Con l'introduzione del domicilio digitale, l'avvocato non ha più l'obbligo di indicare nell'atto introduttivo il proprio indirizzo PEC.
Tale indirizzo, infatti, essendo stato comunicato dall'avvocato al proprio ordine, costituisce un dato già risultante dal "ReGindE".
Di conseguenza, tutte le notifiche e le comunicazioni "vanno eseguite al domicilio digitale di cui ciascun avvocato è dotato, corrispondente all'indirizzo PEC risultante dal ReGindE e conoscibile dai terzi attraverso la consultazione dell'Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata".
È quanto ribadito dalla Cassazione con l'ordinanza n. 27183 del 15 settembre 2022.
Nel caso di specie, la notifica della sentenza di primo grado effettuata presso la cancelleria è stata ritenuta invalida, e quindi non poteva determinare la decorrenza del termine breve per proporre appello.
A seguito della introduzione del cd. domicilio digitale, conseguente alla modifica apportata all'art. 125 c.p.c. ad opera dell'art. 45-bis, comma 1, D.L. n. 90/2014, convertito con L. 114/2014, del 2014, non sussiste alcun obbligo, per il difensore di indicare nell'atto introduttivo l'indirizzo PEC "comunicato al proprio ordine", trattandosi di dato già risultante dal "ReGindE", in virtù di della trasmissione effettuata dall'Ordine di appartenenza, in base alla comunicazione eseguita dall'interessato ex art. 16-sexies D.L. n. 179 del 2012, convertito con L. 114/2014. Le notificazioni e le comunicazioni vanno, quindi, eseguite al "domicilio digitale" di cui ciascun avvocato è dotato, corrispondente all'indirizzo P.E.C. - risultante dal ReGindE e conoscibile dai terzi attraverso la consultazione dell'Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n. 27183 del 15/09/2022
FATTI DI CAUSA
1. In accoglimento delle domande proposte da V.V.G., il Tribunale di Arezzo, con sentenza n. 1303/2014, ha condannato V.I. al risarcimento del danno, liquidato in Euro 227.561,54, a titolo di responsabilità professionale, per aver redatto una richiesta di permesso di costruire, attestando la conformità urbanistica di un compendio immobiliare pur se consapevole che, per parte del manufatto, era stata presentata un'istanza di sanatoria ai sensi del D.L. n. 269 del 2003.
Il gravame del V. è stato dichiarato tardivo, poiché proposto decorsi trenta giorni dalla notifica della sentenza di primo grado.
La Corte distrettuale di Firenze ha ritenuto - in particolare - che la pronuncia appellata fosse stata validamente notificata presso la cancelleria in data 22.12.2014, ai sensi dell'art. 82 R.D. 37/1934, ponendo in rilievo che il difensore dell'appellante (l'avv. Sergio Foscoli), iscritto all'albo di Perugia, non aveva eletto domicilio nel circondario di (OMISSIS). Non aveva difatti rilievo, ai fini della decorrenza del temine breve di impugnazione, l'elezione di domicilio autonoma fatta dalla parte presso altro avvocato iscritto all'albo di (OMISSIS), poiché - secondo la sentenza, tale elezione non era imputabile al difensore cui era stata rilasciata la procura.
La cassazione della sentenza è chiesta da V.I. con ricorso affidato a due motivi.
V.V.G. è rimasto intimato.
In prossimità dell'adunanza camerale, il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 125,170,285,325,327 c.p.c., 82 R.D. 37/1934, 16 sexies D.L. n. 179 del 2012, come modificato dal D.L. n. 90/2014, assumendo che, a seguito dell'introduzione del domicilio digitale e delle modifiche normative adottate con il D.L. n. 90/2014, le notifiche vanno sempre eseguite a mezzo pec presso l'indirizzo di posta elettronica, anche se non indicato in atti, fatta salva l'unica ipotesi che tale indirizzo non sia utilizzabile per fatto del destinatario.
Conseguentemente la notifica della sentenza di primo grado, essendo stata invalidamente effettuata presso la cancelleria, non poteva determinare la decorrenza del termine breve per proporre appello.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 125,170,285,325,327 c.p.c. e 82 R.D. 37/1934, nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
Sostiene il ricorrente che l'elezione di domicilio autonoma fatta dalla parte presso un difensore diverso da quello officiato per la difesa in giudizio, aveva effetto anche per quest'ultimo, con la conseguenza che non era possibile eseguire validamente le notificazioni, inclusa quella della sentenza di primo grado, presso la cancelleria del giudice adito.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati per le ragioni che seguono.
V.I., difeso dall'avv. Foscoli del Foro di Perugia, aveva eletto domicilio autonomo in primo grado presso l'avv. Katia Coleschi, iscritta all'albo degli avvocati presso il Tribunale di (OMISSIS), ufficio giudiziario che aveva emesso la sentenza impugnata.
Ai fini della decorrenza del termine ex art. 325 c.p.c., la sentenza andava - in ogni caso - notificata presso il domicilio eletto e non presso la cancelleria: ove la parte, nel giudizio "a quo", abbia eletto domicilio autonomo, cioè presso un domiciliatario diverso dal difensore, il criterio topografico di elezione prevale sul criterio personale, quest'ultimo essendo configurabile soltanto per il domiciliatario che sia anche difensore.
Quindi, solo nel caso in cui non fosse possibile eseguire la notifica presso il domicilio eletto, essa - nel regime anteriore all'introduzione del domicilio digitale - andava fatta, a pena di nullità, presso la cancelleria del giudice adito (Cass. 30835/2018; Cass. 18663/2012; Cass. 14033/2005; Cass. 1986/2002).
Va inoltre considerato che la notifica risulta compiuta nel vigore delle disposizioni in tema di domicilio digitale.
Questa Corte ha precisato, in proposito, che:
1) a seguito della introduzione del cd. domicilio digitale, conseguente alla modifica apportata all'art. 125 c.p.c. ad opera dell'art. 45-bis, comma 1, D.L. n. 90/2014, convertito con L. 114/2014, del 2014, non sussiste alcun obbligo, per il difensore di indicare nell'atto introduttivo l'indirizzo PEC "comunicato al proprio ordine", trattandosi di dato già risultante dal "ReGindE", in virtù di della trasmissione effettuata dall'Ordine di appartenenza, in base alla comunicazione eseguita dall'interessato ex art. 16-sexies D.L. n. 179 del 2012, convertito con L. 114/2014 (Cass. 33806/2021; Cass. s.u. 23620/2018; Cass. 13224/2018);
b) le notificazioni e le comunicazioni vanno, quindi, eseguite al "domicilio digitale" di cui ciascun avvocato è dotato, corrispondente all'indirizzo P.E.C. - risultante dal ReGindE e conoscibile dai terzi attraverso la consultazione dell'Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC; cfr. Cass. 3685/2021; Cass. 33806/2021; Cass. 2460/2021);
c) la notifica effettuata - ai sensi dell'art. 82 del R.D. 37/1934 - presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite - è nulla anche se il destinatario abbia omesso di eleggere il domicilio nel Comune in cui ha sede quest'ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, l'indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario (Cass. 14140/2019; Cass. 14194/2018; Cass. 30139/2017; Cass. 17048/2017);
d) detta notifica è invece valida solo ove il destinatario abbia scelto, eventualmente in associazione a quello digitale, di eleggere il domicilio presso la cancelleria, dato che l'introduzione del domicilio digitale non esclude la facoltà di eleggere domicilio fisico (Cass. 1982/2020).
In conclusione, data l'avvenuta elezione di domicilio autonomo eseguita dal ricorrente in primo grado e tenuto inoltre conto del nuovo regime del domicilio digitale, in vigore alla data della notifica della sentenza di primo grado (eseguita nel dicembre 2014), la diversa notifica eseguita presso la cancelleria era invalida, non potendo determinare la decorrenza del termine breve.
L'appello, notificato in data 11.6.2015, era tempestivo applicandosi il termine lungo ex art. 327 c.p.c. (nella versione anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 69 del 2009, dato che il giudizio di primo grado è stato introdotto in data 11.6.2009), tenuto conto della data di pubblicazione della sentenza di primo grado, avvenuta in data 12.12.2014.
Sono - per tali ragioni - accolti entrambi i motivi di ricorso.
La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d'appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie entrambi i motivi di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d'appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, il 22 giugno 2022.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2022.