Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.279 del 07/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13807-2020 proposto da:

I.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. TIEPOLO n. 4, presso lo studio dell’avvocato SPERTI STUDIO LEGALE, rappresentato e difeso dall’avvocato LAMBERTO FERRARA;

– ricorrente –

contro

ELETTROTECNICA ITALIANA ICEM;

– intimata –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di CASTROVILLARI, depositata il 01/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/12/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

FATTI DI CAUSA

Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Castrovillari revocava il decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto da I.I. nei confronti di Elettrotecnica Italiana Icem per il saldo del compenso relativo all’attività professionale dal predetto prestata in favore della società opponente, condannando quest’ultima al pagamento di un importo inferiore a quello indicato nel decreto opposto e compensando le spese del giudizio di merito.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione I.I., affidandosi a tre motivi.

La parte intimata non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente si duole del fatto che il Tribunale abbia rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’opposizione, che era stata proposta erroneamente con citazione – anziché con ricorso e nelle forme di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 – notificata entro il termine di quaranta giorni dalla notificazione del decreto opposto, ma iscritta al ruolo generale oltre tale scadenza, ritenendo decisiva, ai fini della verifica della tempestività del rimedio esperito, la data della notificazione dell’atto introduttivo della fase di opposizione, e non invece quella del suo deposito presso la cancelleria del giudice adito.

Il Relatore ha avanzato proposta di accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento degli altri due, che il Collegio non condivide.

A seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 infatti, la controversia di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 28 come sostituito dal D.Lgs. citato, può essere introdotta: a) con un ricorso ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., che dà luogo ad un procedimento sommario “speciale” disciplinato dagli artt. 3, 4 e 14 del menzionato D.Lgs.; oppure: b) ai sensi degli artt. 633 ss. c.p.c., fermo restando che la successiva eventuale opposizione deve essere proposta ai sensi dell’art. 702 bis ss. c.p.c. integrato dalla sopraindicata disciplina speciale e con applicazione degli artt. 648,649,653 e 654 c.p.c. (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4485 del 23/02/2018, Rv. 647316-01 e 647316-02).

La controversia L. n. 794 del 1942, ex art. 28 introdotta sia ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., sia in via monitoria, avente ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali dell’avvocato, resta comunque soggetta al rito di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 anche quando il cliente sollevi contestazioni relative all’esistenza del rapporto o, in genere, all’an debeatur, salvo che il cliente convenuto non ampli l’oggetto del giudizio con la proposizione di una domanda riconvenzionale, di compensazione o di accertamento pregiudiziale (cfr. ancora Cass. Sez. U, Sentenza n. 4485 del 23/02/2018, cit.).

Va poi ribadito l’orientamento secondo cui l’opposizione ex art. 645 c.p.c. avverso l’ingiunzione ottenuta dall’avvocato nei confronti del proprio cliente ai fini del pagamento degli onorari e delle spese dovute, ai sensi del combinato disposto della L. n. 794 del 1942, art. 28, art. 633 c.p.c. e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 proposta, come nella specie, con atto di citazione, anziché con ricorso ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c. e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 è da reputare utilmente esperita qualora la citazione sia stata comunque notificata entro il termine di quaranta giorni, di cui all’art. 641 c.p.c., dalla notificazione dell’ingiunzione di pagamento. In tale evenienza, infatti, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, comma 5, gli effetti sostanziali e processuali correlati alla proposizione dell’opposizione si producono alla stregua del rito tempestivamente attivato, ancorché erroneamente prescelto, mentre il giudice adito deve disporre con ordinanza il mutamento del rito, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, comma 1, (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24069 del 26/09/2019, Rv. 655359 e Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 39756 del 13/12/2021, non massimata).

Il primo motivo, pertanto, va rigettato.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione di molteplici norme di legge, perché il Tribunale, a seguito delle eccezioni in rito proposte dallo I. in relazione all’ammissibilità dell’opposizione al decreto ingiuntivo spiegata da Elettrotecnica Italiana Icem, avrebbe fissato direttamente l’udienza di discussione, senza concedere termini per articolazione di istanze istruttorie e dunque conculcando le facoltà difensive della parte opposta.

La censura è inammissibile per difetto di specificità, poiché il ricorrente non deduce di aver proposto, nell’atto di costituzione nella fase di opposizione, alcuna istanza istruttoria, né indica quali istanze egli avrebbe – in ipotesi – voluto o potuto proporre nel corso del giudizio anzidetto.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la contraddittorietà ed illogicità della decisione impugnata, perché il Tribunale avrebbe erroneamente imputato a deconto del credito indicato nel decreto ingiuntivo opposto alcuni pagamenti eseguiti dalla società cliente, in realtà riferiti ad altre prestazioni, non incluse nella richiesta azionata in via monitoria.

La censura è inammissibile, per due concorrenti ragioni.

Da un lato, il ricorrente propone un vizio ormai escluso dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione, applicabile ratione temporis, conseguente alla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, secondo cui l’anomalia motivazionale deducibile in Cassazione “… si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830), con conseguente esclusione dell’ammissibilità di ogni diverso profilo di vizio della motivazione.

Dall’altro lato, lo I. ritiene che fosse onere del debitore fornire la prova che i pagamenti indicate in atto di opposizione al decreto ingiuntivo si riferissero proprio al credito azionato con il decreto stesso, e non ad altro rapporto, dimenticando che, in funzione del principio di riparto dell’onere della prova, “Quando il debitore abbia dimostrato di avere corrisposto somme idonee ad estinguere il debito per il quale sia stato convenuto in giudizio, spetta al creditore – attore, che pretende di imputare il pagamento ad estinzione di altro credito, provare le condizioni necessarie per la dedotta, diversa, imputazione, ai sensi dell’art. 1193 c.c.” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 450 del 14/01/2020, Rv. 656831; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17102 del 27/07/2006, Rv. 592303; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11729 del 24/06/2004, (Rv. 573871; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11703 del 05/08/2002, Rv. 556649; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1571 del 12/02/2000, Rv. 533771).

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Nulla per le spese, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte del soggetto intimato nel presente giudizio di legittimità.

Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2022

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