LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30833/2020 proposto da:
S.M., rappresentato e difeso dall’avv. MASSIMILIANO BORSALINO, e FABRIZIO GIORCELLI, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, viale Giulio Cesare 2;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12;
– resistente –
avverso la sentenza n. 413/2020 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 28/4/2020, NRG 486/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/11/2021 dal Dott. Roberto BELLE’.
FATTI DI CAUSA
la Corte d’Appello di Torino ha dichiarato improcedibile l’appello proposto da S.M. avverso l’ordinanza del Tribunale della stessa città con la quale era stata rigettata la domanda di protezione internazionale dallo stesso avanzata;
la Corte territoriale riteneva che fosse preclusivo alla trattazione del gravame il superamento, al momento della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione udienza, del termine a tal fine assegnato con il decreto stesso;
S.M. ha proposto ricorso per cassazione con un motivo, mentre il Ministero dell’Interno si è limitato a depositare atto di costituzione in giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
l’unico motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 154 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), sottolineando come, seppure in data posteriore a quella del termine fissato, gli atti introduttivi del giudizio fossero stati notificati, sicché l’istanza di proroga del termine era da aversi presentata solo all’udienza, per il caso subordinato in cui la Corte territoriale non avesse ritenuto l’effetto sanante della notificazione comunque eseguita;
il motivo è fondato;
in fatto è accaduto, secondo quanto si evince dalla sentenza impugnata, che, depositato nei termini il ricorso in appello, fu emesso il decreto presidenziale di fissazione dell’udienza, concedendosi contestualmente termine per la notificazione a cura del ricorrente e nei riguardi della controparte;
pacificamente, quel termine non fu rispettato, ma la notifica fu comunque eseguita prima dell’udienza, alla quale il Ministero dell’Interno non si costituì in giudizio;
stante la violazione di quel termine, la Corte d’Appello ha quindi dichiarato l’improcedibilità del gravame, ritenendo che solo una preventiva richiesta di proroga di esso avrebbe potuto salvaguardare, ove giustificata ed accolta, dalla decadenza dell’impugnazione;
nel caso di specie, viene dunque in evidenza la ipotesi della intervenuta notificazione del ricorso e decreto, in appello, oltre il termine stabilito dal giudice;
in proposito, nei processi di cognizione ordinaria, è consolidato il principio per cui in caso di notifica invalida o fuori termine si deve ricorrere all’applicazione dell’art. 291 c.p.c. o dell’art. 164 c.p.c., comma 2, disponendosi la rinnovazione e ciò sia nei riti di appello sorretti da citazione (v. Cass. 28 maggio 2010, n. 13128, sull’art. 164 c.p.c., comma 2 rispetto alla violazione dei termini a comparire; Cass. 24 luglio 2014, n. 16801, sulla notificazione invalida) sia in quelli introdotti con ricorso (così, nel processo del lavoro, tra le molte, Cass. 13 maggio 2019, n. 12691, Cass. 28 agosto 2013, n. 19818, la prima rispetto a notifica invalida, la seconda rispetto a violazione di termine a comparire; nel processo agrario Cass. 4 luglio 2019, n. 17932; nel processo delle sanzioni amministrative, Cass. 31 marzo 2021, n. 8944);
d’altra parte, non solo la notificazione invalida, ma anche la notificazione fuori termine individua un vizio di nullità (della notificazione in sé considerata nel primo caso o più in generale della vocatio in ius nel secondo caso) che, una volta radicato il giudizio di impugnazione, soggiace alla regola generale per cui il giudice deve disporre ove possibile la sanatoria mediante rinnovazione (art. 162 c.p.c.) poi declinata dall’art. 291 e dall’art. 164 c.p.c., comma 2 rispetto al processo di cognizione ed alla fase di introduzione del giudizio;
in tale quadro normativo e giurisprudenziale non vi è ragione per ritenere che analoga disciplina non operi rispetto all’appello nel rito della protezione internazionale, e quindi con il richiamo al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19 e art. 702-bis ss. c.p.c., a nulla rilevando la questione relativa al superamento del termine ed il disposto dell’art. 154 c.p.c., in quanto evidentemente le citate regole di sanatoria neutralizzano, attraverso il sistema da esse previsto ed ancorato alla concessione di un (successivo) termine a quel punto perentorio, la violazione del primo termine a comparire stabilito dalla legge o dal giudice, sicché nessuna proroga doveva essere chiesta;
ne deriva che, nel caso di specie, la Corte territoriale non avrebbe potuto caducare il processo di impugnazione;
essa, invece, verificando il vizio nella vocatio in ius, a fronte della mancata costituzione della controparte, avrebbe dovuto disporre la rinnovazione, secondo la dinamica di cui all’art. 164 c.p.c., comma 2; ciò il giudice non ha fatto e quindi la pronuncia di improcedibilità viceversa assunta è illegittima;
ne deriva la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al medesimo giudice affinché dia corso alla trattazione della causa;
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Torino, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 4 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022
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