LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 27181/2016 proposto da:
D.R., elettivamente domiciliato in Roma Via Cunfida 20, presso lo studio dell’avv. Monica Battaglia che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. Fiorella Bertoli;
– ricorrente –
contro
Equitalia Nord S.p.A., in persona del legale rapp.te p.t., elettivamente domiciliata in Roma Via Rodolfo Lanciani n. 7, presso lo studio dell’avv. Monica De Pascali, unitamente agli avv.ti Luciana Clerici e Laura Cella Bandirola, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4910/2016 della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA depositata il 27/9/2016;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Dott.ssa D’ORIANO MILENA nella pubblica udienza del 06/10/2021, tenuta in camera di consiglio ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art.
23, comma 8-bis, conv. con modif. dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, nonché del D.L. 23 luglio 2021, n. 105, art. 7, conv. con modif.
dalla L. 16 settembre 2021 n. 126;
lette le conclusioni scritte depositate dal P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Giovanni Giacalone, motivate nel senso del rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. con sentenza n. 4910/36/16, depositata il 27 settembre 2016, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dal contribuente avverso la sentenza n. 719/3/14 della Commissione Tributaria Provinciale di Pavia, con condanna al pagamento delle spese di lite;
2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di iscrizione ipotecaria n. 11425/79, disposta D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77, sulla quota di un immobile di proprietà di D.R., a seguito del mancato pagamento di una serie di debiti di varia natura, ripartiti in diverse cartelle esattoriali, alcune inerenti i tributi Irpef ed Iva per gli anni 2004 e 2005, di cui il contribuente eccepiva l’illegittimità – sul presupposto che i beni ipotecati facevano parte di un fondo patrimoniale e che gli stessi non erano stati contratti per i bisogni della famiglia – nonché la nullità per l’omesso invio dell’intimazione di pagamento; il D. contestava altresì la regolare notifica delle cartelle esattoriali sottostanti;
3. la CTP aveva rigettato il ricorso; la CTR aveva confermato la sentenza di primo grado rilevando che l’iscrizione ipotecaria non doveva essere preceduta dalla notifica dell’intimazione di pagamento del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 50, e che l’eccezione di nullità per violazione del contraddittorio preventivo non poteva essere esaminata in quanto non proposta nel ricorso introduttivo; che le cartelle erano state regolarmente notificate a mezzo posta senza la necessità di una relata; che i beni confluiti nel fondo patrimoniale erano comunque suscettibili di escussione, in quanto i debiti erano stati contratti nell’espletamento di un’attività professionale i cui proventi erano destinati ai bisogni della famiglia, come provato dal fatto che il D. si era trasferito altrove solo in un periodo successivo a quello di riferimento delle imposte e che in ogni caso egli continuava ad erogare l’assegno di mantenimento per l’originario nucleo familiare nel cui interesse era stato costituito il fondo;
4. avverso la sentenza di appello il contribuente proponeva ricorso per cassazione, notificato il 18 novembre 2016, affidato a cinque motivi; Equitalia Nord S.p.A. resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. con il primo motivo di ricorso D.R. censurava la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver escluso che l’iscrizione di ipoteca D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77, dovesse essere preceduta dalla notifica dell’intimazione di pagamento;
2. con il secondo motivo lamentava la contraddittorietà della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver ritenuto non esaminabile l’eccezione di nullità per violazione del contraddittorio preventivo benché fosse stata eccepita la mancata notifica dell’intimazione;
3. con il terzo motivo denunciava la violazione e falsa applicazione dell’art. 140 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver ritenuto perfezionata la notifica della cartella effettuata in un caso di irreperibilità relativa, con successivo ritiro del plico all’uffizio postale, pur in assenza degli adempimenti previsti dall’art. 140 c.p.c.;
4, con il quarto motivo deduceva la violazione e falsa applicazione dell’art. 170 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver escluso che i debiti fossero estranei ai bisogni della famiglia, sebbene fosse stata offerta la prova documentale che gli stessi erano stati contratti nell’esercizio di un’attività professionale e del suo allontanamento dalla famiglia a cui provvedeva a versare solo un assegno di mantenimento;
5. con il quinto motivo denunciava una omessa pronuncia su un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui la CTR aveva omesso di pronunciarsi sulla impossibilità del Concessionario di iscrivere ipoteca giudiziale su di un bene non suscettibile di essere sottoposto ad esecuzione forzata.
6. Il primo motivo di ricorso non merita accoglimento.
6.1 Costituisce orientamento consolidato di questa Corte, di cui la CTR ha fatto corretta applicazione, che ” L’iscrizione ipotecaria prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 77, non costituisce atto dell’espropriazione forzata, ma va riferita ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria, sicché può essere effettuata anche senza la necessità di procedere alla notifica dell’intimazione di cui al D.P.R. n. 602 cit., art. 50, comma 2, la quale è prescritta per l’ipotesi in cui l’espropriazione forzata non sia iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento.” (Vedi Cass. S.U. n. 19667 del 2014; Cass. n. 2879 del 2016; Cass. n. 850 del 2021).
7. Il secondo motivo è invece inammissibile in quanto non attinente alla ratio decidendi censurata.
La CTR, infatti, ha ritenuto inammissibile per novità la censura relativa ad una mancata e generica garanzia del contraddittorio preventivo, e non quella del mancato invio dell’intimazione ad adempiere del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 50, motivo in ogni caso infondato per le ragioni già esaminate.
8. Il terzo motivo risulta infondato per un duplice ordine di motivi.
8.1 In primo luogo si rileva che “In tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, mediante invio diretto della raccomandata con avviso di ricevimento da parte del concessionario, non è necessario l’invio di una successiva raccomandata informativa in quanto trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario, peraltro con esclusione della L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 883, in quanto privo di efficacia retroattiva, e non quelle della L. n. 890 del 1982” (Cass. n. 10037 del 2019; Cass. n. 28872 del 2018; Cass. n. 19270 del 2018; cass. n. 29022 del 2017); va pertanto escluso che nell’ipotesi in cui il concessionario, come nel caso di specie, opti per tale modalità di notificazione debbano trovare applicazione le formalità di cui all’art. 140 c.p.c. prevista per le notifiche a mezzo ufficiale giudiziario.
8.2 In secondo luogo rileva che, risultando pacifica la ricezione della cartella a seguito di ritiro presso l’ufficio postale, ogni nullità della notifica risulta sanata dal raggiungimento dello scopo, trovando applicazione altro consolidato principio secondo cui “La natura sostanziale e non processuale della cartella di pagamento non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria; sicché il rinvio disposto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5 (in tema di notifica della cartella di pagamento) al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 (in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile, comporta, in caso di nullità della notificazione della cartella di pagamento, l’applicazione dell’istituto della sanatoria per raggiungimento dello scopo, di cui all’art. 156 c.p.c. (Cass. n. 27561 del 2018; Cass. n. 6417 del 2019), con la ulteriore specificazione che ” Il vizio della notifica di una cartella di pagamento, consistente nell’omessa esibizione dell’avviso di ricevimento della raccomandata informativa che va inviata nell’ipotesi di consegna dell’atto a mezzo del servizio postale non effettuata direttamente al destinatario (nella specie, a familiare convivente), è sanato per raggiungimento dello scopo ove il contribuente abbia conosciuto il contenuto della cartella, trovando applicazione, anche per gli atti impositivi, il principio di cui all’art. 156 c.p.c., comma 3" (Cass. n. 11051 del 2018).
9. Anche il quarto motivo non merita accoglimento.
9.1 La questione concernente l’aggredibilità del fondo patrimoniale per crediti esattoriali a mezzo iscrizione ipotecaria, questa Corte, dopo alcuni arresti (cfr. Cass. 19667/2014, Cass. 15354/2015 e Cass. 10794/2016) che avevano affermato che l’esecuzione richiamata dall’art. 170 c.c. fosse estranea all’iscrizione ipotecaria che, quindi, doveva ritenersi generalmente consentita, ha statuito più specificamente, con principio al quale questo Collegio intende dare continuità, che “in tema di riscossione coattiva delle imposte, l’iscrizione ipotecaria di cui D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77, è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall’art. 170 c.c., sicché è legittima solo se l’obbligazione tributaria sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità ai bisogni della famiglia” (cfr. Cass. n. 20998/2018; Cass. n. 22761/2016; Cass. n. 23876/2015); ne consegue che l’esattore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo, qualora il debito facente capo a costoro sia stato contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari, ovvero quando nell’ipotesi contraria – il titolare del credito, per il quale l’esattore procede alla riscossione, non conosceva l’estraneità ai bisogni della famiglia; viceversa, l’esattore non può iscrivere l’ipoteca – sicché, ove proceda in tal senso, l’iscrizione è da ritenere illegittima – nel caso in cui il creditore conoscesse tale estraneità. (Cass. n. 1652/2016; Cass. n. 5385/2013).
Ulteriore conseguenza è anche l’irrilevanza della anteriorità o posteriorità del credito rispetto alla costituzione del fondo, atteso che il divieto di esecuzione forzata non è limitato ai soli crediti (estranei ai bisogni della famiglia) sorti successivamente alla sua costituzione, ma vale anche per i crediti sorti anteriormente, salva la possibilità per il creditore, ricorrendone i presupposti, di agire in via revocatoria. (Cass. n. 15862 del 2009).
9.2 Ciò posto, l’onere della prova dei presupposti dell’impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale grava su colui che intende avvalersene, sicché, ove sia proposta opposizione, ex art. 615 c.p.c., per contestare il diritto del creditore ad agire esecutivamente, il debitore opponente deve dimostrare non soltanto la regolare costituzione del fondo e la sua opponibilità al creditore procedente, ma anche che il suo debito verso quest’ultimo venne contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia, a tal fine occorrendo che l’indagine del giudice si rivolga specificamente al fatto generatore dell’obbligazione, a prescindere dalla natura della stessa: pertanto, i beni costituiti in fondo patrimoniale non potranno essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell’obbligarsi fosse quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi non in senso meramente oggettivo ma come comprensivi anche dei bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari.” (cfr. Cass. n. 15251 del 2021; Cass. n. 641 del 2015; Cass. n. 23876 e n. 641 del 2015; Cass. n. 4011 del 2013).
9.3. Con particolare riferimento ai debiti tributari si è anche precisato che “In tema di fondo patrimoniale, il criterio identificativo dei debiti per i quali può avere luogo l’esecuzione sui beni del fondo va ricercato non già nella natura dell’obbligazione ma nella relazione tra il fatto generatore di essa e i bisogni della famiglia, sicché anche un debito di natura tributaria sorto per l’esercizio dell’attività imprenditoriale può ritenersi contratto per soddisfare tale finalità, fermo restando che essa non può dirsi sussistente per il solo fatto che il debito derivi dall’attività professionale o d’impresa del coniuge, dovendosi accertare che l’obbligazione sia sorta per il soddisfacimento dei bisogni familiari (nel cui ambito vanno incluse le esigenze volte al pieno mantenimento ed all’univoco sviluppo della famiglia) ovvero per il potenziamento della di lui capacità lavorativa, e non per esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi. (cfr Cass. n. 3738 del 2015).
9.4. Nella specie la CTR ha richiamato tali principi e ne ha fatto corretta applicazione laddove ha incluso tra i crediti suscettibili di soddisfacimento previa iscrizione di ipoteca su beni conferiti in fondo patrimoniale anche quelli oggetto di causa che, con una valutazione di merito non sindacabile, ha ritenuto non riconducibili ad esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi, senza che rilevasse la data di insorgenza del credito rispetto a quella di costituzione del fondo.
10. Il quinto motivo è invece inammissibile, non solo in quanto erroneamente dedotto come omesso esame ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 in luogo che come omessa pronuncia ex art. 360 c.p.c., n. 4, ma soprattutto perché nello stesso motivo la parte evidenzia che tale questione sarebbe stata sollevata per la prima volta in appello e quindi con un inammissibile motivo nuovo rispetto al giudizio di primo grado.
Si ricorda sul punto che ” In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio.(da ultimo Cass. n. 20694 e n. 15430 del 2018).
11. Da quanto esposto consegue il rigetto del ricorso.
11.1. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.
11.2 Trattandosi di giudizio notificato dopo il 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.
PQM
La Corte, rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio, che si liquidano nell’importo complessivo di Euro 5.500,00 per compensi professionali, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge;
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022