Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1355 del 18/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16967-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

G.E.R.M., domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIO CRAMAROSSA, MARIA GRAZIA MASTINO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1094/7/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL PIEMONTE, depositata il 15/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO CROLLA.

RILEVATO

CHE:

1. G.E.R.M. impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino quattro avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 2007-2010 ed un atto di contestazione con l’Ufficio, accertando l’esistenza di attività finanziarie non dichiarate presso paesi a fiscalità privilegiata, recuperava a tassazione la maggiore imposta Irpef ed irrogava le sanzioni di legge.

2. La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso.

3. La sentenza veniva impugnata dal contribuente e la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte accoglieva parzialmente l’appello annullando gli accertamenti 2008, 2009 e 2010 e rideterminando le sanzioni in Euro 81.866,00. I giudici di seconde cure rilevavano: a) che il G. aveva provato, superando le contrarie risultanze formali, di essere residente in ***** con la conseguente invalidità delle contestazioni relative agli anni 2008, 2009 e 2010; b) che la sanzione poteva essere contenuta nella misura poco superiore al minimo edittale.

4. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione sulla base due motivi. Il contribuente si è costituito depositando controricorso.

5 Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio. Il contribuente ha depositato memoria illustrativa.

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo motivo l’Amministrazione Finanziaria denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 2, comma 2 e dell’art. 2700 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3); si sostiene che la CTR ha errato nel non riconoscere la soggettività fiscale italiana sino al 2011, anno di iscrizione all’AIRE, e contestuale cancellazione della popolazione residente nel Comune di Torino.

1.1. Con il secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 167 del 1990, art. 5, comma 2 e D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 7, comma 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per aver l’impugnata sentenza calcolato la sanzione sull’imposta evasa anziché sull’attività non dichiarata.

2. Il primo motivo è fondato 2.1 Il D.Lgs. n. 917 del 1986, art. 2, comma 2 stabilisce che “Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”.

2.2 Vengono, quindi, individuati, perché sussista la residenza fiscale nello Stato, tre presupposti, indicati in via del tutto alternativa come si desume dall’utilizzo della congiunzione “o”: il primo, formale, rappresentato dall’iscrizione nelle anagrafi delle popolazioni residenti, gli altri due, di fatto, costituiti dalla residenza o dal domicilio nello Stato ai sensi del codice civile.

2.3 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non vi è motivo di discostarsi, le persone iscritte nelle anagrafi della popolazione residente si considerano, in applicazione del criterio formale dettato dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 2, in ogni caso residenti, e, pertanto, soggetti passivi d’imposta, in Italia; con la conseguenza che, ai fini predetti, essendo l’iscrizione indicata preclusiva di ogni ulteriore accertamento, il trasferimento della residenza all’Estero non rileva fino a quando non risulti la cancellazione dall’anagrafe di un Comune italiano (cfr. Cass. 677/15, 14434/10, 9319/06, 21970/2015 e 16634/2018).

3 Il secondo motivo è infondato.

3.1 Il D.L. n. 167 del 1990, art. 4, comma 1 stabilisce che “Le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate ai sensi del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi. Sono altresì tenuti agli obblighi di dichiarazione i soggetti indicati nel precedente periodo che, pur non essendo possessori diretti degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria, siano titolari effettivi dell’investimento secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 2, lett. u), e dall’allegato tecnico del D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231". Ai sensi del successivo art. 5, comma 2" La violazione dell’obbligo di dichiarazione previsto nell’art. 4, comma 1, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. La violazione di cui al periodo precedente relativa alla detenzione di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 6 al 30 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. Nel caso in cui la dichiarazione prevista dall’art. 4, comma 1, sia presentata entro novanta giorni dal termine, si applica la sanzione di Euro 258”.

3.2 Orbene, contrariamente a quanto opinato dall’Agenzia delle Entrate, la CTR non ha calcolato la sanzione sul quantum dell’imposta ma sui “depositi non dichiarati”, limitatamente agli anni 2005-2007 operando, sulla scorta di un accertamento in punto di fatto non sindacabile in questa sede se non per vizio motivazionale, la diminuzione D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 7, comma 4.

3.3 Con il motivo di ricorso incidentale il contribuente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per non avere la CTR dedotto il pagamento della sanzione di Euro 13.473,00 irrogata con un autonomo atto di contestazione 3.4 Il motivo è infondato in quanto, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 6 “il concorso e la continuazione sono interrotti dalla contestazione della violazione”.

3.5 E’ ciò che si è verificato nella fattispecie in esame, avendo l’impugnata contestazione relativa agli anni 2008-2010 interrotto la continuazione con la violazione relativa all’anno 2004 oggetto di distinta contestazione.

3.6 In accoglimento del primo motivo del ricorso l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla CTR in diversa composizione anche in ordine alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte:

accoglie il primo motivo del ricorso, rigettato il secondo motivo e il ricorso incidentale, cassa l’impugnata sentenza, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Commissione Tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022

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