LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22290/2020 proposto da:
O.B., rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTA PAESANTE;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno, *****;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il 28/07/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/12/2021 da Dott. NAZZICONE LOREDANA.
RILEVATO
che:
– si impugna il decreto Trib. Venezia 28.7.2020, n. 7026 che ha rigettato il ricorso contro il provvedimento della competente Commissione territoriale, la quale aveva negato la protezione internazionale, in tutte le misure, nonché il permesso di soggiorno per motivi umanitari;
– il ricorso è proposto per due motivi;
– il Ministero si è costituito solo per l’eventuale partecipazione alla discussione orale.
RITENUTO
che:
– con il ricorso si deducono:
1) ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 2: secondo il ricorrente, la statuizione impugnata non sarebbe corretta essendo egli, invece, perfettamente credibile; spetta inoltre al ricorrente il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi dell’art. 14, lett. c) D.Lgs. cit., in presenza di un conflitto armato interno e di una situazione di violenza generalizzata;
2) vizio di motivazione quanto alla protezione umanitaria, poiché il tribunale non ha tenuto adeguato conto della narrazione circa l’uccisione dei genitori, ritenuta non credibile immotivatamente e di per sé sufficiente alla richiesta protezione;
– le Sezioni unite con sentenza del 1 giugno 2021, n. 15177 hanno enunciato il seguente principio di diritto: “il D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 13, nella parte in cui prevede che “la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato” e che “a tal fine il difensore certifica la data del rilascio in suo favore della procura medesima” richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale, regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso” nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore. Ne consegue che tale procura speciale deve contenere in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato e richiede che il difensore certifichi, anche solo con un’unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione, che l’autenticità della firma del conferente. La norma così interpretata non può considerarsi violativa: 1) della disciplina unionale, in relazione al principio di equivalenza e di effettività, considerato che non vi è alcuna materia regolata dal diritto interno, omogenea a quella della protezione internazionale e dell’asilo, che goda di una tutela maggiormente protettiva con riguardo alla proposizione del ricorso per cassazione, e che il principio di effettività deve ritenersi limitato al giudizio di primo grado; 2) dell’art. 6 CEDU, nella parte in cui riconosce il diritto all’accesso alla giustizia, valutato anche in combinato disposto con l’art. 14 che stabilisce il divieto di non discriminazione, poiché la norma persegue l’interesse ad un corretto e leale esercizio dell’amministrazione della giustizia, anche in relazione alle ripercussioni sul complessivo funzionamento della giurisdizione ordinaria di ultima istanza, interessi che il legislatore può legittimamente valorizzare, senza violare il principio di non discriminazione, poiché la norma riguarda solo coloro che, trovandosi in una posizione di incerto collegamento con il territorio nazionale, costituiscono un gruppo nettamente distinto rispetto a quello che ha invece con il nostro paese una stabile relazione territoriale; 3) degli artt. 3 e 24 Cost., quanto al principio di eguaglianza ed al diritto di difesa, considerato che la specifica regola processuale non ha come giustificazione la condizione di richiedente protezione internazionale, quanto, piuttosto, la specificità del ricorso per cassazione rispetto alle materie disciplinate dal D.Lgs. n. 25 del 2008 in relazione alle quali il legislatore ordinario ha un’ampia discrezionalità, maggiormente accentuata nella disciplina degli istituti processuali dove vi è l’esigenza della celere definizione delle decisioni”;
– non conformandosi al disposto normativo la procura, di cui non è certificata la data di rilascio, il ricorso è inammissibile;
– il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile, non occorrendo pronunciare sulle spese;
– infine, il difensore del ricorrente, ammesso al patrocinio a spese dello Stato, ha depositato una nota spese, chiedendo a questa Corte la liquidazione delle proprie competenze; al riguardo, tuttavia, occorre richiamare il già enunciato principio, secondo cui “La corte di cassazione non è competente alla liquidazione dei compensi al difensore della parte ammessa al gratuito patrocinio, atteso il tenore del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 83, comma 2, senza che conclusioni diverse possano trarsi dal medesimo art. 83, comma 3 bis introdotto dalla L. n. 208 del 2015, art. 1 – che nell’imporre al giudice l’adozione del decreto di pagamento “contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta”, esplicita solo una finalità acceleratoria senza incidere sulle regole di competenza per la liquidazione” (Cass. 16 giugno 2020, n. 11677, ed altre).
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Sussistono i presupposti per il pagamento del contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 1 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022