LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22759-2020 proposto da:
S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 154, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO SPARANO, rappresentato e difeso dall’avvocato ALFONSO MANCINO;
– ricorrente –
contro
INVITALIA PARTECIPAZIONI SPA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato ANDREA DE VIVO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 481/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATII.
RILEVATO
Che:
1. con sentenza 6 aprile 2020, la Corte d’appello di Roma rigettava l’appello di S.G. avverso la sentenza di primo grado, che, preliminarmente ritenuta la propria competenza territoriale ai sensi dell’art. 413 c.p.c., comma 3, in parziale accoglimento della sua opposizione al decreto con il quale lo stesso Tribunale di Roma gli aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 60.810,78, in favore di Sviluppo Italia Campania s.p.a. per differenza tra quanto da questa corrisposto al primo (proprio dipendente) in esecuzione della sentenza del Tribunale di Napoli n. 30232/2012 e quanto invece disposto dalla sentenza, di sua riforma, della Corte d’appello di Napoli n. 3436/2015, che l’aveva condannato al pagamento in favore della società della somma di Euro 41.528,47 oltre interessi legali;
2. per quanto ancora d’interesse, la Corte capitolina ribadiva la competenza territoriale del giudice del lavoro adito, per l’alternatività dei fori previsti dall’art. 413 c.p.c., comma 3 (con particolare riferimento alla vigenza del foro di ubicazione dell’azienda o di una sua dipendenza, qualora la domanda sia proposta entro sei mesi dal trasferimento o dalla cessazione);
3. essa riteneva, infatti, vigente detta competenza al momento di proposizione del ricorso in via monitoria del lavoratore (il 19 ottobre 2016), siccome in epoca anteriore alla cancellazione dal registro delle imprese di Sviluppo Italia Campania s.p.a. (il 7 marzo 2018), previa assegnazione dell’azienda alla socia di maggioranza (titolare del 99,88% delle azioni) Invititalia Partecipazioni s.p.a. (subentrata nelle more) e dopo il trasferimento della sua sede in Roma, a seguito della cessazione completa dell’attività in Caserta (dipendenza cui era stato addetto il lavoratore) e la successiva messa in stato di liquidazione: ivi pertanto essendo stato trasferito il luogo di direzione e di amministrazione dell’impresa, dove operava il liquidatore per la definizione di tutti i rapporti pendenti e l’attribuzione del patrimonio residuo ai soci (cui in tale fase era limitata l’attività d’impresa); sicché, la Corte territoriale escludeva la violazione del principio di precostituzione del giudice naturale, per l’individuazione del foro competente fissato dal legislatore;
4. con atto notificato il 27 agosto 2020, il lavoratore ricorreva per cassazione con unico motivo, cui resisteva la società con controricorso;
5. entrambe le parti comunicavano memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
Che:
1. il ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 413 c.p.c., e commi 2 e 3, per individuazione della competenza territoriale nel Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, nonostante la messa in liquidazione della datrice Sviluppo Italia Campania s.p.a. l’8 ottobre 2010, la cessazione del rapporto del lavoratore il 26 aprile 2012, il trasferimento della sede della società a Roma il 15 dicembre 2014 e la proposizione della domanda (con ricorso in via monitoria depositato il 19 ottobre 2016) oltre sei mesi dalla cessazione dell’attività aziendale (non già dell’impresa, come erroneamente ritenuto dalla Corte capitolina), con la conseguenza della competenza del foro del contratto di lavoro (unico motivo);
2. in via preliminare, deve essere valutata la tempestività del ricorso, notificato il 27 agosto 2020, con il quale è stata impugnata la sentenza della Corte d’appello di Roma, pubblicata i16 aprile 2020, che ha deciso sia sulla questione di competenza territoriale, sia nel merito;
3. è noto che, qualora la parte soccombente sia sulla questione di merito sia su quella di competenza intenda impugnare entrambe le statuizioni, il mezzo esperibile sia soltanto il ricorso per cassazione ordinario, con il quale la Corte di legittimità è investita ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2, mentre, qualora intenda impugnare soltanto la decisione sulla competenza (come appunto nel caso di specie), il mezzo di impugnazione sia il regolamento facoltativo di competenza (Cass. 30 ottobre 2007, n. 22948; Cass. 27 luglio 2017, n. 18618; Cass. 9 giugno 2020, n. 10932);
3.1. risulta in atti (come da doc. 2 allegato al controricorso, specificamente indicato nell’ambito dell’argomentata deduzione di tardività del ricorso: sub p.to 1 a pg. 7 del controricorso) che la sentenza d’appello suddetta sia stata comunicata in via telematica dalla Cancelleria il 7 aprile 2020 integralmente: come, d’altro canto, espressamente stabilito dall’art. 133 c.p.c., comma 2, nel testo novellato dal D.L. n. 90 del 2014, art. 45, comma 1, conv. con mod. in L. n. 114 del 2014 (che vi ha pure aggiunto, alla lett. b), che “la previsione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 3259;
3.2. l’ultimo periodo aggiunto citato risponde alla finalità di neutralizzare gli effetti della generalizzazione della modalità telematica della comunicazione, se integrale, di qualunque tipo di provvedimento, ai fini della normale decorrenza del termine breve per le impugnazioni, solo nel caso di atto di impulso di controparte, ma non incide sulle norme processuali, derogatorie e speciali, che ancorino la decorrenza del termine breve di impugnazione alla mera comunicazione di un provvedimento da parte della cancelleria, senza che rilevi che la comunicazione sia integrale o meno (Cass. 5 novembre 2014, n. 23526, con riferimento particolare all’ipotesi prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 3; Cass. 27 settembre 2017, n. 22674, in specifico riferimento all’ipotesi prevista dall’art. 702 quater c.p.c.): come appunto nel caso di specie, in cui si applica il regime impugnatorio del regolamento di competenza, secondo cui “il ricorso (per regolamento di competenza), deve essere notificato alle parti che non vi hanno aderito entro il termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza che abbia pronunciato sulla competenza o dalla notificazione dell’impugnazione ordinaria nel caso previsto nell’art. 43, comma 2”;
4. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 14 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022