Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.5406 del 18/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13868-2016 proposto da:

GRUPPO AGROALIMENTARE ITALIANO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE ALEUTINE 136, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI TIBERIO, rappresentata e difesa dall’avvocato AGOSTINO MONGIOJ;

– ricorrenti –

contro

Z.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 372/2015 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 27/11/2015 R.G.N. 162/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/10/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO.

RILEVATO

che la Corte di Appello di Caltanissetta, con sentenza pubblicata il 27.11.2015, accogliendo il gravame interposto da Z.S., nei confronti della S.r.l. Gruppo Agroalimentare Italiano, avverso la pronunzia del Tribunale di Nicosia, resa il 7.12.2011, ha condannato la società, al pagamento, in favore del dipendente, della somma di Euro 4.401,12 a titolo di retribuzione mensile per i mesi di giugno, luglio, agosto 2010, oltre interessi sulla somma di anno in anno rivalutata dal sorgere dei crediti al soddisfo;

che il primo giudice – a fronte dell’opposizione proposta dalla società datrice avverso il decreto ingiuntivo emesso dal predetto Tribunale il 29.9.2010, in favore di Z.S., per la somma ed i titoli anzidetti – aveva revocato il decreto ingiuntivo opposto, rilevando la non idoneità dei prospetti paga prodotti a costituire prova scritta del credito, in quanto “documentazione prodotta in giudizio in ritardo rispetto alla contestazione sollevata dalla società circa la mancanza di idonea prova scritta del credito”;

che i giudici di secondo grado, invece, per quanto ancora di rilievo in questa sede, hanno osservato che “contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, tale produzione documentale (costituita, però, dalle buste paga dei mesi da gennaio a maggio 2010) non può considerarsi tardiva”, poiché, “come è noto, secondo pacifica giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. tra le tante Cass. n. 11817/2011), “il procedimento che si apre con la presentazione del ricorso per decreto ingiuntivo e si chiude con la notifica del decreto stesso non è autonomo rispetto a quello che si apre con l’opposizione di cui all’art. 645 c.p.c.; ne consegue che nel giudizio di opposizione, ove la parte opposta non abbia allegato al fascicolo, nel termine di cui all’art. 184 c.p.c., la documentazione posta a fondamento del ricorso monitorio, tale documentazione può essere utilmente prodotta nel giudizio di appello, non potendosi considerare come nuova””; che, comunque, “le buste paga da gennaio a maggio 2010 poste a fondamento del ricorso monitorio proposto da Z.S. non costituiscono idonea prova scritta, ai sensi dell’art. 633 c.p.c., del diritto ad avere retribuite le mensilità di giugno, luglio ed agosto 2010, in quanto documenti formalmente non relativi al periodo per cui si chiede l’ingiunzione”; ma che, “tuttavia, nel ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo la società datrice di lavoro non ha contestato la prestazione del lavoro subordinato da parte di Z.S. nel periodo oggetto della domanda, essendosi limitata ad affermare che “il credito esposto è non liquido ed incerto nel suo ammontare, in quanto, per espressa ammissione del ricorrente, si fonda su un calcolo di retribuzione media percepita nei mesi antecedenti (gennaio/maggio 2010) e nulla dice sulla quantità ed effettività della prestazione lavorativa””;

che per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la S.r.l. Gruppo Agroalimentare Italiano articolando tre motivi;

che Z.S. è rimasto intimato;

che il P.G. non ha formulato richieste.

CONSIDERATO

che, con il ricorso, si censura: 1) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 416 c.p.c., nonché, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e si lamenta che erroneamente la Corte di merito avrebbe ritenuto la mancata contestazione, da parte della società, della prestazione di lavoro subordinato dello Z., “non potendo esserci dubbio sul fatto che affermare che i prospetti paga sono prova di avere svolto effettivamente il lavoro e di averlo svolto nella quantità necessaria e sufficiente per poter richiedere il corrispettivo relativo significa inequivocabilmente specifica contestazione dell’an e del quantum del diritto alla retribuzione fatto valere in giudizio”; 2) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione degli artt. 2729 e 2697 c.c. “nella parte in cui, con presunzione semplice, ha erroneamente ritenuto documentalmente dimostrata l’effettività del lavoro prestato dalla lettera di licenziamento e dalla mancata offerta di prova contraria da parte della società…. che avrebbe dovuto controdedurre su quali e quanti fossero stati, in ipotesi, i giorni non lavorati; su qualcosa, insomma, incidente sul decorso della prestazione lavorativa e, quindi, sul conseguente obbligo retributivo; 3) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., “nella parte in cui la Corte di Appello ha ritenuto che spettasse alla società provare l’ammontare delle retribuzioni, deducendo i criteri o i dati corretti ad avviso della società medesima, a fronte della deduzione specifica sul punto da parte del lavoratore”, non avendo i giudici di secondo grado considerato che “i prospetti paga sulla base dei valori medi di altre buste paga non possono considerarsi portatori di dati a cui poter eventualmente contrapporre criteri o dati eventualmente più corretti…” ed avendo, così, “violato il principio recepito dall’art. 2697 c.c. che impone alla persona che agisce in giudizio di provare i fatti costitutivi del suo diritto per averne tutela”;

che i motivi – che possono essere trattati congiuntamente per ragioni di connessione – non sono meritevoli di accoglimento, innanzitutto in quanto diretti a censurare la valutazione del materiale probatorio operata dai giudici di merito, poiché il compito di valutare le prove e di controllarne l’attendibilità e la concludenza spetta in via esclusiva al giudice di merito (cfr., ex multis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. nn. 14541/2014; 2056/2011);

che, peraltro, nel caso di specie, i giudici di seconda istanza, attraverso un percorso motivazionale condivisibile sotto il profilo logico-giuridico, sono pervenuti alla decisione oggetto del presente giudizio, dopo aver vagliato le risultanze dell’istruttoria, argomentando correttamente in ordine al procedimento di sussunzione che viene, in questa sede, censurato con doglianze che si risolvono in considerazioni di fatto sfornite di concrete deduzioni probatorie, poiché mancano della focalizzazione del momento di conflitto, rispetto alle critiche sollevate, dell’accertamento operato dai giudici di seconda istanza (cfr., Cass. nn. 24374/2015; 80/2011);

che, invero, questi ultimi, premesso che “l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, in cui il giudice deve accertare il fondamento della pretesa fatta valere con il ricorso per ingiunzione”, hanno osservato che, se, da un lato, è vero che le buste paga prodotte dal lavoratore si riferiscono ai mesi gennaio – maggio 2010 – e, dunque, non costituiscono idonea prova scritta, ai sensi dell’art. 633 del codice di rito, per poter affermare il diritto dello stesso ad ottenere le retribuzioni relative ai mesi di giugno, luglio ed agosto 2010 -, dall’altro lato, la società datrice, nel ricorso in opposizione, ha del tutto omesso di contestare la prestazione di lavoro subordinato da parte di Z.S., essendosi limitata ad affermare che il credito di cui si tratta “non è liquido ed è incerto nel suo ammontare”, perché “si fonda su un calcolo di retribuzione media percepita nei mesi antecedenti (gennaio/maggio 2010)”;

che, del tutto correttamente e condivisibilmente, la Corte di merito ha, altresì, sottolineato che la dimostrazione della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra la società datrice ed il lavoratore, anche nei mesi di giugno, luglio ed agosto 2010, si evince documentalmente dalla lettera di licenziamento che la stessa società ha prodotto, in cui si attesta che “il licenziamento decorre al termine del preavviso di due mensilità dal 30 settembre 2010”; la qual cosa dimostra che Z. ha lavorato sino a tale data, “salvo prova contraria, nella specie non fornita”, in quanto, “a fronte della deduzione specifica del lavoratore ricorrente sull’ammontare delle retribuzioni (calcolate sulla media delle retribuzioni mensili da gennaio a maggio 2010), la società datrice avrebbe dovuto specificamente controdedurre indicando il criterio od i dati a suo avviso corretti”, prendendo posizione, altresì, in ordine alla precisa deduzione del lavoratore, secondo cui nessun compenso gli era stato erogato per il lavoro prestato nei mesi di giugno, luglio ed agosto 2010;

che per tutto quanto in precedenza esposto, non avendo la società ricorrente ottemperato all’obbligo processuale di contestazione specifica, il ricorso va respinto;

che nulla va disposto in ordine alle spese del presente giudizio, poiché Z.S. non ha svolto attività difensiva;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, secondo quanto specificato in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022

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