LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29498/2016 proposto da:
C.P.S. IMMOBILIARE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato ADALBERTO NERI, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
B.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MEDAGLIE D’ORO N. 113, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO PANETTA, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
BO.LU., elettivamente domiciliato in ROMA – VIA FLAMINIA 195, presso lo studio degli avv.ti SERGIO VACIRCA, e MARIA PARPAGLIONI, rappresentato e difeso dagli avv.ti SERGIO VACIRCA e GIOVANNI BRANCA, giusta delega in atti;
– controricorrenti –
contro
C.G.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1025/2016 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 27/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/07/2021 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.
PREMESSO Che:
1. B.M. conveniva in giudizio le imprese C3 Costruzioni di G.C. ed Emmegieffe s.p.a. e l’architetto Bo.Lu., chiedendo che Emmegieffe fosse condannata alla rifusione delle spese sostenute per l’eliminazione dei vizi dell’opera di rifacimento del tetto dell’immobile di proprietà dell’attrice e che i tre convenuti fossero condannati alla rifusione delle spese del procedimento di accertamento tecnico preventivo e al risarcimento del danno esistenziale. Emmegieffe e C3 rimanevano contumaci. L’adito Tribunale di Brescia condannava Emmegieffe a pagare la somma di Euro 12.528 e i tre convenuti a rifondere le spese del procedimento di accertamento tecnico preventivo e della consulenza tecnica d’ufficio e a risarcire i danni non patrimoniali subiti dall’attrice, quantificati in Euro 15.000.
2. C.P.S. immobiliare s.r.l., già Emmegieffe s.p.a., impugnava la pronuncia e anzitutto eccepiva la nullità della notificazione dell’atto di citazione e chiedeva di essere autorizzata a proporre querela di falso contro l’avviso di ricevimento attestante la consegna dell’atto introduttivo a persona qualificatasi come impiegata al servizio del destinatario.
La Corte d’appello di Brescia, con sentenza 27 ottobre 2016, n. 1025, ha rigettato l’appello.
3. Avverso la sentenza della Corte d’appello C.P.S. immobiliare ricorre per cassazione.
Resistono con distinti atti di controricorso B.M. e Bo.Lu.. Memoria è stata depositata da B..
L’intimato C.G. non ha proposto difese.
CONSIDERATO
Che:
I. Il ricorso è articolato in tre motivi.
1) Il primo motivo denuncia “violazione di legge di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, ed in particolare errata applicazione degli artt. 2699,2700 c.c. e L. n. 890 del 1982, art. 1, in relazione agli artt. 24 e 111 Cost.”, per avere la Corte d’appello negato la proposizione della querela di falso, impedendo così la prova circa l’estraneità di Z.A., cui era stata consegnata la copia dell’atto di citazione, all’organizzazione aziendale della C.P.S. immobiliare.
Il motivo non può essere accolto. La Corte d’appello ha correttamente rilevato che “sono assistite da fede sino a querela di falso solo le attestazioni effettuate dall’ufficiale giudiziario e dall’ufficiale postale che sono frutto della diretta attività e percezione dell’agente notificatore, mentre il contenuto delle notizie da lui apprese, tra cui la dichiarazione di colui che riceve il plico, sono assistite da una presunzione iuris tantum che può essere superata senza querela di falso mediante la prova contraria”. Pertanto, dato che nell’avviso di ricevimento si legge che copia dell’atto di citazione è stata ricevuta da una persona qualificatasi al servizio del destinatario quale impiegata, la qualifica dichiarata da tale persona non è coperta da pubblica fede sino a querela di falso, ma è assistita da una presunzione iuris tantum liberamente attaccabile con ordinari mezzi di prova (v. al riguardo, da ultimo, Cass. 20214/2019, secondo cui “l’efficacia probatoria dell’atto pubblico, nella parte in cui fa fede fino a querela di falso, è limitata agli elementi estrinseci dell’atto, indicati all’art. 2700 c.c., e non si estende al contenuto intrinseco del medesimo, che può anche non essere veritiero; è pertanto ammessa qualsiasi prova contraria, nei limiti consentiti dalla legge, in ordine alla veridicità e all’esattezza delle dichiarazioni rese nel menzionato atto”).
2) Il secondo motivo denuncia “violazione di legge di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, e in particolare errata applicazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, in relazione agli artt. 24 e 111 Cost.”, contestando anzitutto il richiamo all’art. 345 c.p.c., in quanto non si trattava di nuovi documenti producibili in primo grado, ma della diversa ipotesi di documenti sicuramente producibili in appello dall’appellante che deduceva di non aver avuto conoscenza del precedente grado di giudizio; quindi la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere tardiva la produzione documentale, avendo in ogni caso “abdicato ai propri poteri ufficiosi”, non avendo sottoposto alle parti la questione “circa la doverosità della querela di falso”.
Il motivo non può essere accolto. La Corte d’appello, negata l’autorizzazione a proporre querela di falso (v. il motivo precedente), ha rilevato che l’appellante non aveva dedotto prove dirette a confutare la qualifica di “impiegata, al servizio del destinatario” della persona che ha ricevuto la copia dell’atto di citazione, ritenendo tardiva la produzione di estratti conto previdenziali. E’ vero che, in tal modo, la Corte d’appello non ha considerato che la preclusione a pena di decadenza, “mediante specifica indicazione nell’atto introduttivo del secondo grado di giudizio” (così Cass. n. 12574/2019), è affermata da questa Corte in relazione ai nuovi documenti di cui all’art. 345 c.p.c., comma 3, mentre nel caso in esame – come deduce la ricorrente – si tratta di documenti relativi a fatti processuali che non potevano che essere prodotti nel giudizio di secondo grado (v. al riguardo Cass. n. 5610/2019). Tali documenti, rappresentati da estratti conto previdenziali, erano però volti a dimostrare che la persona che ha ricevuto copia dell’atto di citazione non era dipendente della ricorrente. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “ai fini della regolarità della notificazione di atti a persona giuridica (…) è sufficiente che il consegnatario si trovi presso la sede della persona giuridica destinataria non occasionalmente, ma in virtù di un particolare rapporto che, non dovendo essere necessariamente di prestazione lavorativa, può risultare anche dall’incarico, pur se provvisorio e precario, di ricevere le notificazioni per conto della persona giuridica”, così che è onere della società provare che la persona che si trovava nei locali della sede “oltre a non essere una sua dipendente non era neppure addetta alla sede per non averne ricevuto incarico alcuno” (così Cass. n. 27420/2017). Gli estratti conto previdenziali non erano pertanto documenti decisivi al fine di escludere la regolarità della notificazione dell’atto introduttivo di primo grado.
3) Il terzo motivo lamenta “violazione di legge di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 e in particolare errata applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 6, così come introdotto del D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 2-quater” in quanto, una volta notificato a mezzo posta l’atto introduttivo presso la sede della società con consegna alla persona qualificatasi come impiegata, non vi è stata l’emissione della comunicazione di avvenuta notifica prescritta dalla L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 6, con conseguente nullità della notificazione.
Il motivo non può essere accolto. La L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 6, a norma del quale “se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell’atto, l’agente postale dà notizia al destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo lettera raccomandata”, è disposizione che è stata aggiunta del D.L. n. 248 del 2007, art. 36, convertito nella L. n. 31 del 2008, e trova applicazione ai procedimenti di notifica effettuati a decorrere dalla data dell’entrata in vigore della legge di conversione, ossia il 1 marzo 2008; il presente processo è stato instaurato con atto di citazione del 29 marzo 2011 e pertanto la presente disposizione troverebbe ratione temporis applicazione. Questa Corte ha però puntualizzato che la spedizione della raccomandata informativa è prescritta nell’ipotesi di consegna a persona diversa dal destinatario. Nel caso di notificazione a persona giuridiche “con il termine “destinatario” deve intendersi non solo il legale rappresentante della persona giuridica, ma anche le persone indicate dalla disposizione generale di cui all’art. 145 c.p.c., che equipara al legale rappresentante della società le persone ivi indicate, e in particolare la persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, altra persona addetta alla sede stessa” (Cass. 9878/2020). Nel caso di specie il piego contenente la notificazione dell’atto introduttivo del processo è pervenuta al destinatario della notificazione presso la sede legale della società in persona di uno dei soggetti indicati dall’art. 145 c.p.c., essendo stato ricevuto da persona che, se non incaricata di ricevere le notificazioni, era comunque addetta alla sede (v. motivo precedente). A tale stregua la notificazione dell’atto si è regolarmente perfezionata, senza la necessità del secondo avviso a mezzo di lettera raccomandata.
II. Il ricorso va quindi rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore dei controricorrenti, che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge in favore di B.M. e in Euro 2.500, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge in favore di Bo.Lu..
Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 9 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022
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