Il rendiconto finale della tutela o dell’amministrazione di sostegno, a differenza del rendiconto annuale che il giudice tutelare si limita di regola a vistare: v. art. 380 c.c., data l’importanza che lo stesso riveste, in quanto atto conclusivo dell’amministrazione di beni altrui, va approvato dal giudice: dopo di che può eventualmente aprirsi un giudizio ordinario a cognizione piena affidato alle regole ordinarie, e dunque destinato a svolgersi prima dinanzi al Tribunale e poi alla Corte d’appello. Sicchè non avrebbe avuto alcuna spiegazione comprensibile la scelta del legislatore di differenziare la fase di “impugnazione” del decreto sul rendiconto dell’amministratore di sostegno rispetto a quello del tutore.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Presidente –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 38297-2019 proposto da:
M.M., domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato VITTORIO BRINDISI;
– ricorrente –
R.R., domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dagli avvocati VINCENZO DI MONTE, ANGELO CAMPANILE;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso l’ordinanza n. RG 1700/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 06/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 10/12/2021 dal Presidente Relatore Dott. MAURO DI MARZIO.
RILEVATO
che:
1. – M.M., erede della defunta destinataria di amministrazione di sostegno L.C., ricorre per un mezzo, nei confronti di R.R., contro l’ordinanza dell’11 novembre 2019 con cui la Corte d’appello di Napoli, pronunciando sull’impugnazione rivolta dal R. avverso decreto del giudice tutelare di diniego di approvazione del conto da lui presentato in veste di cessato amministratore di sostegno della predetta L., ha dichiarato la propria incompetenza per materia, competente essendo il Tribunale di Napoli Nord, fissando termine per la riassunzione con “spese al definitivo”.
2. – R.R. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale per un mezzo.
CONSIDERATO
che:
3. – L’unico mezzo del ricorso principale denuncia violazione dell’art. 91 c.p.c., lamentando che la Corte d’appello, nel chiudere il giudizio dinanzi a sé, non abbia pronunciato sulle spese di lite.
4. – L’unico mezzo del ricorso incidentale denuncia violazione dell’art. 720 bis c.p.c., artt. 386,485 e 486 c.c., nonché art. 45 disp. att. c.p.c., sostenendo che la Corte d’appello avrebbe errato nel dichiarare la propria incompetenza.
Ritenuto che:
5. – L’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza, spiegata dal controricorrente, sull’assunto che dall’atto di impugnazione non emergerebbero gli elementi indispensabili ad una adeguata cognizione dei termini della controversia, dello svolgimento del processo delle posizioni assunte dalle parti, è infondata, giacché, viceversa, il ricorso contiene un’adeguata descrizione, con i necessari riferimenti, dello svolgimento del processo ed alla conseguente necessità, secondo la prospettazione della ricorrente, che la Corte d’appello provvedesse sulle spese di lite.
6. – Il ricorso principale è manifestamente fondato.
La Corte d’appello ha chiuso il giudizio – come subito si dirà di natura contenziosa – dinanzi a sé, con pronuncia dichiarativa di incompetenza, ma non ha provveduto sulle spese di lite.
Errore evidente, quello della Corte territoriale, commesso in violazione del precetto dettato dall’art. 91 c.p.c., secondo cui il giudice, nel chiudere il processo dinanzi a sé, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa.
E cioè, il giudice che definisce il giudizio con dichiarazione di incompetenza è tenuto a provvedere in ordine alle spese e, ai fini della relativa liquidazione, il valore della controversia si desume dalla domanda (Cass. 12 agosto 2011, n. 17228, tra le tantissime).
Non occorrendo ulteriori accertamenti, le spese vanno liquidate come in dispositivo, per una sola fase, tenuto conto che l’obbligazione di rendiconto è un’obbligazione di fare, il cui valore può sempre valutarsi pecuniariamente, perché riconducibile, in definitiva, ad una somma di danaro, sicché le controversie aventi ad oggetto l’obbligo di rendere il conto debbono farsi rientrare tra quelle regolate dall’art. 14 c.p.c., il quale fa riferimento, ai fini della competenza per valore, alla somma indicata o al valore dichiarato dall’attore, salve le contestazioni che, al riguardo, il convenuto faccia nella sua prima difesa (Cass. 27 novembre 1975, n. 3969). Nel caso in esame il R. ha presentato un conto, che il giudice tutelare non ha approvato, con conseguente proposizione del reclamo da parte sua, in cui si evidenziano entrate per oltre Euro 68.000 ed uscite per oltre Euro 72.000.
7.- – Il ricorso incidentale è manifestamente infondato.
Tenuto conto che l’art. 386 c.c., si applica all’amministrazione di sostegno per il tramite dell’art. 411 c.c., comma 1, va fatta applicazione del principio secondo cui l’impugnazione del decreto di approvazione del rendiconto finale del tutore, emesso dal giudice monocratico quale giudice tutelare, deve decidersi con sentenza del Tribunale in sede contenziosa ai sensi dell’art. 45 disp. att. c.c.; tale sentenza, la cui natura decisoria si ricava dall’effetto di rendere definitivi ed irrevocabili gli accertamenti sul rendimento di conto del tutore, è appellabile ai sensi dell’art. 339 c.p.c., ma non ricorribile per cassazione (Cass. 1 luglio 2008, n. 17956).
Ne’ può dubitarsi che la fase della “impugnazione” – tale la formula impiegata dall’art. 386 c.c., comma 3, – successiva alla approvazione o non approvazione del conto, in quanto espressamente disciplinata, attraverso il rinvio effettuato dall’art. 411 c.c., dal combinato disposto dell’art. 386 c.c., e art. 45 disp. att. c.c., esuli dall’ambito di applicazione dell’art. 720 bis c.p.c., che invece affida alla Corte d’appello il reclamo avverso “il decreto del giudice tutelare”, sicché neppure assume rilievo la questione, sottoposta all’esame delle Sezioni Unite, se la competenza per il reclamo, secondo tale norma, spetti sempre alla Corte d’appello, ovvero se debba distinguersi tra provvedimenti decisori, da reclamare in Corte d’appello, e provvedimenti che tali non sono, da reclamare in Tribunale (v. Cass. 26 agosto 2020, n. 17833), questione infine decisa con l’affermazione del principio secondo cui: “I decreti del giudice tutelare in materia di amministrazione di sostegno sono reclamabili ai sensi dell’art. 720 bis c.p.c., comma 2, unicamente dinanzi alla Corte d’appello, quale che sia il loro contenuto (decisorio ovvero gestorio), mentre, ai fini della ricorribilità in cassazione dei provvedimenti assunti in tale sede, la lettera della legge impone in ogni caso la verifica del carattere della decisorietà, quale connotato intrinseco dei provvedimenti suscettibili di essere sottoposti al vaglio del giudice di legittimità” (Cass. Sez. Un., 30 luglio 2021, n. 21985).
Ed invero, la L. 9 gennaio 2004, n. 6, recante: “Introduzione nel libro primo, titolo XII, del codice civile del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e modifica degli artt. 388,414,417,418,424,426,427 e 429 c.c., in materia di interdizione e di inabilitazione, nonché relative norme di attuazione, di coordinamento e finali”, ha simultaneamente inserito, per un verso, l’art. 411, nel testo attuale, all’interno del codice civile, con il rinvio all’art. 386 c.c., che a sua volta è richiamato dall’art. 45 disp. att. c.c., e, per altro verso, l’art. 720 bis all’interno del c.p.c.: il che non avrebbe avuto senso, se il legislatore avesse in realtà inteso sottoporre alla Corte d’appello anche il reclamo avverso l’approvazione o il diniego di approvazione del rendiconto. L’art. 386 c.c., difatti, come questa Corte ha già avuto modo di sottolineare, “consta sostanzialmente di due parti di natura diversa, riguardando, la prima, relativa ai primi due commi, un procedimento di volontaria giurisdizione volto all’approvazione del rendiconto e, la seconda, regolata dal comma 3, l’ipotesi di mancata approvazione o di contestazione del rendiconto medesimo, come previsto dall’art. 45 comma 3 disp. att. c.c., da verificare “nel contraddittorio degli interessati”” (Cass. 19 luglio 2000, n. 9470). Di guisa che, se il legislatore avesse inteso sottoporre il decreto del giudice tutelare sul rendiconto al reclamo dinanzi alla Corte d’appello, avrebbe introdotto nell’art. 411 c.c., il rinvio all’art. 386 c.c., soli commi 1 e 2, e non alla norma nel suo complesso e, così, anche all’art. 45 disp. att. c.c..
D’altro canto, il rinvio pieno dell’art. 411 c.c., all’art. 386 c.c., ben si spiega. Il rendiconto finale della tutela o dell’amministrazione di sostegno (a differenza del rendiconto annuale che il giudice tutelare si limita di regola a vistare: v. art. 380 c.c.), data l’importanza che lo stesso riveste, in quanto atto conclusivo dell’amministrazione di beni altrui, va approvato dal giudice: dopo di che può eventualmente aprirsi un giudizio ordinario a cognizione piena affidato alle regole ordinarie, e dunque destinato a svolgersi, secondo quanto si è visto, prima dinanzi al Tribunale e poi alla Corte d’appello. Sicchè non avrebbe avuto alcuna spiegazione comprensibile la scelta del legislatore di differenziare la fase di “impugnazione” del decreto sul rendiconto dell’amministratore di sostegno rispetto a quello del tutore.
8. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto, a carico del ricorrente incidentale.
P.Q.M.
accoglie l’unico motivo di ricorso principale, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna R.R., al rimborso, in favore di M.M., delle spese sostenute per il giudizio di reclamo dinanzi alla Corte d’appello, liquidate in complessivi Euro 2.600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge; rigetta il ricorso incidentale; condanna il controricorrente al rimborso, in favore della ricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022
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