, in dipendenza dell’indeducibilità di costi sostenuti con Paesi a fiscalità privilegiata e di sopravvenienze passive non inerenti all’anno di riferimento, ha respinto l’appello proposto dalla medesima nei confronti della “FEMAR SERVIZI SPECIALI S.r.l.” avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Catania col n. 9307/04/2016, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha confermato la decisione di prime cure sul presupposto che la “FEMAR SERVIZI SPECIALI S.r.l.” fosse esonerata dal versamento dell’IVA in sede di rivalsa conseguente al pagamento da parte della “FEMAR S.p.A.” delle fatture emesse dai fornitori in dipendenza di rapporti contrattuali trasferiti dalla società scissa alla società beneficiaria di nuova costituzione per effetto della scissione parziale. La “FEMAR SERVIZI SPECIALI S.r.l.” si è costituita con controricorso. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta formulata dal relatore è stata notificata ai difensori delle parti con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

CONSIDERATO

che:

Con unico motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 3, art. 13, comma 2, lett. b, art. 15, comma 1, n. 3, e dell’art. 1705 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che la società beneficiaria fosse esente dall’IVA in sede di rimborso delle somme anticipate dalla società madre per il pagamento dei corrispettivi fatturati dai fornitori in relazione a rapporti contrattuali trasferiti per effetto della scissione parziale, dovendo, invece, considerarsi una sorta di mandataria senza rappresentanza, con la conseguente applicabilità del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 3, comma 3.

Ritenuto che:

1. Il motivo è infondato.

1.1 La questione controversa attiene al regime dell’IVA in caso di rivalsa da parte della società scissa per le anticipazioni versate a titolo di corrispettivo delle prestazioni ricevute dalla società beneficiaria in dipendenza di rapporti contrattuali trasferiti a quest’ultima – in quanto parte del patrimonio assegnato – per effetto della scissione parziale (art. 2506 c.c., comma 1, nel testo introdotto dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 6).

1.2 Secondo la ricorrente, la società scissa assumerebbe la veste di mandataria senza rappresentanza (art. 1705 c.c.) in relazione ai pagamenti eseguiti in nome proprio, ma per conto della società beneficiaria, per i corrispettivi delle prestazioni rese dai fornitori in esecuzione di contratti stipulati dalla società scissa e trasferiti alla società beneficiaria. Per cui, la società madre avrà diritto al rimborso delle anticipazioni fatte per conto della società beneficiaria al fine di soddisfare i debiti derivanti dai contratti in cui quest’ultima è subentrata per effetto della scissione parziale (art. 1720 c.c., comma 1).

In questa prospettiva, la fattispecie rientrerebbe nella sfera di applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 3, comma 3, a tenore del quale: “Le prestazioni di servizi rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza sono considerate prestazioni di servizi anche nei rapporti tra il mandante e il mandatario”. Per cui, la rivalsa per le anticipazioni fatte dalla società scissa per il pagamento di debiti derivanti da contratti trasferiti alla società beneficiaria per effetto della scissione parziale deve essere soggetta ad IVA.

1.3 Tale approccio non appare condivisibile, anche alla luce della ricostruzione civilistica della scissione di società.

Come è noto, nella disciplina dettata dagli art. 2504-septies c.c. (oggi art. 2506 c.c., comma 1, nel testo introdotto dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 6), la scissione parziale di una società, consistente nel trasferimento (ora assegnazione) di parte del suo patrimonio ad una o più società, preesistenti o di nuova costituzione, contro l’assegnazione delle azioni o delle quote di queste ultime ai soci della società scissa, si traduce in una fattispecie effettivamente traslativa, che comporta l’acquisizione da parte della nuova società di valori patrimoniali prima non esistenti nel suo patrimonio; detto trasferimento non determina l’estinzione della società scissa ed il subingresso di quella risultante dalla scissione nella totalità dei rapporti giuridici della prima, configurandosi invece come successione a titolo particolare nel diritto controverso, che, ove intervenga nel corso del giudizio, comporta l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 111 c.p.c., con la conseguente facoltà del successore di spiegare intervento nel giudizio e d’impugnare la sentenza eventualmente pronunciata nei confronti del dante causa; in tal caso, il successore ha, tuttavia, l’onere di allegare la propria qualità e di offrire la prova delle circostanze che costituiscono i presupposti della sua legittimazione mediante riscontri documentali, la cui mancanza, attenendo alla regolare instaurazione del contraddittorio, è rilevabile anche d’ufficio (Cass., Sez. 1, 13 aprile 2012, n. 5874; Cass., Sez. Un., 15 novembre 2016, n. 23225; Cass., Sez. 2, 4 dicembre 2018, n. 31313; Cass., Sez. 6-2, 16 maggio 2019, n. 13192). Per cui, la società nata dalla scissione subentra nel preesistente rapporto contrattuale facente capo a quella scissa, in virtù di una successione a titolo particolare nel diritto controverso (Cass., Sez. 6"-2, 16 maggio 2019, n. 13192).

1.4 Ciò posto, il legislatore ha dettato un peculiare regime con riguardo ai debiti assunti dalla società scissa e compresi nel patrimonio assegnato alla società beneficiaria.

Invero, nel caso di scissione di società, l’art. 2504-decies c.c., comma 2 (oggi art. 2506-quater c.c., comma 3, nel testo introdotto dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 6) va interpretato nel senso che la società scissa risponde in via solidale, unitamente alla società di nuova costituzione, beneficiaria di una parte del patrimonio originario, del debito a quest’ultima trasferito o mantenuto. Tali debitrici solidali, peraltro, sono tenute con modalità diverse: da un lato, infatti, la responsabilità della società scissa, presupponendo che il credito da far valere sia rimasto insoddisfatto, postula solo la previa costituzione in mora della società beneficiaria (c.d. beneficium ordinis), non anche la sua preventiva escussione; dall’altro, esclusivamente la società cui il debito è trasferito o mantenuto risponde dell’intero debito, mentre la società scissa risponde nei limiti della quota di patrimonio netto rimastale al momento della scissione e, dunque, disponibile per il soddisfacimento dei creditori, atteso che la suddetta disposizione tende a mantenere integre le garanzie dei creditori sociali per l’ipotesi di scissione, non anche ad accrescerle (Cass., Sez. 1, 7 marzo 2016, n. 4455; Cass., Sez. 1, Cass., Sez. 2, 4 dicembre 2018, n. 31313; Sez. 1, 4 dicembre 2019, n. 31654).

Si è detto (Cass., Sez. 3, 29 gennaio 2021, n. 2153) che tale soluzione giuridica (coobbligazione solidale limitata) è mutuata – nelle sue linee generali – dalla disciplina codicistica, preesistente alla riforma societaria, della cessione di azienda (art. 2560 c.c., commi 1 e 2), con la quale si tende a contemperare le esigenze connesse alla operazione di trasferimento in blocco dei rapporti attivi e passivi connessi all’esercizio dell’attività commerciale, con la tutela dei preesistenti creditori del cedente, interessati a non vedere alterata la garanzia patrimoniale generica, quale risultante al momento della cessione, offerta dal loro debitore (cedente l’azienda), secondo uno schema proprio della disciplina generale delle obbligazioni, che rimette in via esclusiva al consenso del creditore la facoltà di liberare l’originario debitore, accettando la sostituzione con altro debitore da quello indicato (art. 1268 c.c., comma 1, art. 1272 c.c., comma 1, art. 1273 c.c., comma 2, art. 1274 c.c., commi 2 e 3: fermo in ogni caso il limite della validità della nuova obbligazione, in difetto del quale la originaria obbligazione “rivive” ex art. 1276 c.c.). In questi casi, infatti, in assenza del consenso del creditore, il cedente dei debiti trasferiti con l’azienda commerciale (art. 2560 c.c., comma 1), il delegante, l’accollante, ossia rimangono comunque sempre obbligati verso il creditore, venendo ad aggiungersi alla obbligazione dei debitori originari – secondo lo schema della solidarietà – la obbligazione del nuovo debitore (se pure tenuto con modalità diverse: nella vicenda della cessione d’azienda, il cedente – qualora non acconsenta il creditore – permane nella posizione di debitore principale, assumendo il cessionario, quale accollante ex lege, quella di coobbligato in via sussidiaria – Cass., Sez. 1, 22 dicembre 2004, n. 23780; Cass., Sez. 1, 3 ottobre 2011, n. 20153; modalità analoghe possono verificarsi anche nella delegazione e nell’accollo cumulativi). La vicenda del cumulo ex lege delle società beneficiarie coobbligate verso il creditore della società scissa parzialmente, non diverge, pertanto, dalle ipotesi sopra indicate.

1.5 Tale ricostruzione – che il collegio ritiene di condividere e confermare in questa sede – esclude a monte che i rapporti tra la società madre e la società beneficiaria possano assimilarsi allo schema del mandato senza rappresentanza (art. 1705 c.c.), trattandosi di un effetto legale della scissione parziale che non richiede una specifica pattuizione tra le parti (che, peraltro, non è stata dedotta né accertata). Per cui, la fattispecie non può soggiacere alla disciplina del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 3, comma 3.

1.6 Nella specie, il giudice di appello si è uniformato a tale principio, escludendo che la società scissa si debba considerare mandataria senza rappresentanza della società beneficiaria, derivandone la responsabilità solidale in ragione di una forma particolare di accollo ex lege, con la conseguenza che il rimborso dell’anticipazione fruisce dell’esenzione da IVA D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ex art. 15, comma 1, n. 3, secondo cui: “Non concorrono a formare la base imponibile: (…) 3) le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate (…)”.

2. Stante la infondatezza del motivo dedotto, il ricorso deve essere rigettato.

PQM

3. La novità della questione e la carenza di specifici precedenti costituiscono giusti motivi per compensare le spese giudiziali. P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese giudiziali.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 19 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022

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