Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1548 del 19/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26467-2020 proposto da:

Z.C., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO MAMBELLI;

– ricorrente –

contro

SCUDO INVESTIMENTI SG SPA A SOCIO UNICO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAOLO EMILIO, 34, presso lo studio dell’avvocato MARCELLA DE NINNO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIAMPAOLO PECCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 255/2020 della CORTE BOLOGNA, depositata il 17/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera partecipata del 22/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO FALABELLA.

FATTI DI CAUSA

1. – Decidendo su due giudizi riuniti, aventi rispettivamente ad oggetto un’azione revocatoria ordinaria e un’opposizione a decreto ingiuntivo, il Tribunale di Rimini ha dichiarato l’inefficacia dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale nel quale Z.C. e la moglie avevano conferito degli immobili, e, pur revocando il provvedimento monitorio, ha condannato lo stesso Z. a corrispondere a Euro Commercial Bank s.p.a. la somma di Euro 250.000,00.

2. – La sentenza è stata impugnata da Z. e la Corte di appello di Bologna, in data 17 gennaio 2020, ha respinto il gravame.

3. – Lo stesso Z. ricorre per cassazione avverso quest’ultima pronuncia. L’impugnazione consta di due motivi. Resiste con controricorso Scudo Investimenti SG s.p.a., cessionaria del credito azionato in via ingiuntiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo è dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 221 c.p.c., degli artt. 2702 e 2697 c.c.; è altresì denunciato, in via subordinata, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La censura investe la sentenza impugnata nella parte in cui ha disatteso il primo motivo di appello, relativo alla tardività dell’eccezione di falsità del contratto concluso il *****: la Corte di merito, a fronte della deduzione dell’odierno ricorrente, per cui solo con la terza memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, dopo la produzione dell’originale della scrittura privata, il medesimo avrebbe potuto proporre querela di falso, aveva osservato che il contratto di fideiussione era stato prodotto col ricorso monitorio; oppone l’istante che non è possibile impugnare per falso un documento prodotto in semplice fotocopia.

Col secondo mezzo è lamentata la violazione o falsa applicazione dell’art. 221 c.p.c., degli artt. 2702 e 2697 c.c.. Rammenta l’istante di aver sostenuto, fin dalla prima difesa, che il contratto di fideiussione concluso nel 2002 “era stato concepito da entrambe le parti senza l’indicazione dell’importo massimo”; aggiunge non aver mai sostenuto che le parti avessero convenuto un qualche patto di riempimento.

2. – I due motivi sono inammissibili.

La pretesa della banca si fonda sulla fideiussione prestata da Z. per l’importo inziale di Euro 50.000,00, successivamente aumentato, nel 2006, a Euro 250.000,00. A fronte della proposizione della querela di falso, che aveva riguardato entrambi i documenti contrattuali, la Corte di merito ha osservato che l’odierno istante, dolendosi del successivo riempimento dello spazio deputato a ospitare l’indicazione dell’importo massimo garantito da parte della banca, non era tenuto a proporre querela di falso, dovendo invece dimostrare – e ciò non era accaduto – che il riempimento fosse contrastante con gli accordi intercorsi.

La sentenza impugnata applica il principio, assolutamente consolidato in giurisprudenza, per cui la denuncia dell’abusivo riempimento di un foglio firmato in bianco postula la proposizione della querela di falso tutte le volte in cui il riempimento risulti avvenuto absque pactis, non anche nell’ipotesi in cui il riempimento abbia avuto luogo contra pacta (per tutte: Cass. 22 agosto 2019, n. 21587; Cass. 7 marzo 2014, n. 5417); in altri termini, nel caso di sottoscrizione di documento in bianco, colui che contesta il contenuto della scrittura è tenuto a proporre la querela di falso soltanto se assume che il riempimento sia avvenuto absque pactis, in quanto in tale ipotesi il documento esce dalla sfera di controllo del sottoscrittore completo e definitivo, sicché l’interpolazione del testo investe il modo di essere oggettivo dell’atto, tanto da realizzare una vera e propria falsità materiale, che esclude la provenienza del documento dal sottoscrittore; qualora, invece, il sottoscrittore, che si riconosce come tale, si dolga del riempimento della scrittura in modo difforme da quanto pattuito, egli ha l’onere di provare la sua eccezione di abusivo riempimento contra pacta e, quindi, di inadempimento del mandato ad scribendum in ragione della non corrispondenza tra il dichiarato e ciò che si intendeva dichiarare, giacché attraverso il patto di riempimento il sottoscrittore medesimo fa preventivamente proprio il risultato espressivo prodotto dalla formula che sarà adottata dal riempitore (Cass. 20 settembre 2013, n. 21600; Cass. 12 settembre 2011, n. 18654; Cass. 1 settembre 2010, n. 18989).

Ciò posto, l’affermazione del ricorrente, secondo cui egli non avrebbe mai sostenuto che tra le parti sarebbe intervenuto un patto di riempimento appare carente di autosufficienza, in quanto l’istante omette di indicare gli atti processuali rilevanti a tal fine (atti contenenti indicazioni di segno opposto a quanto affenl1ato dalla Corte distrettuale, avendo egli sostenuto che il contratto del 2002 sarebbe stato “concepito da entrambe le parti senza l’indicazione dell’importo massimo”: cfr. ricorso per cassazione, pag. 11) e di trascriverne il contenuto per la parte ritenuta significativa. Sono inammissibili, per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Cass. Sez. U. 27 dicembre 2019, n. 34469).

Il ricorrente manca, poi, di confrontarsi con la parte della pronuncia che ha negato potesse configurarsi nella fattispecie, un riempimento absque pactis La Corte di merito ha difatti osservato che Z. “era perfettamente a conoscenza non solo dell’impegno assunto come fideiussore, ma anche dell’importo massimo da garantire, come si evince dalla stipula della seconda fideiussione (…), contratto del tutto autonomo posto alla base della concessione del decreto ingiuntivo, nel quale Z. aveva sottoscritto l’aumento dell’impegno fideiussorio da Euro 50.000,00 a Euro 250.000,00, dichiarandosi disposto nella prima parte dell’atto ad aumentare il suo impegno da Euro 50.000,00 a Euro 200.000,00” (sentenza impugnata, pag. 7). L’istante non tiene conto di tale rilievo che, dando sostanzialmente ragione dell’esistenza di un patto di riempimento cui la banca ha prestato osservanza (completando il documento con un importo che il ricorrente ha riconosciuto in un secondo tempo come parte integrante del testo contrattuale) esclude la necessità di proporre la querela di falso. La ravvisata mancata aderenza della censura al decisum destina quindi la stessa alla statuizione di inammissibilità (Cass. 3 luglio 2020, n. 13735; Cass. 7 settembre 2017, n. 20910; Cass. 7 novembre 2005, n. 21490).

Parimenti carente di aderenza alla decisione impugnata risulta essere il primo motivo.

L’affermazione della Corte di merito per cui la querela di falso non poteva essere proposta, in assenza di riempimento absque pactis risulta essere spesa per entrambi i contratti: sia per quello del 2002, che per quello del 2006. Ben si intende, allora, come il rilievo, svolto dalla Corte di appello a pag. 5 della sentenza, secondo cui “da fideiussione era prodotta già nel fascicolo monitorio” abbia il valore di una motivazione ad abundantiam e sia, come tale, non impugnabile (Cass. 22 ottobre 2014, n. 22380; Cass. 5 giugno 2007, n. 13068). Peraltro, il mezzo di censura si limita a sostenere che l’originale della scrittura privata del ***** fu prodotta con la seconda memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, senza nulla argomentare a confutazione dell’opposta conclusione cui è pervenuta la Corte distrettuale.

3. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 Sezione Civile, il 22 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022

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