LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24677/2017 proposto da:
A.E., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato Montanino Carlo, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Banca Popolare di Ancona S.p.a.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 309/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, pubblicata il 04/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/09/2021 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.
RILEVATO
che:
A.E. conveniva in giudizio davanti al tribunale di Pescara, la Banca Popolare di Ancona s.p.a. (in seguito per brevità BPA) per sentir dichiarare la nullità del contratto quadro per difetto di forma scritta, nonché per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto, ex art. 1346 e 1418 c.c. dell’ordine e del contratto di acquisto titoli del 3.10.01 e per l’effetto condannare BPA alla restituzione in favore dell’attrice della somma di Euro 36.458,24, oltre interessi e rivalutazione; in subordine, chiedeva la condanna della BPA al risarcimento del danno, oltre interessi e rivalutazione, per il medesimo importo, per l’inadempienza contrattuale dovuta alla violazione degli obblighi informativi alla stessa facenti carico.
Il tribunale respingeva la domanda rilevando come l’operazione di investimento si fosse svolta alla luce di un idoneo contratto quadro, quello sottoscritto il 5 febbraio 1992, in cui la A. dava atto di aver ricevuto tutte le informazioni sui servizi bancari e finanziari e di aver ricevuto e sottoscritto il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari e aveva anche fornito le informazioni sulla propria esperienza e sui propri obiettivi in sede di ordine di acquisto dei titoli che era esente da vizi di forma.
A.E. proponeva appello che veniva respinto.
A supporto di tale decisione di rigetto, per quanto ancora d’interesse, la Corte del merito ha ritenuto inammissibile il primo motivo d’appello – con la quale l’ A. si doleva dell’inadeguatezza del contratto del 5 febbraio 1992 a soddisfare i requisiti formali richiesti dall’art. 23, comma 1 TUF e quelli contenutistici dell’art. 30 reg. Consob n. 11522/98, che il tribunale aveva invece ritenuto essere stato ritualmente stipulato in forma scritta con il “contenuto minimo” indispensabile per poter svolgere in maniera appropriata la funzione di contratto quadro sull’attività di intermediazione finanziaria svolta dalla banca -, per difetto di specificità del motivo di gravame. Mentre la medesima Corte ha respinto il motivo di gravame volto a censurare la violazione degli obblighi informativi e di trasparenza incombenti sull’intermediario qualificato, perché il contratto sottoscritto riguardava l’incarico di negoziazione e di raccolta ordini ma non di “gestione del portafoglio” che implica un impegno maggiore in riferimento all’obbligo da parte dell’intermediario di inviare rendiconti periodici e di fornire informazioni dettagliate sul grado di rischio connesse alle singole gestioni. Nella specie, ad avviso della Corte d’appello, l’informazione fornita al cliente era stata adeguata per il contratto stipulato perché il cliente era stato reso edotto dei rischi dell’operazione; infatti, negli avvertimenti sottoscritti, si indicava che il titolo non era quotato e che l’esperienza nel prodotto finanziario non era adeguata.
A.E. ricorre per cassazione contro la predetta sentenza della Corte d’appello di l’Aquila, affidando l’impugnazione a due motivi. BPA non ha spiegato difese scritte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché erroneamente, la Corte d’appello aveva ritenuto il difetto di specificità del primo motivo d’appello, riferito alla validità formale e sostanziale del contratto quadro.
Con il secondo motivo, la ricorrente deduce il vizio di violazione degli artt. 1455 e 1281 c.c., del D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 21 e 23 nonché degli artt. 28 e 29 reg. Consob, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sulla violazione da parte dell’intermediario degli specifici obblighi d’informazione e trasparenza previsti dalla normativa di settore avendo, ad avviso della ricorrente, erroneamente la Corte d’appello ritenuto che la prova dell’esatto adempimento dell’obbligo informativo da parte della banca risultasse dalla clausola contenuta nel modulo d’ordine sottoscritta dal cliente circa l’inadeguatezza dell’operazione (“titolo non quotato”, esperienza nel prodotto finanziario non adeguata).
Il primo motivo è inammissibile, perché la ricorrente non specifica le ragioni per cui il motivo di appello da lei articolato fosse da ritenere, in concreto, sufficientemente specifico, ma si limita a riprodurre il testo del motivo stesso, senza in realtà argomentare alcunché sotto tale particolare profilo, affidandone la lettura alla Corte di cassazione, come se dovesse essere questa Corte a rilevare d’ufficio i dedotti profili di specificità.
Il secondo motivo è infondato, in quanto secondo l’insegnamento della S.C. la banca intermediaria, prima di effettuare le operazioni d’investimento, ha l’obbligo di fornire al cliente un’informazione idonea a soddisfare le esigenze del singolo rapporto ed a fronte di un’operazione non adeguata vi può dare corso solo a seguito di un ordine impartito per iscritto dall’investitore in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute (Cass. n. 18121/20).
Nella specie, la Corte distrettuale ha accertato che l’investitrice, “prendendo atto delle indicazioni riportate relativamente all’operazione in atto (“esperienza nel prodotto finanziario non adeguata – titolo non quotato”), abbia autorizzato comunque la sua esecuzione”. Ora, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la sottoscrizione, da parte del cliente, della clausola in calce al modulo d’ordine, contenente la segnalazione d’inadeguatezza dell’operazione sulla quale egli è stato avvisato, è idonea a far presumere assolto l’obbligo previsto in capo all’intermediario dall’art. 29, comma 3, del reg. Consob n. 11522 del 1998; tuttavia, a fronte della contestazione del cliente, il quale alleghi l’omissione di specifiche informazioni, grava sulla banca l’onere di provare, con qualsiasi mezzo, di averle specificamente rese (Cass. 11578/2016, 19417/2017, 23131/2020). Nella specie, invece, la ricorrente non deduce di aver indicato ai giudici di merito – e in particolare di appello – specifiche informazioni omesse dall’intermediaria, sì dà far sorgere in capo a quest’ultima lo specifico onere probatorio di cui sopra.
La mancata predisposizione di difese scritte da parte di BPA esonera il collegio dal provvedere sulle spese.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022
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