Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.501 del 11/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8781-2015 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ONESTO DI BONACORSA, 7, presso lo studio dell’avvocato FABIO CACCIANI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5618/2014 della COMM.TRIB.REG.LAZIO, depositata il 22/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/06/2021 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO.

RILEVATO

che:

con sentenza n. 5618/09/2014 pubblicata il 22 settembre 2014 la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto parzialmente l’appello proposto da F.A. avverso le sentenze della Commissione tributaria provinciale di Roma n. 4/10/13 e n. 6/10/13 con le quali erano stati rigettati i ricorsi da lui proposti avverso, rispettivamente, gli avvisi di accertamento n. ***** e n. ***** emessi nei suoi confronti dall’Agenzia delle Entrate e con i quali erano stati determinati sinteticamente D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, commi 4 e ss. i redditi degli anni 2006 e 2007 rispettivamente in Euro 161.882,54 ed in Euro 168.407,87 sulla base di incrementi patrimoniali costituiti, in particolare, dall’acquisto di un’autovettura di lusso per un valore fatturato di Euro 159.166,66 e di un appartamento per Euro 870.000,00 finanziato parzialmente attraverso accollo di mutuo per Euro 400.000;

che la Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello solo per la parte relativa all’acquisto dell’autovettura, confermando per il resto la sentenza di primo grado considerando, in particolare, che la prova fornita dal contribuente relativa ai mezzi finanziari utilizzati per gli aumenti patrimoniali contestati non era sufficientemente rigorosa e convincente;

che F.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato a due motivi;

che l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Considerato che con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 in relazione agli artt. 3,24,53,111 e 117 Cost., nonché agli artt. 2697 e 2729 c.c. con riferimento alla mancata considerazione dei precisi elementi di prova forniti dal contribuente e, in particolare, delle documentate donazioni ricevute dai parenti;

che con il secondo motivo si deduce omessa motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4 con riferimento alle donazioni dedotte dal contribuente e non considerate affatto dal giudice dell’appello;

che per motivi di ordine logico viene trattato prima il secondo motivo che è infondato. La sentenza impugnata affermando che il contribuente non ha soddisfatto con la necessaria previsione il proprio onere probatorio in relazione ai mezzi utilizzati per gli incrementi patrimoniali riscontrati, rispetta il cosiddetto minimo costituzionale e rende quindi possibile il controllo della ratio decidendi; va poi ribadito il principio per cui il motivo di ricorso per cassazione, con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio della motivazione, non può essere inteso a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non si può proporre con esso un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5); in caso contrario, questo motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e, perciò, in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione (Cass. 9233/2006);

Che il primo motivo è pure infondato. La CTR ha ritenuto che le prove fornite dal contribuente non siano state sufficienti a giustificare gli incrementi patrimoniali riscontrati. D’altra parte la sentenza impugnata ha richiamato la giurisprudenza di questa Corte (vedi anche Cass. 25104/14, 1510/17, 16637/20) sulla rigorosità di tale prova che deve riguardare anche la riconducibilità dei mezzi finanziari dedotti dal contribuente agli incrementi patrimoniali riscontrati, considerando anche che alcune delle donazioni ricevute da parenti si riferivano ad epoca di molto anteriore alle spese contestate, e su tale punto nulla ha dedotto il ricorrente che nemmeno ha prodotto idonea documentazione quale estratti conto bancari o assegni comprovanti le affermate entrate;

che il ricorso va conseguentemente rigettato;

che le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso; Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in complessivi Euro 5.600,00; Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2022

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