LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
Dott. BELLÈ Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18430-2020 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI) SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIETTA CORETTI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, ANTONINO SGROI;
– ricorrente –
contro
P.S., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE 185, presso lo studio dell’avvocato GENNARO CICATIELLO, rappresentata e difesa dagli avvocati RAFFAELE COSTANZO, NICOLA PIROZZI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 70/2020 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 21/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 26/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA PONTERIO.
RILEVATO
che:
1. la Corte d’appello di Torino ha dichiarato legittima l’iscrizione di P.S. alla Gestione separata, in relazione all’attività libero professionale dalla medesima svolta quale praticante avvocato non iscritta alla Cassa forense presso cui versava solo il contributo integrativo; ha tuttavia dichiarato prescritto il credito contributivo vantato dall’Istituto per l’anno 2011, escludendo, per quanto ancora rileva, che la mancata compilazione del “Quadro RR” integrasse un occultamento doloso del debito contributivo;
2. avverso tale sentenza l’INPS, anche quale procuratore speciale di SCCI s.p.a., ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati da successiva memoria. P.S. ha resistito con controricorso;
3. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
4. con il primo motivo di ricorso l’INPS ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’art. 2935 c.c., e art. 2941 c.c., n. 8, in relazione alla L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 26 – 31, al D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, conv. dalla L. n. 111 del 2011, al D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 1, e al D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 10, comma 1;
5. ha rilevato che l’attuale controricorrente, nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2011, ha omesso di compilare il “Quadro RR” necessario per la determinazione dei contributi dovuti, così eludendo il relativo controllo automatico da parte degli uffici finanziari;
6. ha sostenuto, richiamando l’ordinanza della S.C. n. 6677 del 2019 e le successive ordinanze n. 19403 del 2019 e n. 30605 del 2019, come l’omessa compilazione del “Quadro RR” integrasse una condotta dolosa del professionista di occultamento del debito contributivo, con la conseguenza che il corrispondente diritto di credito dell’Istituto non potesse considerarsi prescritto per l’operare della sospensione di cui all’art. 2941 c.c., n. 8;
7. con il secondo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 26-1, del D.L. n. 98 del 2011, art. 18, commi 11 e 12, conv. con mod. dalla L. n. 111 del 2011, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 53, mod. dal D.Lgs. n. 344 del 2003, della L. n. 576 del 1980, artt. 10,11 e 22, del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, conv. con mod. dalla L. n. 326 del 2003, e del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61, comma 3.
8. L’Istituto ha ribadito l’esistenza dell’obbligo di iscrizione alla gestione separata per gli avvocati (per i quali non sorga l’obbligo di iscrizione alla Cassa forense) che svolgono in modo abituale l’attività professionale, in base al disposto della L. n. 335 del 1995 cit., art. 2, comma 26, come interpretato autenticamente dal D.L. 98 del 2011 cit., art. 18, comma 12, non venendo in considerazione il cit. D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, che disciplina le prestazioni autonome occasionali connesse alle prestazioni d’opera coordinate e continuative regolate dal D.Lgs. n. 276 del 2003, individuando quale discrimine economico per l’imposizione dell’obbligazione contributiva nella gestione separata l’ammontare del reddito conseguito (Euro 5.000,00).
9. il ricorso non può trovare accoglimento;
10. la sentenza d’appello ha escluso che la mancata compilazione del “Quadro RR” potesse integrare un intenzionale occultamento doloso del debito contributivo rilevando che “l’appellata nel modello reddituale per l’anno 2011 ha dichiarato nel Quadro CM i redditi da lavoro autonomo della cui contribuzione si tratta, per cui deve essere esclusa l’intenzione di voler occultare l’esistenza degli stessi, così come l’impossibilità per l’Istituto di poter agire per far valere il proprio diritto di credito…”. Ha ulteriormente rilevato come “l’omessa compilazione del Quadro RR (fosse) avvenuta in un contesto di incertezza in ordine alla sussistenza dell’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata Inps, affermata solo negli anni successivi dalla Corte di Cassazione, a fronte di contrastante pregresso orientamento della giurisdizione di merito”;
11. l’accertamento svolto dalla Corte di merito attiene all’evidenza ad una questione di fatto (v. Cass. n. 7254 del 2021 con richiamo anche a Cass. n. 6677 del 2019), veicolabile nel giudizio di legittimità nei ristretti limiti tracciati da questa S.C. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (v. Cass., S.U. n. 5083 del 2014);
12. il motivo di ricorso dell’Istituto si colloca all’esterno del perimetro di cui citato art. 360, n. 5, ed anzi denuncia un errore di diritto (violazione degli artt. 2935 e 2941 c.c.), con la pretesa di affermare un inammissibile automatismo tra la mancata compilazione del quadro RR nella dichiarazione dei redditi e l’occultamento doloso del debito contributivo, già escluso da questa Corte (v. Cass. n. 7254 del 2021, in motivazione);
13. per tali ragioni, il primo motivo di ricorso dell’INPS va dichiarato inammissibile; il secondo motivo risulta assorbito;
14. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo;
15. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna l’Inps al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.500,00 a titolo di compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali nella misura forfetaria del 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022
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