Ove la stessa causa venga proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito è tenuto, a norma dell’art. 39 c.p.c., comma 1, a dichiarare la litispendenza anche se la controversia iniziata in precedenza sia stata già decisa in primo grado e penda ormai davanti al giudice dell’impugnazione, senza che sia possibile la sospensione del processo instaurato per secondo a ciò ostando l’identità delle domande formulate nei due diversi giudizi.
In una situazione di continenza di cause, ove una di esse sia pendente in appello e l’altra in primo grado, non può realizzarsi, per il diverso grado in cui risultano trovarsi, la rimessione della seconda controversia al giudice dell’impugnazione della decisione sulla prima, come avrebbe imposto l’art. 39 c.p.c., comma 2, per cui l’esigenza di coordinamento sottesa alla disciplina della continenza dev’essere, in tal caso, assicurata mediante la sospensione, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., del processo che avrebbe dovuto subire l’attrazione all’altro, se avesse potuto operare detta disciplina, in attesa della definizione con sentenza passata in giudicato del giudizio che avrebbe esercitato tale attrazione.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Sul ricorso 19321-2021 proposto da:
NORDISK ROR OG STAAL A/S, rappresentata e difesa dall’Avvocato GIOVANNI BABINO;
– ricorrente –
contro
ASFO S.P.A., rappresentata e difesa dall’Avvocato PAOLA SCOTTI CAMUZZI;
– resistente –
per regolamento di competenza avverso l’ORDINANZA del TRIBUNALE DI VICENZA depositata il 30/6/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/12/2021 dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale TOMMASO BASILE, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
RILEVATO
che:
1.1. la Nordisk, società di diritto danese, ha proposto opposizione al decreto con il quale, il 14/6/2018, il tribunale di Vicenza le aveva ingiunto di pagare alla Asfo s.p.a. la somma di Euro 861.263,98 “a titolo di ripetizione del ricarico di prezzo applicato al cliente Vestas dall’agente commerciale Nordisk e da quest’ultimo indebitamente trattenuto”, sollevando, tra l’altro, ai sensi dell’art. 39 c.p.c., l’eccezione di litispendenza tra il relativo giudizio, rubricato con il n. di RG 5318/2018, e quello (attualmente pendente innanzi a questa Corte a seguito del ricorso per cassazione della Aspo s.p.a. n. 14474/2021) originato dalla domanda con la quale a suo tempo la Nordisk, in qualità di agente, aveva chiesto la corresponsione di provvigioni e indennità asseritamente dovutele dalla preponente Asfo s.p.a., nel quale quest’ultima aveva, a sua volta, chiesto, per la prima volta all’udienza di precisazione delle conclusioni, la restituzione della suddetta somma o, in subordine, della quota pari al 40% della stessa, pari ad Euro 344.456,67, ai sensi della clausola 5.4. del contratto di agenzia;
1.2. il tribunale di Vicenza, con l’ordinanza in epigrafe, ha disposto la sospensione del processo fino al passaggio in giudicato della sentenza di questa Corte, adita in forza del predetto ricorso, o, comunque, fino all’estinzione per altra causa del relativo giudizio;
1.3. il tribunale, in particolare, dopo aver evidenziato che la Asfo s.p.a., come emerge dal citato ricorso per cassazione, ha espressamente censurato la statuizione con la quale la corte d’appello ha dichiarato l’inammissibilità della domanda riconvenzionale formulata dalla stessa nell’atto di citazione in appello, lì dove, in particolare, aveva “esteso il thema probandum ac decidendum anche all’accertamento del debito gravante su Nordisk a titolo di trattenimento indebito” “dei ricarichi sui prezzi di vendita operati dall’agente…”, proponendo, così, “nelle conclusioni rassegnate dinanzi alla Corte di Cassazione”, “la domanda… di accertamento del credito di Euro 344.456,67”, nei confronti di Nordisk, ai sensi dell’art. 5.4 del contratto, ha ritenuto: – innanzitutto, che vi fosse una perfetta identità (salvo che per il quantum) tra la domanda così formulata e la domanda proposta in via monitoria; – in secondo luogo, che tale identità comportasse non già un rapporto di litispendenza tra i due giudizi, non trattandosi della “stessa causa” ai sensi dell’art. 39 c.p.c., comma 1, ma piuttosto, a norma dello stesso articolo, comma 2, di “continenza di cause”; – infine, che siffatta continenza, a fronte della pendenza delle predette cause in differenti gradi di giudizio ed, in ogni caso, della necessità che i giudici dell’una e dell’altro accertino preliminarmente la sussistenza del predetto credito (rimanendo, quindi, irrilevante la qualificazione della pretesa a tale titolo avanzata come domanda riconvenzionale piuttosto che come eccezione riconvenzionale), comportava non la cancellazione della seconda controversia e la sua rimessione al giudice dell’impugnazione della prima ma (anche per il potenziale rischio di un contrasto tra giudicati) la sospensione, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., del processo che avrebbe dovuto subire l’attrazione dell’altro;
2.1. la Nordisk, con ricorso notificato in data 21/7/2021, ha proposto, avverso la predetta ordinanza, regolamento di competenza, articolando un motivo;
2.2. la società ricorrente, in particolare, lamentando l’inesistenza di un rapporto di continenza tra il processo iniziato con il ricorso per cassazione n. 14474/2021 ed il processo pendente innanzi al tribunale di Vicenza n. RG 5318/2018, ha dedotto che, nel caso in esame, a fronte dell’identità dei soggetti (e cioè la Asfo s.p.a. e la Nordisk), della causa petendi (e cioè il rapporto di agenzia stipulato tra gli stessi il 12/7/2000 e cessato nell’anno 2005) e del petitum (avendo la Asfo domandato, nell’uno e nell’altro processo, che fosse accertato l’an ed il quantum del credito dalla stessa vantato ai sensi dell’art. 5.4 del contratto di agenzia), sussistevano tutti i presupposti della litispendenza che, invece, l’ordinanza impugnata ha illegittimamente escluso: il thema decidendum del giudizio pendente innanzi a questa Corte, infatti, al pari di quello del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo pendente innanzi al tribunale di Vicenza, è l’esistenza o meno del credito vantato dalla Asfo per Euro 861.141,98 o, in subordine, per Euro 344.456,67 in forza dell’art. 5.4. del contratto di agenzia, per cui, ha osservato la ricorrente, non è ipotizzabile l’esistenza di un rapporto di continenza tra i due giudizi, trattandosi, piuttosto, di litispendenza; e poiché ogni questione inerente il rapporto di agenzia internazionale intercorso tra le parti avrebbe dovuto essere trattata nel giudizio di primo grado e nella successiva fase d’appello, era precluso ad Asfo instaurare il procedimento monitorio per (asserite) pretese creditorie aventi quello stesso titolo contrattuale, e ciò alla stregua del principio, affermato da questa Corte, secondo cui il giudicato, coprendo il dedotto e il deducibile, si estende a “tutte le questioni che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici essenziali e necessari della pronuncia (giudicato implicito), quindi anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione”, che presentino, come nella specie, siffatti caratteri;
2.3. d’altra parte, ha aggiunto la ricorrente, non vale ad escludere la situazione di litispendenza il fatto che uno dei due giudizi ha per oggetto più domande, una solo delle quali sia identica a quella avanzata nell’altro procedimento, ben potendo la litispendenza essere dichiarata in relazione ad una soltanto delle domande proposte;
2.4. in definitiva, ha concluso la ricorrente, poiché è indubbio che i soggetti sono gli stessi, che la causa petendi dei due processi è identica e che il petitum formulato dalla Asfo è identico o, quanto meno, contenuto nella domanda proposta in via monitoria, è evidente che, nel caso in questione, ricorre una situazione di litispendenza, per cui l’ordinanza di sospensione disposta ai sensi dell’art. 295 c.p.c. è errata “in quanto non sussiste alcuna continenza e quindi nessuna possibilità di considerare pregiudiziali le questioni sottoposte alla decisione” di questa Corte con il ricorso n. 14474 del 2021;
2.5. la Asfo s.p.a., con memoria, ha resistito all’impugnazione proposta deducendo, tra l’altro, l’inammissibilità del ricorso, per mancanza di una valida procura difensiva, e la sua infondatezza nel merito, non avendo mai proposto nel giudizio d’appello, la cui sentenza è oggetto del ricorso per cassazione, domanda riconvenzionale per la somma di Euro 861.263,98 ma solo svolto, in subordine, eccezione riconvenzionale di compensazione per Euro 344.456,67 con riserva di agire per la restante maggior somma, per cui è differente il petitum, laddove è vero che il thema decidendum dei due giudizi è identico a fronte della richiesta di corresponsione di quanto indebitamente incassato da Nordisk nel corso del rapporto e indebitamente trattenuto dalla stessa, con la conseguente necessità di evitare due giudicati contrastanti;
2.6. le parti hanno depositato memorie illustrative.
RITENUTO
che:
3.1. l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per difetto di una valida procura difensiva non è fondata: l’art. 47 c.p.c., comma 1, e’, infatti, una norma speciale, che prevale sull’art. 83 c.p.c., comma 4, in base al quale la procura speciale deve presumersi conferita per un solo grado di giudizio, per cui il difensore della parte, munito di procura per il giudizio di merito, e’, come tale, legittimato a proporre istanza di regolamento di competenza ove ciò non sia espressamente e inequivocabilmente escluso dal mandato alle liti (Cass. n. 10439 del 2020; Cass. n. 28701 del 2013; Cass. n. 4345 del 2012; Cass. n. 18194 del 2004; in precedenza, Cass. n. 3538 del 1995); ciò comporta che, quand’anche fossero fondate le censure svolte dalla resistente circa la validità della procura conferita all’avv. Babino per la proposizione del regolamento di competenza in esame, il relativo ricorso nondimeno risulterebbe legittimamente proposto in forza della procura difensiva, che non risulta revocata, già conferita all’avv. Giovanni Babino in data 13/7/2018 per il giudizio di merito (di opposizione a decreto ingiuntivo), la quale, in effetti, non esclude in alcun modo che lo stesso sia legittimato alla proposizione del regolamento di competenza; del resto, se la nomina, nel corso del giudizio, di un secondo procuratore non autorizza, di per sé sola, in difetto di univoche espressioni contrarie, a presumere che la stessa sia fatta in sostituzione del primo, dovendosi, invece, presumere che ne sia stato aggiunto a questi un altro e che ognuno di essi sia munito di pieni poteri di rappresentanza processuale della parte (Cass. n. 8525 del 2017), deve a maggior ragione escludersi che il mero conferimento allo stesso difensore di una procura per la proposizione di un regolamento di competenza comporti, in difetto di emergenze che possano inequivocamente deporre in senso contrario, la revoca tacita di quella già conferita per il giudizio di merito;
3.2. il regolamento proposto e’, nel merito, infondato;
3.3.1. rileva, in effetti, la Corte che due cause pendenti tra le stesse parti e con identità di causa petendi e di petitum sono in rapporto di litispendenza e non di continenza anche nel caso in cui una di esse abbia ad oggetto più domande, una sola delle quali identica a quella avanzata nell’altro procedimento, ben potendo in tale ipotesi la litispendenza essere dichiarata con riferimento ad una soltanto delle domande proposte (Cass. n. 16454 del 2015; Cass. n. 27783 del 2005);
3.3.2. sussiste, tuttavia, una relazione di continenza e non di litispendenza quando, come nel caso in esame, le due cause, pendenti contemporaneamente tra gli stessi soggetti davanti a giudici diversi, abbiano ad oggetto domande, interdipendenti o contrapposte, relative ad un unico rapporto negoziale (Cass. SU n. 10011 del 2001; Cass. n. 2109 del 2000; Cass. n. 6159 del 2005; Cass. n. 14078 del 2005; di recente, Cass. n. 10439 del 2020, in motiv.) nonché, e più in generale, quando le questioni dedotte con la domanda anteriormente proposta costituiscano il necessario presupposto (alla stregua della sussistenza di un nesso di pregiudizialità logico-giuridica) per la definizione del giudizio successivo, come nell’ipotesi in cui le contrapposte domande abbiano ad oggetto il riconoscimento e la tutela di diritti derivanti dallo stesso rapporto e il loro esito dipenda dalla soluzione di una o più questioni comuni (Cass. SU n. 20596 del 2005; Cass. n. 19460 del 2017);
3.3.3. questa Corte, del resto, ha già avuto modo di affermare che sussiste la continenza nel caso in cui il debitore, convenuto in giudizio per il pagamento di un debito, abbia eccepito la compensazione con il suo credito, nascente dallo stesso rapporto, da lui fatto valere in altro giudizio (cfr. Cass. n. 12995 del 2002, la quale ha ritenuto la ricorrenza di un rapporto di continenza tra il giudizio promosso dalla committente per il pagamento delle penali da ritardo nella consegna delle opere appaltate e quello intrapreso dall’appaltatrice per il pagamento del saldo delle opere, entrambi evoluti in opposizione alle ingiunzioni, in ciascuna delle quali l’intimato aveva eccepito e fatto valere in riconvenzionale il relativo controcredito);
3.4. non trova, dunque, applicazione, con riguardo a tale ultima evenienza, il principio, affermato in materia di litispendenza, secondo il quale, ove la stessa causa venga proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito è tenuto, a norma dell’art. 39 c.p.c., comma 1, a dichiarare la litispendenza anche se la controversia iniziata in precedenza sia stata già decisa in primo grado e penda ormai davanti al giudice dell’impugnazione, senza che sia possibile la sospensione del processo instaurato per secondo a ciò ostando l’identità delle domande formulate nei due diversi giudizi (Cass. SU n. 27846 del 2013; Cass. n. 19056 del 2017; Cass. n. 15981 del 2018);
3.5. in una situazione di continenza di cause, piuttosto, ove una di esse sia pendente in appello e l’altra in primo grado, non può realizzarsi, per il diverso grado in cui risultano trovarsi, la rimessione della seconda controversia al giudice dell’impugnazione della decisione sulla prima, come avrebbe imposto l’art. 39 c.p.c., comma 2, per cui l’esigenza di coordinamento sottesa alla disciplina della continenza dev’essere, in tal caso, assicurata mediante la sospensione, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., del processo che avrebbe dovuto subire l’attrazione all’altro, se avesse potuto operare detta disciplina, in attesa della definizione con sentenza passata in giudicato del giudizio che avrebbe esercitato tale attrazione (Cass. n. 10439 del 2020; Cass. n. 5455 del 2014; Cass. n. 26835 del 2017);
3.6. si tratta di una soluzione che vale anche se la causa che si trova in rapporto di continenza con l’altra, pendente davanti ad altro giudice preventivamente adito in sede di cognizione ordinaria, sia costituita, come nel caso in esame, da un’opposizione al decreto ingiuntivo: è vero che, in linea di principio, il giudice dell’opposizione, in tale ipotesi, deve dichiarare la competenza del giudice preventivamente adito e disporre il trasferimento innanzi a questo (non della causa di opposizione al decreto ma) della causa ordinaria di pagamento (Cass. n. 854 del 2003; Cass. n. 15532 del 2011; Cass. SU n. 10011 del 2001; Cass. n. 26076 del 2005); è anche vero, però, che ciò vale solo a condizione che non ricorrano i presupposti per la sospensione del giudizio d’opposizione a norma dell’art. 295 c.p.c. (cfr. Cass. n. 3745 del 1996), come, appunto, nel caso, come quello in esame, in cui il giudizio preventivamente introdotto in sede ordinaria penda in fase d’impugnazione e non sia, dunque, possibile, per quanto in precedenza esposto, la traslatio della domanda proposta in via monitoria innanzi a quest’ultimo;
3.7. in definitiva, qualora il decreto ingiuntivo sia stato emesso in una situazione nella quale anteriormente era già pendente una causa, pendente in fase d’impugnazione, legata da nesso di continenza con quella relativa al credito oggetto del decreto opposto, l’inapplicabilità della disciplina dell’art. 39 c.p.c., comma 2 e, più in generale, la natura pregiudiziale della causa anteriormente proposta, comporta che il giudice dell’opposizione disponga, onde evitare il possibile contrasto di giudicati, la sospensione, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., del giudizio pendente innanzi a sé fino alla definizione dell’altro;
4. il ricorso dev’essere, pertanto, rigettato;
5. la peculiarità della situazione induce alla integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio;
6. la ricorrente, in ragione della natura impugnatoria del ricorso per regolamento di competenza, può essere obbligata al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1-quater, introdotto, con riferimento ai procedimenti iniziati in data successiva al 30/1/2013, dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, (Cass. n. 13636 del 2020).
P.Q.M.
La Corte così provvede: rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2, il 16 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022