Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1270 del 17/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23059-2020 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale procuratore della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI) SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIETTA CORETTI, CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO;

– ricorrenti –

contro

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 267, presso lo studio dell’avvocato PAOLO VALERIO DE VITO, rappresentato e difeso dall’avvocato RENATO ROLLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 229/2020 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 06/07/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA PONTERIO.

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Torino ha dichiarato legittima l’iscrizione di G.M. alla Gestione separata, in relazione all’attività libero professionale dal medesimo svolta quale avvocato non iscritto alla Cassa forense presso cui versava solo il contributo integrativo; ha tuttavia dichiarato prescritto il credito contributivo vantato dall’Istituto per l’anno 2011, escludendo, per quanto ancora rileva, che la mancata compilazione del “Quadro RR” integrasse un occultamento doloso del debito contributivo;

2. avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, illustrato da successiva memoria; G.M. ha resistito con controricorso;

3. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

4. con l’unico motivo di ricorso l’INPS ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’art. 2935 c.c. e dell’art. 2941, n. 8, in relazione alla L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 26 – 31, al D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, conv. dalla L. n. 111 del 2011, al D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 1, e al D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 10, comma 1;

5. ha rilevato che l’attuale controricorrente, nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2011, ha omesso di compilare il “Quadro RR” necessario per la determinazione dei contributi dovuti, così eludendo il relativo controllo automatico da parte degli uffici finanziari;

6. ha sostenuto, richiamando l’ordinanza della S.C. n. 6677 del 2019 e le successive ordinanze n. 19403 del 2019 e n. 30605 del 2019, come l’omessa compilazione del “*****” integrasse una condotta dolosa del professionista di occultamento del debito contributivo, con la conseguenza che il corrispondente diritto di credito dell’Istituto non potesse considerarsi prescritto per l’operare della sospensione di cui all’art. 2941 c.c., n. 8;

7. il ricorso non può trovare accoglimento;

8. la sentenza d’appello ha escluso che la mancata compilazione del “*****” potesse di per sé integrare un doloso e preordinato occultamento del debito contributivo o che configurasse impedimento assoluto, in una fattispecie in cui il Tribunale (v. pag. 3 della sentenza d’appello) aveva accertato che il G. aveva correttamente esposto il reddito maturato e che l’obbligo di iscrizione alla gestione separata non era all’epoca affatto pacifico, tanto che proprio nel 2011 era stata emessa un’apposita norma di interpretazione autentica;

9. l’accertamento contenuto nella sentenza d’appello attiene all’evidenza ad una questione di fatto (v. Cass. n. 7254 del 2021 con richiamo anche a Cass. n. 6677 del 2019), veicolabile nel giudizio di legittimità nei ristretti limiti tracciati da questa S.C. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., S.U. n. 5083 del 2014);

10. il motivo di ricorso dell’Istituto si colloca all’esterno del perimetro di cui al cit. art. 360 c.p.c., n. 5 ed anzi denuncia un errore di diritto (violazione degli artt. 2935 e 2941 c.c.), con la pretesa di affermare un inammissibile automatismo tra la mancata compilazione del ***** nella dichiarazione dei redditi e l’occultamento doloso del debito contributivo, già escluso da questa Corte (v. Cass. n. 7254 del 2021, in motivazione);

11. per tali ragioni, il ricorso dell’INPS va dichiarato inammissibile;

12. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo;

13. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna l’Inps al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.500,00 a titolo di compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali nella misura forfetaria del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022

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