LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31159-2020 proposto da:
G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PINEROLO 22, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO CLAUDIO CIRIGLIANO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
B.F.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 121/2020 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 25/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 22/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO FALABELLA.
FATTI DI CAUSA
1. – Il Tribunale di Lagonegro ha respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da B.F. avverso il provvedimento monitorio emesso nei suoi confronti per l’importo di Euro 30.097,42: provvedimento pronunciato su ricorso di G.F..
Il Tribunale ha osservato che la domanda monitoria era basata su due assegni in possesso dell’intimante girati in bianco da B. e che, secondo quanto era emerso dalla prova testimoniale, il rapporto causale a base della consegna dei titoli era costituito da un rapporto di mutuo intercorso tra i due contendenti.
2. – Ha proposto gravame B.. G. ha resistito all’impugnazione.
La Corte di appello di Potenza ha riformato la sentenza di primo grado osservando: che il possessore dell’assegno bancario che non risulti né prenditore, né giratario dello stesso, non è legittimato a pretenderne il pagamento, non potendosi escludere che il titolo sia pervenuto a lui abusivamente; che l’assegno non poteva valere come promessa di pagamento, posto che l’inversione dell’onere della prova contemplata dall’art. 1988 c.c., opera solo in favore di colui a cui la promessa sia stata fatta; che non constava prova della ragione di credito fatta valere da G. e che comunque “risultava più verosimile” che gli assegni fossero stati emessi in garanzia: nel qual caso, però, il negozio era da considerarsi nullo per contrarietà alle norme imperative di cui al R.D. n. 1736 del 1933, artt. 1 e 2.
3. – Ricorre per cassazione G., con tre motivi. B. non ha rassegnato difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Col primo motivo sono denunciate violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1736 del 1933, art. 22 e ss., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, oltre che erronea valutazione degli elementi di fatto e probatori. Viene evidenziato che l’odierno intimato non aveva imputato al ricorrente l’abusivo possesso dei titoli, quanto, semmai, la violazione dell’obbligo di restituire i medesimi, siccome rilasciati a garanzia di un prestito che era stato integralmente rimborsato. E’ dedotto che, una volta comprovata la legittima acquisizione del possesso dei titoli da parte del portatore dei medesimi, quest’ultimo risultava legittimato all’esercizio dei diritti in essi menzionati, in conformità delle prescrizioni contenute negli artt. 1992 e 2003 c.c., essendo onere del debitore cartolare comprovare eventuali motivi di opposizione all’esercizio del diritto.
Il secondo mezzo oppone la violazione e falsa applicazione degli artt. 1988 e 1322 c.c.. Deduce il ricorrente essere emerso inequivocabilmente che gli assegni bancari erano privi dell’indicazione del prenditore e girati in bianco, per essere effettivamente trasferiti, mediante materiale consegna, a colui che successivamente aveva esercitato il diritto negli stessi contenuto: a fronte di tale trasferimento il debitore cartolare era onerato di dimostrare che il rapporto fondamentale non fosse mai sorto, risultasse invalido o si fosse in tutto o in parte estinto. E’ aggiunto che la funzione di garanzia assolta dall’assegno non esclude che lo stesso possa valere come promessa di pagamento ex art. 1988 c.c..
Col terzo motivo l’istante denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c.. E’ spiegato che nel rapporto diretto tra il traente e il prenditore l’assegno bancario, anche se privo di valore cartolare, va considerato quale promessa di pagamento e che ciò comporta una presunzione iuris tantum del rapporto sottostante. Viene aggiunto che la Corte lucana aveva erroneamente valutato il quadro probatorio emerso nel corso del giudizio di primo grado e che l’esperita istruttoria aveva fatto emergere le ragioni del credito fatto valere da G. nei confronti di B..
2. – I tre motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, sono fondati nei termini che si vengono a esporre.
2.1. – A norma dell’art. 2009 c.c., comma 2, e del R.D.L. n. 1736 del 1933, art. 19, comma 2, è valida la girata del titolo che non contiene l’indicazione del giratario, e cioè la girata in bianco. In base all’art. 2008 c.c., il possessore di un titolo all’ordine è legittimato all’esercizio del diritto in esso menzionato in base a una serie continua di girate; precisa, poi, il citato R.D., art. 22, che il detentore dell’assegno bancario trasferibile per girata è considerato portatore legittimo se giustifica il suo diritto con una serie continua di girate “anche se l’ultima è in bianco”. Correlativamente, il possessore di un assegno bancario, in cui non figuri l’indicazione del prenditore oppure cui l’assegno sia stato girato dal primo prenditore o da ulteriori giratari, sia con girata piena che con girata in bianco, ha diritto al pagamento dello stesso in base alla sola presentazione del titolo, senza che, se presentato per il pagamento direttamente all’emittente, questi possa pretendere che il titolo contenga anche la firma di girata di colui che ne chiede il pagamento, applicandosi a tali ipotesi la disciplina dei titoli al portatore (Cass. 14 luglio 2010, n. 16556; Cass. 22 maggio 2006, n. 11927). Il principio enunciato dalla Corte di appello, secondo cui il mero possessore dell’assegno bancario non è legittimato a pretendere l’adempimento se non provando l’esistenza del rapporto da cui deriva il diritto vantato vale, come del resto chiarito dallo stesso giudice del gravame, ove il detto possessore non risulti né prenditore né giratario del titolo (così, da ultimo: Cass. 15 gennaio 2020, n. 731).
Ora, emerge dalla stessa sentenza impugnata che la domanda di G. era fondata su due assegni “girati in bianco dal B.”. La Corte distrettuale nulla ha rilevato con riguardo alla girata dei titoli: essa avrebbe dovuto invece verificare se, alla stregua delle risultanze di causa, gli assegni in questione potessero dirsi girati in bianco, in quanto da tale circostanza dipendeva, secondo quanto si è osservato, la legittimazione cartolare dell’odierno ricorrente.
2.2. – La pronuncia per cui è ricorso si espone poi a censura su di un diverso versante.
Nel trattare dell’azione causale basata sulla promessa di pagamento incorporata nei titoli, la Corte di appello ha ritenuto essere “più verosimile” che gli assegni fossero stati consegnati in garanzia e che, in tale scenario, il negozio intercorso tra le parti dovesse ritenersi nullo per contrarietà alle disposizioni cogenti di cui al R.D. n. 1736 del 1933, artt. 1 e 2.
Ebbene, anzitutto, la funzione di garanzia è stata semplicemente supposta, senza che la Corte di merito spiegasse le ragioni del proprio convincimento (e il ricorrente, nello svolgimento del terzo mezzo fa valere proprio il vizio motivazionale, osservando come “de circostanze riferite dall’opponente (siano restate) prive di qualsivoglia supporto probatorio”. In secondo luogo, l’indicata funzione di garanzia rende non pertinente l’enunciazione della regola per cui l’inversione dell’onere della prova di cui all’art. 1988 c.c., “opera solo nei confronti di colui (al quale) la promessa sia stata effettivamente fatta” (pag. 3 della sentenza impugnata): se B. ha rilasciato l’assegno a G. in garanzia non può negarsi che il secondo sia destinatario di una promessa di pagamento proveniente dal primo. Da ultimo, non coglie nel segno l’argomento basato sulla nullità del patto di garanzia concluso con riguardo all’assegno, dal momento che detta nullità non esclude la validità della promessa di pagamento incorporata nel titolo: come già ritenuto da questa S.C., non viola il principio dell’autonomia contrattuale sancito dall’art. 1322 c.c., il giudice che, in relazione a tale assegno, dichiari nullo il patto di garanzia e sussistente la promessa di pagamento di cui all’art. 1988 c.c. (Cass. 24 maggio 2016, n. 10710; Cass. 19 aprile 1995, n. 4368); infatti, l’assegno in bianco o postdatato rilasciato a fini di garanzia dell’esatto adempimento di un’obbligazione, ancorché nullo in quanto contrario alle norme imperative contenute nel R.D. n. 1736 del 1933, artt. 1 e 2, vale come promessa di pagamento a norma dell’art. 1988 c.c., o come titolo pagabile a vista (Cass. 25 gennaio 2021, n. 1437).
3. – La sentenza va quindi cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Potenza che, in diversa composizione, dovrà fare applicazione dei richiamati principi di diritto e regolare anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie i tre motivi di ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Potenza che, in diversa composizione, regolerà pure le spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6a Sezione Civile, il 22 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022
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