Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.5238 del 17/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29534-2017 proposto da:

C.R. (moglie), C.G., CI.RO., C.V., C.C. (figli), C.M., c.r., C.E. (sorelle), tutti in proprio e nella qualità di eredi di CI.MA., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FILIPPO MEDA 169, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO SAPORITO, rappresentati e difesi dall’avvocato MARIO SAPORITO;

– ricorrenti –

contro

SALINI IMPREGILO S.p.A. (già IMPREGILO S.p.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO LEOPOLDO FREGOLI 8, presso lo studio degli avvocati ROSARIO SALONIA, FABIO MASSIMO COZZOLINO che la rappresentano e difendono;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 883/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 14/06/2017 R.G.N. 1600/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/03/2021 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI.

RILEVATO

che:

Con ricorso alla Corte d’appello di Milano, C.R., C.G., CI.RO., C.V., C.C., C.M., c.r. e C.E., in proprio e quali eredi del defunto Ci.Ma., chiedevano la riforma della sentenza del Tribunale di Milano che aveva respinto le loro richieste di danno tanatologico (iure hereditatis) e morale (iure proprio) conseguenti il decesso (*****) del detto Ci.Ma., già dipendente della Salini Impregilo s.p.a. (al 28.7.03), che aveva a loro avviso violato le norme di cui all’art. 2087 c.c., ed al D.Lgs. n. 626 del 1994, con conseguente condanna della società a versare loro le somme già precisate per i titoli sopra indicati, per la ritenuta responsabilità della società nella causazione del decesso del congiunto Ci.Ma..

Instauratosi il contraddittorio, con sentenza depositata il 14.6.17, la Corte d’appello di Milano confermava la pronuncia impugnata.

Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso gli eredi, affidato a quattro motivi, cui resiste la società con controricorso1 entrambe le parti hanno depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

La sentenza della Corte milanese, dopo una corretta distinzione, quanto al danno non patrimoniale, tra danno iure proprio e iure hereditario, ha escluso la sussistenza di una responsabilità della datrice di lavoro in ordine al decesso del C. per essere stato questi sottoposto agli esami clinici preassuntivi del caso (ecg e spirometria). Circa i turni di lavoro “massacranti” mancavano adeguate prove (mentre quelle proposte risultavano avere carattere meramente esplorativo), né potevano evincersi da altra pronuncia (emessa dalla Corte d’appello di Catanzaro nella causa inerente il decesso del C. nei confronti dell’INAIL).

1. – Con il primo motivo viene denunciata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115,116 e 437 c.p.c., unitamente al vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata ritenuto esplorativo e superfluo l’espletamento dell’istruttoria orale sul rilievo della carenza di specifica allegazione circa la gravosità dei turni di lavoro di fatto osservati dal lavoratore e delle modalità della prestazione, non considerando che le prove relative a tali fatti e circostanze erano state ritualmente dedotte e reiterate anche in sede di proposizione del gravame.

Il motivo è fondato.

E’ stato invero precisato che la specificazione dei fatti oggetto di richiesta di prova testimoniale è soddisfatta quando, sebbene non definiti in tutti i loro minuti dettagli, essi vengono esposti nei loro elementi essenziali per consentire al giudice di controllarne l’influenza e la pertinenza e all’altra parte di chiedere prova contraria, giacché la verifica della specificità e della rilevanza dei capitoli di prova va condotta non soltanto alla stregua della loro letterale formulazione, ma anche in relazione agli altri atti di causa e a tutte le deduzioni delle parti, nonché tenendo conto della facoltà del giudice di domandare ex art. 253 c.p.c., comma 1, chiarimenti e precisazioni ai testi (Cass. n. 22254 del 2021).

Ne consegue che dovrà il giudice del rinvio procedere a nuova valutazione dei mezzi di prova dedotti dalle parti ricorrenti, risultando ora priva di supporto logico e processuale la ritenuta natura meramente esplorativa degli stessi, e ciò alla stregua delle allegazioni svolte con il ricorso di primo grado e con il ricorso in appello, tenuto altresì conto delle deduzioni e allegazioni della parte resistente.

2. – Con secondo motivo gli eredi lamentano la violazione degli artt. 115,116 e 437 c.p.c., per non avere la Corte di merito valutato le risultanze processuali e le c.t.u. svolte nel processo Inail, da cui sarebbe emerso il nesso causale tra le condizioni di lavoro e l’evento.

Anche tale motivo risulta fondato in quanto, pur trattandosi di processo tra altre parti (Impregilo-Inail), la documentazione in esso formatasi (c.t.u. e c.t.p.), comunque inerenti le cause del decesso dal C., avrebbero dovuto comunque essere valutate, anche ex art. 421 c.p.c., dalla Corte di merito.

E’ principio consolidato che il giudice di merito può utilizzare, in mancanza di qualsiasi divieto di legge, anche le prove raccolte in un diverso giudizio tra le stesse parti o tra altre parti, delle quali la sentenza che in detto giudizio sia stata pronunciata costituisce documentazione, fermo restando che la valutazione del materiale probatorio non va limitata all’esame isolato dei singoli elementi ma deve essere globale nel quadro di una indagine unitaria ed organica che, ove sia immune da vizi di motivazione, costituisce un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità (Cass. n. 4652 del 2011; conformi, fra altre: Cass. n. 840 del 2015; Cass. n. 25067 del 2018).

3.- Accolti i primi due motivi, il terzo (inerente il dovere di sorveglianza sanitaria periodica in capo al datore di lavoro) risulta assorbito, mentre il quarto (inerente la violazione degli artt. 2059 e 2697 c.c., per non avere la Corte di merito ritenuto presuntivamente sussistente un danno in capo agli stretti congiunti, richiedendo invece la prova del grave perturbamento del loro animo e della loro vita familiare) è infondato, proprio in base all’art. 2059 c.c., e per avere la sentenza impugnata accertato l’assoluta carenza di allegazioni circa il legame affettivo degli eredi col C..

La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, per l’ulteriore esame della controversia.

PQM

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il terzo e rigetta il quarto. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per la regolazione delle spese, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 9 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2022

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